· Città del Vaticano ·

Il Messaggio del Papa per la Quaresima 2023

Ascesi quaresimale
itinerario sinodale

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17 febbraio 2023

Pubblichiamo il testo del messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2023 sul tema «Ascesi quaresimale, itinerario sinodale», presentato stamane in diretta “streaming” dalla Sala stampa della Santa Sede, attualmente in via dell’Ospedale.

Cari fratelli e sorelle!

I vangeli di Matteo, Marco e Luca sono concordi nel raccontare l’episodio della Trasfigurazione di Gesù. In questo avvenimento vediamo la risposta del Signore all’incomprensione che i suoi discepoli avevano manifestato nei suoi confronti. Poco prima, infatti, c’era stato un vero e proprio scontro tra il Maestro e Simon Pietro, il quale, dopo aver professato la sua fede in Gesù come il Cristo, il Figlio di Dio, aveva respinto il suo annuncio della passione e della croce. Gesù lo aveva rimproverato con forza: «Va’ dietro a me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” (Mt 16, 23). Ed ecco che «sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte» (Mt 17, 1).

Il Vangelo della Trasfigurazione viene proclamato ogni anno nella seconda Domenica di Quaresima. In effetti, in questo tempo liturgico il Signore ci prende con sé e ci conduce in disparte. Anche se i nostri impegni ordinari ci chiedono di rimanere nei luoghi di sempre, vivendo un quotidiano spesso ripetitivo e a volte noioso, in Quaresima siamo invitati a “salire su un alto monte” insieme a Gesù, per vivere con il Popolo santo di Dio una particolare esperienza di ascesi.

L’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla Grazia, per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce. Proprio come ciò di cui aveva bisogno Pietro e gli altri discepoli. Per approfondire la nostra conoscenza del Maestro, per comprendere e accogliere fino in fondo il mistero della salvezza divina, realizzata nel dono totale di sé per amore, bisogna lasciarsi condurre da Lui in disparte e in alto, distaccandosi dalle mediocrità e dalle vanità. Bisogna mettersi in cammino, un cammino in salita, che richiede sforzo, sacrificio e concentrazione, come una escursione in montagna. Questi requisiti sono importanti anche per il cammino sinodale che, come Chiesa, ci siamo impegnati a realizzare. Ci farà bene riflettere su questa relazione che esiste tra l’ascesi quaresimale e l’esperienza sinodale.

Nel “ritiro” sul monte Tabor, Gesù porta con sé tre discepoli, scelti per essere testimoni di un avvenimento unico. Vuole che quella esperienza di grazia non sia solitaria, ma condivisa, come lo è, del resto, tutta la nostra vita di fede. Gesù lo si segue insieme. E insieme, come Chiesa pellegrina nel tempo, si vive l’anno liturgico e, in esso, la Quaresima, camminando con coloro che il Signore ci ha posto accanto come compagni di viaggio. Analogamente all’ascesa di Gesù e dei discepoli al Monte Tabor, possiamo dire che il nostro cammino quaresimale è “sinodale”, perché lo compiamo insieme sulla stessa via, discepoli dell’unico Maestro. Sappiamo, anzi, che Lui stesso è la Via, e dunque, sia nell’itinerario liturgico sia in quello del Sinodo, la Chiesa altro non fa che entrare sempre più profondamente e pienamente nel mistero di Cristo Salvatore.

E arriviamo al momento culminante. Narra il Vangelo che Gesù «fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce» (Mt 17, 2). Ecco la “cima”, la meta del cammino. Al termine della salita, mentre stanno sull’alto monte con Gesù, ai tre discepoli è data la grazia di vederlo nella sua gloria, splendente di luce soprannaturale, che non veniva da fuori, ma si irradiava da Lui stesso. La divina bellezza di questa visione fu incomparabilmente superiore a qualsiasi fatica che i discepoli potessero aver fatto nel salire sul Tabor. Come in ogni impegnativa escursione in montagna: salendo bisogna tenere lo sguardo ben fisso al sentiero; ma il panorama che si spalanca alla fine sorprende e ripaga per la sua meraviglia. Anche il processo sinodale appare spesso arduo e a volte ci potremmo scoraggiare. Ma quello che ci attende al termine è senz’altro qualcosa di meraviglioso e sorprendente, che ci aiuterà a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno.

L’esperienza dei discepoli sul Monte Tabor si arricchisce ulteriormente quando, accanto a Gesù trasfigurato, appaiono Mosè ed Elia, che impersonano rispettivamente la Legge e i Profeti (cfr. Mt 17, 3). La novità del Cristo è compimento dell’antica Alleanza e delle promesse; è inseparabile dalla storia di Dio con il suo popolo e ne rivela il senso profondo. Analogamente, il percorso sinodale è radicato nella tradizione della Chiesa e al tempo stesso aperto verso la novità. La tradizione è fonte di ispirazione per cercare strade nuove, evitando le opposte tentazioni dell’immobilismo e della sperimentazione improvvisata.

