· Città del Vaticano ·

All’Angelus il pensiero alle popolazioni che soffrono a causa del terremoto e della guerra

«Non dimentichiamo
il dolore di Siria,
Turchia e Ucraina»

 «Non dimentichiamo il dolore di Siria, Turchia e Ucraina»  QUO-036
13 febbraio 2023

Siria, Turchia, Ucraina, Nicaragua: alle popolazioni di questi quattro Paesi il Papa ha rivolto il suo pensiero e la sua preghiera al termine dell’Angelus di domenica 12 febbraio, recitato dalla finestra dello Studio privato del Palazzo apostolico vaticano. Dopo la riflessione iniziale dedicata al passo liturgico del Vangelo di Matteo (5, 17-37), il Pontefice ha invitato i fedeli presenti in piazza San Pietro alla vicinanza spirituale e materiale alle nazioni colpite nei giorni scorsi dal catastrofico sisma, esortando anche a non dimenticare il popolo ucraino martoriato dalla guerra e «tutti quelli che soffrono» a causa della situazione politica e sociale in terra nicaraguense.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo della liturgia odierna Gesù dice: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento» (Mt 5, 17). Dare compimento: questa è una parola-chiave per capire Gesù e il suo messaggio. Ma che cosa significa questo “dare compimento”? Per spiegarla, il Signore comincia a dire che cosa non è compimento. La Scrittura dice di “non uccidere”, ma questo per Gesù non basta se poi si feriscono i fratelli con le parole; la Scrittura dice di “non commettere adulterio”, ma ciò non basta se poi si vive un amore sporcato da doppiezze e falsità; la Scrittura dice di “non giurare il falso”, ma non basta fare un solenne giuramento se poi si agisce con ipocrisia (cfr. Mt 5, 21-37). Così non c’è compimento.

Per darci un esempio concreto, Gesù si concentra sul “rito dell’offerta”. Facendo un’offerta a Dio si ricambiava la gratuità dei suoi doni. Era un rito molto importante — fare un’offerta per ricambiare simbolicamente, diciamo così, la gratuità dei suoi doni —, tanto importante che era vietato interromperlo se non per motivi gravi. Ma Gesù afferma che si deve interromperlo se un fratello ha qualcosa contro di noi, per andare prima a riconciliarsi con lui (cfr. vv. 23-24): solo così il rito è compiuto. Il messaggio è chiaro: Dio ci ama per primo, gratis, facendo il primo passo verso di noi senza che lo meritiamo; e allora noi non possiamo celebrare il suo amore senza fare a nostra volta il primo passo per riconciliarci con chi ci ha ferito. Così c’è compimento agli occhi di Dio, altrimenti l’osservanza esterna, puramente rituale, è inutile, diventa una finzione. In altre parole, Gesù ci fa capire che le norme religiose servono, sono buone, ma sono solo l’inizio: per dare loro compimento è necessario andare oltre la lettera e viverne il senso. I comandamenti che Dio ci ha donato non vanno rinchiusi nelle casseforti asfittiche dell’osservanza formale, se no rimaniamo in una religiosità esteriore e distaccata, servi di un “dio padrone” piuttosto che figli di Dio Padre. Gesù vuole questo: non avere l’idea di servire un Dio padrone, ma il Padre; e per questo è necessario andare oltre la lettera.

Fratelli e sorelle, questo problema non c’era solo ai tempi di Gesù, c’è anche oggi. A volte, per esempio, si sente dire: “Padre, io non ho ucciso, non ho rubato, non ho fatto male a nessuno...”, come dire: “Sono a posto”. Ecco l’osservanza formale, che si accontenta del minimo indispensabile, mentre Gesù ci invita al massimo possibile. Cioè Dio non ragiona per calcoli e tabelle; Lui ci ama come un innamorato: non al minimo, ma al massimo! Non ci dice: “Ti amo fino a un certo punto”. No, l’amore vero non è mai fino a un certo punto e non si sente mai a posto; l’amore va sempre oltre, non può farne a meno. Il Signore ce lo ha mostrato donandoci la vita sulla croce e perdonando i suoi uccisori (cfr. Lc 23, 34). E ci ha affidato il comandamento a cui più tiene: che ci amiamo gli uni gli altri come Lui ci ha amati (cfr. Gv 15, 12). Questo è l’amore che dà compimento alla Legge, alla fede, alla vera vita!

Allora, fratelli e sorelle, possiamo chiederci: come vivo io la fede? È una questione di calcoli, di formalismi, oppure una storia d’amore con Dio? Mi accontento soltanto di non fare del male, di tenere a posto “la facciata”, o cerco di crescere nell’amore a Dio e agli altri? E ogni tanto mi verifico sul grande comando di Gesù, mi chiedo se amo il prossimo come Lui ama me? Perché magari siamo inflessibili nel giudicare gli altri e ci scordiamo di essere misericordiosi, com’è Dio con noi.

Maria, che ha osservato perfettamente la Parola di Dio, ci aiuti a dare compimento alla nostra fede e alla nostra carità.

Al termine della preghiera mariana, dopo gli appelli per le popolazioni siriana, turca, ucraina e nicaraguense, il Pontefice ha salutato alcuni dei gruppi di pellegrini presenti in piazza San Pietro.

Cari fratelli e sorelle!

Continuiamo a stare vicini, con la preghiera e con il sostegno concreto, alle popolazioni terremotate in Siria e Turchia. Stavo vedendo nel programma “A Sua Immagine”, le immagini di questa catastrofe, il dolore di questi popoli che soffrono per il terremoto. Preghiamo per loro, non dimentichiamolo, preghiamo e pensiamo cosa possiamo fare per loro. E non dimentichiamo la martoriata Ucraina: che il Signore apra vie di pace e dia ai responsabili il coraggio di percorrerle.

Le notizie che giungono dal Nicaragua mi hanno addolorato non poco e non posso qui non ricordare con preoccupazione il Vescovo di Matagalpa, Mons. Rolando Álvarez, a cui voglio tanto bene, condannato a 26 anni di carcere, e anche le persone che sono state deportate negli Stati Uniti. Prego per loro e per tutti quelli che soffrono in quella cara Nazione, e chiedo la vostra preghiera. Domandiamo inoltre al Signore, per l’intercessione dell’Immacolata Vergine Maria, di aprire i cuori dei responsabili politici e di tutti i cittadini alla sincera ricerca della pace, che nasce dalla verità, dalla giustizia, dalla libertà e dall’amore e si raggiunge attraverso l’esercizio paziente del dialogo. Preghiamo insieme la Madonna. [Ave Maria]

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, romani e pellegrini italiani e di altri Paesi. Saluto i gruppi provenienti dalla Polonia, dalla Repubblica Ceca e dal Perú. Saluto i cittadini congolesi che sono qui presenti. È bello il vostro Paese, è bello! Pregate per il Paese! Saluto gli studenti di Badajoz (Spagna) e quelli dell’Istituto Gregoriano di Lisbona.

Saluto i giovani di Amendolara - Cosenza e il gruppo avis di Villa Estense - Padova.

E auguro a tutti voi una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!