· Città del Vaticano ·

Nell’ultimo libro dello psicoterapeuta Salvo Noè una conversazione con Papa Francesco

Vicinanza e dialogo
per non lasciarsi paralizzare
dalla paura

 Vicinanza e dialogo per non lasciarsi paralizzare dalla paura  QUO-017
21 gennaio 2023

È in libreria dal prossimo 25 gennaio il libro di Salvo Noè «La paura come dono» (Libreria editrice vaticana - Edizioni San Paolo, Città del Vaticano - Cinisello Balsamo [Milano], pagine 223, euro 18). Pubblichiamo uno stralcio della prima parte, dedicata a una conversazione dell’autore con Papa Francesco.


Noè
: Che cosa è per Lei la paura?

Papa Francesco : La paura è un sentimento, non è un’idea, non è una cosa lontana da me; un sentimento che entra in me, che nasce da me, è un sentimento con il quale io ho un rapporto. Può essere un allarme: stai attento c’è pericolo; può essere anche una compagna di buon senso che ti fa vedere la dimensione delle cose. Per essere chiaro, se io divento schiavo della paura, questa può diventare un limite che mi blocca e non mi fa andare avanti nella vita. Infatti, la persona paurosa è come se andasse verso un muro. Invece, se io so usare la paura per capire il messaggio che mi vuole dare, allora questa sarà per me un aiuto. Di solito nasce da un sentimento di difesa, e serve per tutelarsi.

Anche i bambini piccoli hanno paura quando guardano qualcosa che non capiscono e la vivono come minaccia, e chiedono aiuto.

La paura eccessiva è un atteggiamento che ci fa male, ci indebolisce, ci rimpicciolisce, ci paralizza. Tanto che una persona schiava della paura non si muove, non sa cosa fare: è timorosa, concentrata su se stessa in attesa che succeda qualcosa di brutto. Dunque la paura porta a un atteggiamento che paralizza. La paura eccessiva, infatti, non è un atteggiamento cristiano, ma è un atteggiamento, possiamo dire, di un’anima incarcerata, senza libertà, che non ha libertà di guardare avanti, di creare qualcosa, di fare del bene. E così chi ha paura continua a ripetere: «No, c’è questo pericolo, c’è quell’altro, quell’altro», e così via. «Che peccato, la paura fa male!».

Quando è stato eletto, tutti noi siamo rimasti col piti dal suo Saluto: “Fratelli e sorelle, buonasera!”

Ma perché gli altri Papi non salutavano?

Il suo modo è stato subito accogliente e semplice è questo ha conquistato i cuori di tanti. Lei ha avuto paura quando è stato eletto?

Non mi aspettavo di essere eletto, ma non ho perso mai la pace. Mi ero portato una valigetta piccola, convintissimo di tornare a Buenos Aires, per la Domenica delle Palme. Avevo lasciato le omelie lì preparate.

Invece sono rimasto a Roma.

Appena eletto, all’interno della Cappella Sistina, un cardinale brasiliano che era vicino, ha visto la mia sorpresa e mi ha detto: «Non preoccuparti, così fa lo Spirito Santo». E poi un’altra frase: «Non ti dimenticare dei poveri».

Ho sentito una pace e una tranquillità, anche nelle scelte decisive, per esempio io non ho voluto indossare niente, soltanto l’abito bianco. Anche le scarpe non ho voluto mettere. Le scarpe le avevo già e volevo essere semplicemente normale.

Poi sono uscito e ho detto buonasera.

Forse oggi la cosa più difficile è essere semplici, vero?

Dio agisce sempre nella semplicità. Due cose semplici possiamo tutti cominciare a fare. Una è l’umiltà e l’altra è la preghiera. Queste due cose semplici possono farci diminuire la paura.

In questo periodo c’è tanta paura: tra pandemia, guerre, crisi della politica e danni ambientali? Lei ha parlato di ecologia integrale evidenziandola come un nuovo paradigma di giustizia, perché la natura non è una “mera cornice” della vita umana.

Dobbiamo adottare uno stile di vita rispettoso dell’ambiente per salvaguardare il patrimonio della creazione e per proteggere la vita di chi abita il pianeta. La nostra terra è malata. Tale situazione ha messo in luce i rischi e le conseguenze di un modo di vivere dominato da egoismo e cultura dello scarto e ci ha posto davanti un’alternativa: continuare sulla strada finora percorsa o intraprendere un nuovo cammino. Per me un’ecologia integrale, contempla la preoccupazione per la natura, l’equità verso i poveri, l’impegno nella società, ma anche la gioia e la pace interiore che risultano inseparabili. La nostra terra è maltrattata e saccheggiata, richiede una “conversione ecologica”, un “cambiamento di rotta” affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per la cura della casa comune. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri, l’accesso equo per tutti, alle risorse del Pianeta. Questo è un messaggio per Credenti e non, Dio cammina accanto a tutti.