Il cammino ascetico quaresimale e, similmente, quello sinodale, hanno entrambi come meta una trasfigurazione, personale ed ecclesiale. Una trasformazione che, in ambedue i casi, trova il suo modello in quella di Gesù e si opera per la grazia del suo mistero pasquale. Affinché tale trasfigurazione si possa realizzare in noi quest’anno, vorrei proporre due “sentieri” da seguire per salire insieme a Gesù e giungere con Lui alla meta.

Il primo fa riferimento all’imperativo che Dio Padre rivolge ai discepoli sul Tabor, mentre contemplano Gesù trasfigurato. La voce dalla nube dice: «Ascoltatelo» (Mt 17, 5). Dunque la prima indicazione è molto chiara: ascoltare Gesù. La Quaresima è tempo di grazia nella misura in cui ci mettiamo in ascolto di Lui che ci parla. E come ci parla? Anzitutto nella Parola di Dio, che la Chiesa ci offre nella Liturgia: non lasciamola cadere nel vuoto; se non possiamo partecipare sempre alla Messa, leggiamo le Letture bibliche giorno per giorno, anche con l’aiuto di internet. Oltre che nelle Scritture, il Signore ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto. Ma vorrei aggiungere anche un altro aspetto, molto importante nel processo sinodale: l’ascolto di Cristo passa anche attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle nella Chiesa, quell’ascolto reciproco che in alcune fasi è l’obiettivo principale ma che comunque rimane sempre indispensabile nel metodo e nello stile di una Chiesa sinodale.

All’udire la voce del Padre, «i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo» (Mt 17, 6-8). Ecco la seconda indicazione per questa Quaresima: non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni. La luce che Gesù mostra ai discepoli è un anticipo della gloria pasquale, e verso quella bisogna andare, seguendo “Lui solo”. La Quaresima è orientata alla Pasqua: il “ritiro” non è fine a sé stesso, ma ci prepara a vivere con fede, speranza e amore la passione e la croce, per giungere alla risurrezione. Anche il percorso sinodale non deve illuderci di essere arrivati quando Dio ci dona la grazia di alcune esperienze forti di comunione. Anche lì il Signore ci ripete: «Alzatevi e non temete». Scendiamo nella pianura, e la grazia sperimentata ci sostenga nell’essere artigiani di sinodalità nella vita ordinaria delle nostre comunità.

Cari fratelli e sorelle, lo Spirito Santo ci animi in questa Quaresima nell’ascesa con Gesù, per fare esperienza del suo splendore divino e così, rafforzati nella fede, proseguire insieme il cammino con Lui, gloria del suo popolo e luce delle genti.

Roma, San Giovanni in Laterano, 25 gennaio,
festa della Conversione di San Paolo

Francesco


In cammino verso il Tabor


Raramente colleghiamo Quaresima e bellezza, ma è ciò che Papa Francesco ci invita a fare nel messaggio che presentiamo oggi. Egli richiama l’attenzione al monte sul quale Gesù offre a tre dei suoi discepoli un momento molto luminoso, che dovrà sostenere il loro cammino.

Qui ci sono due sfide al senso comune.

La prima: che la bellezza proceda dal cambiamento, o meglio dalla fatica di ripensare se stessi. Nel linguaggio biblico: dalla conversione.

Secondo: che la bellezza sia un’esperienza collettiva, intima sì, ma non privata. Nel linguaggio ecclesiale, sia un’esperienza sinodale. Così, quando lavoriamo su noi stessi in Quaresima — sperimentando un’ascesi — desideriamo che la luce aumenti, che la gioia aumenti. Speriamo nella  luce del cambiamento e nella gioia collettiva.

È consuetudine che il messaggio quaresimale del Papa contenga un richiamo alla carità: Francesco esorta i credenti a vivere la preghiera e il digiuno in direzione di un miglioramento del mondo. San Paolo vi diceva: in direzione di uno sviluppo umano integrale. L’immagine evangelica della Trasfigurazione ci aiuta quest’anno a interpretare questo orientamento in modo più radicale.

