Il popolo ebraico ricorda la Shoah molte volte durante l’anno. Ogni occasione offre l’opportunità di riflettere su un particolare aspetto di quell’indicibile tragedia. Pertanto, nella Yom HaShoah, che ricorre pochi giorni dopo la festa di Pesach, viene esaltato l’eroismo di quanti hanno combattuto contro i loro oppressori nazisti. La data è vicina a quella dell’inizio della rivolta del ghetto di Varsavia, la vigilia di Pesach del 1943. Asarah BeTevet, che cade a dicembre o a gennaio, è il giorno di digiuno istituito 2610 anni fa per ricordare l’inizio dell’assedio di Gerusalemme, che terminò con la distruzione della città e del suo tempio da parte dell’esercito babilonese guidato da Nabucodonosor. Molti ebrei, oggi, considerano la Shoah come la distruzione di un terzo Tempio, spirituale, di Gerusalemme, un tempio costituito dai sei milioni di ebrei sterminati dal genocidio nazista. Gli ebrei che non conoscono la data dell’assassinio dei loro cari recitano in questo giorno il Kaddish del lutto, una preghiera di lode a Dio nonostante la perdita.
La Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocausto ricorre oggi, 27 gennaio, giorno della liberazione di Auschwitz. Esorta l’intera umanità a riflettere sull’orrore della costruzione di fabbriche di morte, il cui unico scopo era di trasformare in modo rapido ed efficace esseri umani in cenere. La Shoah non è meramente un fatto del passato, né è solo un altro capitolo nel libro della storia umana. Per molti rimane una ferita aperta che li ha tormentati per tutta la vita. La tristezza infinita dei sopravvissuti e di quanti hanno perso i propri cari ha lasciato un segno indelebile su di loro e sulle generazioni successive. Come ha detto benissimo Elie Wiesel, «è vero che non tutte le vittime [della Shoah] furono ebrei. Ma tutti gli ebrei furono vittime».
La Shoah può essere vista come la più recente e terribile di tante campagne per estirpare il popolo ebraico e la tradizione ebraica. Ma in questo giorno, con in mente quell’orribile ricordo, noi ebrei ci uniamo, anno dopo anno, a tutte quelle persone che cercano il bene e che continuano a gridare: mai più! Per molte persone riflessive nel mondo, la Shoah suscita domande scomode. Come hanno potuto le persone degradare la loro umanità a un tale livello di malvagità e miseria? Come si può evitare il ripetersi di questa disumanizzazione sia dei carnefici sia delle vittime? Una volta terminata la seconda guerra mondiale, quando l’umanità si risvegliò dall’orrendo incubo che aveva vissuto e si rese conto del terribile destino che il nazismo aveva riservato al popolo ebraico in particolare e all’umanità in generale, “mai più” divenne giustamente il motto e l’impegno sincero di molte persone. Ma i malesseri spirituali che avevano dato al nazismo e ad altri movimenti il potere di distruggere non furono eliminati. Troppo spesso “mai più” è rimasto solo uno slogan.
C’è un elenco tragicamente lungo dei genocidi avvenuti in molti luoghi dopo la Shoah e che in alcuni casi hanno portato alla morte di milioni di persone. Nell’ viii secolo a.e.v. il profeta Amos elencò i crimini commessi da diversi popoli del Medio Oriente prima di rivolgere dure critiche all’ingiustizia che prevaleva nei regni di Giuda e di Israele. Così come il Dio della Bibbia esige giustizia e rettitudine dal popolo d’Israele, Dio si aspetta tutto ciò anche da ogni popolo e nazione dell’umanità. Il grido di Amos, che si ritrova anche in molti altri scritti profetici, si fonda sulla convinzione che qualsiasi società in cui regna la malvagità, in cui crimini esecrabili vengono commessi spudoratamente, finirà col consumarsi nel proprio fuoco distruttore. Nel giudaismo crediamo che esiste lo stato di diritto e che esiste il Sommo Giudice (Targum Yerushalmi su Genesi, 4, 8; Talmud di Gerusalemme, Sanhedrin, 10:2-28d; Bereshit Rabba, 26:6, e così via).
Questa convinzione è condivisa da molti altri credi e visioni del mondo. Tuttavia, la cecità spirituale, la mancanza di controllo sugli impulsi distruttivi, spinge le società ad agire come se non esistessero né norme etiche universali né un Sommo Giudice. È nelle società in cui i valori morali sono sovvertiti che l’antisemitismo e altre forme di odio e persecuzione possono prosperare. In tutto il mondo oggi vengono commessi crimini orrendi a causa del vuoto spirituale di chi li compie. Solo le culture che valorizzano la vita e la dignità di ogni individuo riusciranno ad adempiere ai desideri di Dio.
Questa Giornata mondiale in memoria delle vittime dell’Olocausto sfida tutti ad ascoltare il grido mai silenziato dei milioni di persone torturate e massacrate non solo nella Shoah ma in tutte le guerre, attraverso le generazioni e anche nel nostro doloroso presente. Possa risuonare nella coscienza di ogni persona la domanda centrale, la domanda che Dio ha posto a Caino dopo che aveva ucciso Abele: (Genesi, 4, 9) «Dov’è tuo fratello?».
di Abraham Skorka