· Città del Vaticano ·

A sessant’anni dalla morte di Sylvia Plath

In fuga dalle «facce uguali»

 In fuga  dalle «facce uguali»  QUO-034
10 febbraio 2023
Trasfigurare sé stessa fino alla fine; far sì che la parola, la poesia, si faccia depositaria di un percorso metamorfico continuo per poi portarlo, questo percorso, alle sue estreme conseguenze. Sylvia Plath, poetessa americana morta suicida l’11 febbraio del 1963, ha racchiuso tutto nella sua scrittura – davvero tutto. Che pure non è stata la sua opera di sola poesia, anche se è lì che il suo mondo trova una propria catalisi; ma anzi opera di lettere, di infinite pagine di diario, di piccoli racconti scritti di gioventù fino al concreto conseguimento della forma lunga del romanzo con La Campana di Vetro, pubblicato sotto lo pseudonimo di Victoria Lucas nel 1961 (la materia era troppo personale per pubblicarlo col suo vero nome). In ognuna di queste esperienze Plath ha trasfigurato sé ...

Questo contenuto è riservato agli abbonati

paywall-offer
Cara Lettrice, caro Lettore,
la lettura de L'Osservatore Romano in tutte le sue edizioni è riservata agli Abbonati