· Città del Vaticano ·

Le testimonianze

«Noi non abbiamo la pace»

 «Noi non abbiamo la pace»  QUO-027
02 febbraio 2023

Un giovane e un catechista — David e Olivier — hanno presentato a Papa Francesco — durante l’incontro nello stadio a Kinshasa, nella mattina di giovedì 2 febbraio — la realtà concreta delle nuove generazioni e dell’insegnamento della verità della fede. I due interventi sono stati preceduti dal “benvenuto” del vescovo Timothée Bodika, presidente della Commissione dell’apostolato dei laici nell’ambito della Conferenza episcopale.

Per primo ha preso la parola David Bode Nguamba che è andato dritto al punto: «Noi giovani non abbiamo la pace. È da diversi anni che l’Est della Repubblica Democratica del Congo è in guerra, con gravi conseguenze sulla nostra formazione e la nostra educazione alla vita e alla fede. Molti tra noi sono reclutati con la forza nei gruppi armati».

«Nel Paese molti giovani vivono nell’indifferenza e nell’egoismo, fanno calcoli e programmi per i loro interessi» ha affermato David. «Non sono meno numerosi quelli che credono ancora alla stregoneria e ricorrono al feticismo nei momenti di difficoltà e di prova. Molte persone sono vittime dell’odio e della divisione, anche tribale. Il sistema della dote rischia talvolta di diventare una sorta di compravendita della donna, per guadagno economico della sua famiglia d’origine. Le giovani donne sono culturalmente discriminate, anche se, sovente, sono loro che portano il peso della famiglia. Infine, ci sono anche giovani vittime della droga».

«Noi vogliamo essere giovani connessi ai valori umani e cristiani, ma i social ci disorientano» ha proseguito. Chiedendo al Papa «di portare al mondo la preoccupazione dei giovani per una buona informazione».

«Noi desideriamo costruire un mondo migliore ma la crisi sociale, politica ed economica ci destabilizza» ha rilanciato David. «Noi vogliamo lavorare ma la disoccupazione ci invade». I potenti, ha detto, dovrebbero occuparsi veramente dei giovani. «Noi vogliamo costruire la nostra Chiesa e la nostra società congolese nella giustizia e nella riconciliazione — ha aggiunto — ma siamo tentati di ricercare solamente il nostro interesse personale, a scapito degli altri».

«Noi crediamo in Dio» ha affermato ancora il giovane, ma «lo spirito del mondo ci uccide. Noi cerchiamo di impegnarci sulla via della famiglia e del matrimonio, della vita sacerdotale e religiosa. Ma è difficile, anche se sappiamo che non è impossibile». E a Francesco ha chiesto un incoraggiamento «prima di tutto per difendere i valori della famiglia». In conclusione, «contiamo sulle sue preghiere e sui suoi orientamenti — ha detto David al Papa — affinché diventiamo giovani forti, dinamici, buoni cristiani e cittadini onesti».

Ha preso poi la parola Olivier Buluza Onkon: «Noi catechisti della Repubblica Democratica del Congo siamo contenti di esprimere oggi la nostra gratitudine per l’attenzione dimostrata nei nostri confronti, in occasione di questa visita».

«La catechesi è stata sempre considerata dalla Chiesa come uno dei suoi compiti prioritari» ha proseguito. E «la nostra gioia è ancora più grande per la pubblicazione della Lettera apostolica Antiquum Ministerium, che istituisce il ministero di catechista».

«In Africa, e quindi anche nel nostro Paese, la vita della fede si trasmette o si blocca, in gran parte, a seconda della testimonianza, dello zelo e della preparazione dei catechisti» ha fatto presente Olivier. «Nel nostro contesto di oggi, l’attività catechistica fa fronte a diverse sfide, tra cui il peso della cultura, l’invadenza delle reti sociali, l’insufficienza di personale formato, l’esodo dei giovani e degli adulti verso il sensazionale e la vita facile, la congiuntura socio-economica difficile, la crescita potente delle nuove comunità religiose e di religioni che predicano l’odio».

«Di fronte a tutte queste sfide, facciamo il nostro lavoro con fervore, coraggio e sacrificio» ha affermato. In particolare, «in certe aree isolate, siamo noi a portare la responsabilità quotidiana delle comunità di fede. Mediante i sacramenti dell’iniziazione cristiana, spendiamo la nostra vita perché la Chiesa abbia nuovi figli capaci di vivere pienamente la fede cattolica».

Con questa consapevolezza, ha fatto notare, «i vescovi organizzano ogni anno una catechesi pubblica, durante la quale esortano e incoraggiano i catechisti a tenersi fedeli nell’esercizio del loro compito». Olivier ha poi assicurato al Papa l’attenzione a «camminare insieme in una Chiesa sinodale» perché la catechesi è un servizio che riguarda e coinvolge tutti.

E «ci auguriamo — ha concluso — che i catechisti siano sempre più consapevoli della loro responsabilità nell’annuncio della speranza e s’impegnino ad accompagnare questo annuncio con la testimonianza di una vita sempre più fedele».