Siamo angosciati da eventi drammatici. La situazione che ha fatto seguito alla pandemia è ancora incerta. La guerra in Ucraina non sembra volgere al termine ed è solo una tra decine di altre, forse tra tutte quella che rivela in modo più evidente quanto il mondo intero sia esposto al pericolo della distruzione. Inoltre, il devastante terremoto in Turchia e in Siria ci ricorda le numerose catastrofi naturali di una creazione che sembra gridare, che geme e soffre (cfr. Rm 8). Un’idea primitiva di divinità suggerirebbe di ricorrere a sacrifici e penitenze per placare le forze che ci danneggiano. Non è questa la Quaresima dei cristiani, che piuttosto confessano Cristo come luce del mondo e a lui si orientano.

Alla fine del secolo scorso, il cardinale Carlo Maria Martini scelse il brano della Trasfigurazione per rispondere alla domanda di Dostoevskij: «Quale bellezza salverà il mondo?». E osservava: «Nei discepoli che salgono al monte, portando nel loro cuore tutte le inquietudini e le pesantezze che agitano la loro storia personale e collettiva, è possibile leggere le domande che sono in noi sul senso del tempo, la richiesta di significato che viene dalle angosce prodotte dalla violenza e da tutte le tragedie».

Nel messaggio di quest’anno, Francesco si approssima a queste considerazioni, ricorrendo a quella che Sant’Ignazio chiamava la «composizione di luogo», cioè l’esercizio dell’immaginazione che ci fa identificare con la situazione descritta. Scrive il Papa: «Come in ogni impegnativa escursione in montagna: salendo bisogna tenere lo sguardo ben fisso al sentiero; ma il panorama che si spalanca alla fine sorprende e ripaga per la sua meraviglia». Così, sentiamo la sorpresa della Trasfigurazione: «La divina bellezza di questa visione fu incomparabilmente superiore a qualsiasi fatica che i discepoli potessero aver fatto nel salire sul Tabor».

Certo, questo ci porta a pensare alle fatiche di tutti coloro che soffrono e vivono la loro vita come una salita troppo aspra. E potremmo chiederci se non sia la nostra indifferenza a rendere più duro il loro cammino. La Chiesa vuole aiutare a rimuovere gli ostacoli e i pesi che impediscono lo sviluppo umano, la vita in abbondanza.

Un altro tema di quest’anno, a cui Papa Francesco fa esplicito riferimento, è la fatica di essere Chiesa sinodale. O meglio, la fatica di diventarlo: è come una lunga salita. Scrive il Papa: «Anche il processo sinodale appare spesso arduo e a volte ci potremmo scoraggiare. Ma quello che ci attende al termine è senz’altro qualcosa di meraviglioso e sorprendente, che ci aiuterà a comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno».

Dobbiamo quindi comprendere che il cambiamento di mentalità — la conversione — e la natura comunitaria della vita umana sono fatiche benedette, da cui dipende «qualcosa di meraviglioso e sorprendente» per questo mondo a pezzi. Se vogliamo una Quaresima di carità, se crediamo che preghiera e digiuno abbiano effetti reali sul mondo, dobbiamo allargare l’idea di elemosina a qualcosa di più grande, cioè all’idea biblica di restituzione. Come il cammino sinodale rende presente la Parola di Dio tra tutti i battezzati e all’interno delle Chiese locali, così il Vangelo vissuto restituisce gioia e speranza a tutta l’umanità. Gioia e speranza, Gaudium et spes: è il movimento del concilio Vaticano ii, un cammino in salita che Francesco ci esorta a non abbandonare. Il cammino è la missione. E la missione è la carità, che mette in discussione un’organizzazione del mondo e della Chiesa che può sembrare immodificabile, ma è mutevole, perché è frutto di decisioni, di libertà.

Conversione, gioia, speranza. Il Dicastero per la promozione dello sviluppo umano integrale, a partire da oggi, rilancerà di settimana in settimana i contenuti di questo messaggio. Desideriamo offrire alle Chiese di tutto il mondo il nostro aiuto, diversificato e molto concreto, per abbracciare la proposta quaresimale di Papa Francesco e vivere ciascuno la propria Trasfigurazione. 

di Michael Czerny


«Con Lui sul monte»


L’iniziativa del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale annunciata dal cardinale prefetto Czerny intende approfondire, settimana dopo settimana, i contenuti del messaggio del Papa, per offrire alle Chiese di tutto il mondo, in modo pratico, un aiuto a vivere la propria Trasfigurazione. Seguendo l’ispirazione allegorica dell’ascesi quaresimale come un’escursione in montagna, viene proposto di compiere un percorso di riflessione che, tappa dopo tappa, accompagni fino alla cima del monte e aiuti a «comprendere meglio la volontà di Dio e la nostra missione al servizio del suo Regno».