Bisogna agire in una direzione che ci permetta di custodire i doni del creato e proteggere la vita di noi umani. Questa deve essere una priorità nei processi economici e in quelli politici, e più ancora nei rapporti umani. Questo per me è stato sempre prioritario, anche quando a Buenos Aires, camminavo da una parrocchia all’altra.

Anzi, se c’è una cosa che mi manca tanto adesso, è non poter più girare per le strade, come facevo in Argentina.

Comprendo Papa Francesco la sua mancanza, infatti mi piacerebbe passeggiare con lei, lungo il colonnato di piazza San Pietro liberamente, ma so che non è possibile.

Io lo farei, ma devo attenermi ai protocolli di sicurezza. Qui hanno paura che mi possa accadere qualcosa. Ecco che la paura si presenta anche in questo caso. E hanno ragione. Le prime volte, appena eletto, ho provato a fare qualche uscita senza avvisare, e ho creato seri problemi alle persone che lavorano per garantire la mia sicurezza.

Avevo ancora il ricordo fresco di Buenos Aires. Allora sapevo tutti i numeri dei vari bus che mi portavano vicino alle varie parrocchie. Era un modo anche per incontrare le persone, parlare con loro e condividere racconti, difficoltà e umori.

La vicinanza alle persone, potersi confrontare, fare cose insieme è il vero antidoto alla paura. Molte volte, l’isolamento, il sentirsi sbagliati, avere problemi e non trovare aiuto, può determinare delle crisi che si trasformano in disagi mentali. Il mio lavoro è pieno di persone che si sentono sole e terribilmente lontane da “casa”. La solitudine è il vero male della nostra società. Tutti connessi con i telefonini, ma sconnessi con la realtà.

È vero! Io invito spesso a spegnere i telefonini e accendere gli sguardi, guardarsi negli occhi e parlare delle cose importanti, delle nostre scelte e delle preoccupazioni. A tavola, mentre si mangia, via i telefonini, spegniamo la televisione e incontriamoci parlando. Il cristianesimo ha a che fare con la convivialità.

Dobbiamo riprendere la comunicazione in famiglia per riscoprire la forza del dialogo. Parliamo anche delle nostre paure e di come possiamo superarle, anche con la preghiera, avvicinandoci a Gesù. Lui ci aiuta sempre, anche quando ci sentiamo soli.

A proposito di tavola, lei mangia in una sala da pranzo comune qui a Santa Marta e condivide la tavola con altre persone. La scelta di vivere a Santa Marta è stata influenzata dalla paura?

Sì. Ho scelto di vivere a Casa Santa Marta, anziché nello storico appartamento papale nel Palazzo Apostolico, perché, come tu puoi capire, io ho bisogno di incontrare persone, di parlare e qui mi sento più libero. Là mi sentivo blindato e questo mi metteva paura. Ognuno di noi deve conoscersi per trovare le soluzioni migliori al proprio disagio. Quando appena eletto mi hanno portato al Palazzo Apostolico, ho visto una camera da letto grandissima, un bagno grande (troppo lussuoso) e un effetto imbuto [Si riferisce a come sono strutturate le stanze del Palazzo Apostolico: stanze grandi con ingresso piccolo, in cui possono entrare solo pochissimi collaboratori]. Stanze grandi ma ingresso piccolo, dove possono entrare solo pochissimi collaboratori. Allora ho pensato: pazienza se non posso uscire a passeggiare fuori dal Vaticano, ma almeno voglio vedere persone. Ecco perché ho scelto Casa Santa Marta. Volevo rompere questa abitudine del Papa isolato.

Qui prendo il caffè alla macchinetta, mangio a mensa con gli altri, dico messa tutti i giorni e scherzo con le guardie svizzere. Sul mio pianerottolo c’è sempre una guardia svizzera. Un giorno gli ho offerto una merendina, non voleva accettarla dicendomi che ordini del comandante. Io ho risposto: «Sono io il comandante!».

Sentiamo anche una grande paura per il futuro. La maggior parte delle persone vede nel futuro una minaccia e non una speranza. C’è bisogno di rassicurazione, Papa Francesco!

Non bisogna farsi paralizzare dalla paura del futuro, perché Gesù con amore è sempre al nostro fianco, nei momenti belli e in quelli difficili.

Ci ama sempre, sino alla fine, senza limiti e senza misura.

L’unico modo per non avere paura del futuro è fare del bene adesso, rinunciando ai rimpianti e ai rimorsi che imprigionano il cuore. Quello che facciamo adesso crea il nostro futuro. Ecco perché non dobbiamo cadere nella trappola del diavolo che genera solo paura.

C’è una frase all’interno del libro di Dostoevskij che dice: «Il diavolo combatte con Dio e il campo di battaglia è il cuore dell’uomo». Dentro l’uomo si possono scontrare due voci quella del maligno e quella di Dio. È importante fare discernimento e capire quale voce si vuole seguire.

La voce del nemico distoglie dal presente e vuole che ci concentriamo sui timori del futuro o sulle tristezze del passato.

Ora puoi fare del bene, ora puoi esercitare la creatività dell’amore non soltanto per te, ma anche per la tua famiglia e per la tua comunità.