· Città del Vaticano ·

Il vescovo di Luiza racconta la trepida attesa in Repubblica Democratica del Congo

Pellegrinaggio di pace

 Pellegrinaggio di pace  QUO-022
27 gennaio 2023

Kinshasa è tappezzata da centinaia di manifesti di benvenuto. Nella capitale della Repubblica Democratica del Congo sono stati affissi già da diversi giorni per preparare l’accoglienza di Papa Francesco che giungerà in questa nazione povera e dolorante dell’Africa centrale nel pomeriggio del 31 gennaio. Già da diversi giorni a Kinshasa hanno cominciato ad arrivare fedeli, sacerdoti e religiose, giovani e famiglie, provenienti da ogni angolo del Paese. C’è addirittura chi ha dovuto racimolare in modo avventuroso i soldi per il viaggio, chi alternare passaggi di fortuna in automobile a lunghe camminate a piedi.

«Tutto è pronto, Chiesa e governo aspettano il Santo Padre con molta gioia, non vediamo l’ora che arrivi qui da noi» dice, con una punta di commozione, monsignor Félicien Mwanama Galumbulula, vescovo di Luiza, diocesi che si estende su oltre 33.000 chilometri quadrati e, fino a qualche anno fa, contava oltre 1.800.000 battezzati. La preparazione alla visita del Papa non è stata solo materiale. Il presule racconta che «la Conferenza episcopale locale ha inviato un messaggio chiedendo a tutti di pregare per il viaggio del Papa. Al termine di ogni celebrazione eucaristica recitiamo una preghiera per chiedere al Signore che questa visita contribuisca alla riconciliazione in Cristo di tutta la popolazione». Le diocesi e le parrocchie hanno anche colto l’occasione per spiegare ai cittadini il senso profondo del ministero svolto dal Santo Padre e l’importanza della visita apostolica. Il vescovo di Luiza è consapevole che il viaggio di Papa Francesco sarà anche un pellegrinaggio di pace. E la Repubblica Democratica del Congo, scossa ormai da decenni di violenze e morte, aspetta con trepidazione e ottimismo le parole che il Pontefice pronuncerà in quella terra insanguinata e guarda con speranza all’incontro che lui avrà con le vittime dell’est del Paese, nel pomeriggio del 1° febbraio.

«Quello che ci preoccupa molto in questi giorni è la situazione nella parte orientale, alle frontiere con il Rwanda, con l’Uganda e con il Burundi» ammette preoccupato Mwanama Galumbulula. In quelle zone, molto contese a colpi di bombe e attentati, ci sono enormi giacimenti di coltan, utilizzato per la produzione delle più raffinate apparecchiature elettroniche e informatiche. «E lì, ogni giorno, ci sono dei morti», conferma il vescovo, aggiungendo un particolare che fa riflettere: «Il Santo Padre, nel viaggio previsto nel nostro Paese per luglio dello scorso anno e poi rimandato, avrebbe dovuto fare tappa a Goma, capoluogo del Nord Kivu. Ora questa tappa è stata cancellata dalla visita attuale perché, proprio in quella città, operano dei ribelli che seminano morte e gruppi che sfruttano il coltan e lasciano distruzione».

Nonostante tutto, la Chiesa non smette di sperimentare ogni espediente possibile per la pacificazione nazionale. Le strade che percorre per raggiungere l’obiettivo, secondo monsignor Mwanama Galumbulula, sono due: ad intra e ad extra. «Per quanto riguarda quella ad intra — spiega — voglio ricordare l’impegno per la riconciliazione. Noi abbiamo notato che le guerre che si sviluppano nella parte orientale della nazione hanno come obiettivo lo sfruttamento del coltan e di altre miniere. Allora diciamo ai congolesi che queste ricchezze possono essere sfruttate, ma per lo sviluppo di tutti, senza tensioni, in modo giusto». Per quella ad extra, invece, il vescovo sottolinea che la Chiesa si è più volte pronunciata per far capire alle multinazionali che «lo sfruttamento equo può avvenire tramite convenzioni, accordi che rispettino la giustizia. Senza morti». C’è un’aspettativa luminosa in fondo al cuore. La riassume così: «Speriamo che la visita del Papa possa attirare l’attenzione del mondo intero sulla Repubblica Democratica del Congo affinché si possa mettere fine alla nostra sofferenza. D’altronde il motto di tutto il viaggio è Riconciliati in Gesù Cristo. E noi questa riconciliazione la desideriamo ardentemente». (federico piana)