A partire dal Mercoledì delle Ceneri, ogni settimana sul sito web e sui social del Dicastero verrà presentata una nuova tappa del percorso  di accompagnamento per tutto il cammino quaresimale, fino alla Pasqua. Ciascuna delle sette tappe associa momenti salienti dell’escursionismo di montagna a passaggi testuali del messaggio, proponendo, quindi, spunti di riflessione, individuale ma anche di gruppo, per un cammino di ascesi quaresimale, che possa essere anche solidale.

Queste le varie tappe: 1. la decisione. Ritagliarsi del tempo; 2. la preparazione. Selezionare l’indispensabile; 3. l’incontro con gli altri e la partenza; 4. l’inizio della salita, sguardo ben fisso al sentiero; 5.  procedere in gruppo, ognuno con il proprio ritmo; 6. sapersi aiutare nelle difficoltà; 7. l’arrivo in vetta, lo stupore del panorama.


In ascolto della voce di chi soffre e ha bisogno di aiuto


La solidarietà e la vicinanza con i bisognosi e i sofferenti non sono estranei alla Quaresima. E in questi ultimi giorni «i volti e le voci che gridano aiuto e  reclamano il nostro più attento ascolto sono quelle che emergono dalle rovine del devastante sisma che ha colpito la Turchia e la Siria». Lo ha sottolineato Sandra Sarti, presidente di Aiuto alla Chiesa che soffre - Italia, presentando questa mattina nella Sala stampa della Santa Sede — attualmente in via dell’Ospedale — il messaggio del Papa per la Quaresima. 

Durante l’incontro, introdotto da un intervento del cardinale prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale (ne pubblichiamo integralmente il testo in questa pagina),  Sarti ha ricordato che l’impegno della fondazione pontificia, dal 1947 al fianco dei cristiani perseguitati, si coniuga con l’indicazione del Papa a percorrere due sentieri per salire sul monte insieme a Gesù. Il primo, ha detto, è quello indicato dalla voce di Dio che irrompe dalla nube e invita ad ascoltare il Figlio, anche quando parla della Croce perché «la sofferenza non può non far parte della vita di ogni uomo». Il secondo è il sentiero della carità, che l’organizzazione percorre sin dalla sua nascita come obiettivo primario, soccorrendo i fratelli nella fede che sono nella sofferenza.

Per la fondazione, ha osservato Sarti, «i volti e le storie di coloro che hanno bisogno» di sostegno sono anche quelli dei circa 416 milioni di cristiani che vivono nelle 26 nazioni del mondo in cui ancora è attivo il fenomeno della persecuzione. E sono anche le voci dei 5,2 miliardi di persone che in ben tre quarti del pianeta «vivono la negazione del fondamentale diritto alla libertà religiosa e subiscono le conseguenze della sua violazione». Privare qualsiasi fedele «della possibilità di manifestare il proprio credo e della possibilità di esercitare il proprio culto, vuol dire esercitare una violenza sulla sua anima e violare uno dei diritti umani fondamentali», ha commentato.

«Il bisogno d’aiuto dei fratelli nella fede, la sofferenza a cui sono sottoposti solo perché cristiani, esiste e condiziona dolorosamente le loro vite» ha sottolineato la presidente. Molti di loro «rischiano la vita per partecipare ad una messa, altri non possono parteciparvi affatto». Papa Francesco non «ha mai mancato di denunciare ripetutamente questo dramma». Per questo motivo Aiuto alla Chiesa che soffre realizza, «grazie alla raccolta fondi, circa 5.000 progetti annui in quasi 140 nazioni e impiega risorse per denunciare l’indifferenza che circonda il dramma della violazione della libertà religiosa».

Precedentemente, don Walter Magnoni, responsabile della comunità pastorale Madonna di Lourdes in Lecco e docente di etica sociale nella prima facoltà di Economia dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, aveva messo in evidenza il collegamento tra itinerario quaresimale e sinodalità che Papa Francesco propone nel messaggio, affermando che si tratta di «un camminare insieme come discepoli dell’unico Maestro».  Raccontando in particolare la propria esperienza di parroco di tre comunità nella città lombarda, ha illustrato l’iniziativa della “Domenica in montagna” presentata come una proposta di sinodalità. Una volta al mese, dopo la messa domenicale, i fedeli insieme con lui si mettono in cammino verso i monti: raggiunta la meta, piccoli e grandi condividono il pasto; quindi, prima di rientrare, viene letto il discorso della Montagna del Vangelo di Matteo e «ogni volta qualcuno racconta perché ama una delle beatitudini narrate da Gesù. Mi rendo conto — ha confidato — che è qualcosa di molto semplice, ma vedo come le persone che partecipano sentono che anche questo “camminare insieme” aiuta a costruire passi di comunità».