· Città del Vaticano ·

Bailamme
Nick Cave e la sfida dell’intelligenza artificiale

L’arte? Roba da esseri umani (feriti)

Australia's Nick Cave and the Bad Seeds perfoms on stage during the 18th edition of the Rock en ...
20 gennaio 2023

Può l’intelligenza artificiale fare arte? Per rispondere occorre spostare il quesito altrove, all’origine dell’urgenza che rende l’uomo l’unica creatura capace e bisognosa di arte. Un affondo memorabile in merito è arrivato in questi giorni dalla voce del cantautore Nick Cave.

Un suo fan gli ha sottoposto il testo di una canzone composta da ChatGPT (chatbot basato su intelligenza artificiale e specializzato nella conversazione con un utente umano) con l’esplicita istruzione che fosse scritta “in stile Nick Cave”. La macchina ha eseguito l’ordine.

Nick Cave ha letto il testo e ha commentato: fa schifo. Non è snobismo intellettuale o rifiuto ideologico degli strumenti di ultima generazione. Cave, rispondendo al fan, ci porta a guardare altrove, lì dove tutto scotta o meglio sanguina. «È roba da lacrime e sangue», afferma, riferendosi al tempo di gestazione in cui una nuova canzone nasce. Tante volte gli artisti hanno rivendicato la gloria della sofferenza come una medaglia da ostentare.

Cave raddrizza la barra togliendo ogni orpello di vanità riguardo al patire: «Scrivere una canzone … è un atto di omicidio autoinflitto che distrugge tutto quello che uno si è sforzato di produrre nel passato. Sono questi allontanamenti azzardati, sconvolgenti, che catapultano l’artista oltre i limiti di ciò che lui o lei riconosce come se stesso (…) È il confronto mozzafiato con la propria vulnerabilità, col sentirsi in pericolo, con la propria piccolezza, contrapposto a un senso di scoperta improvvisa e scioccante. Ed è l’atto artistico redentore che accende il cuore dell’ascoltatore, lì dove l’ascoltatore riconosce nell’intimo movimento della canzone il suo sangue, la sua lotta, la sua sofferenza. Questo è ciò che noi umani, umilmente, possiamo offrire e che ChatGPT può solo mimare: il viaggio trascendente dell’artista perennemente alle prese con i suoi difetti. È qui che risiede il genio umano, profondamente radicato all’interno di quei limiti, ma che va oltre».

L’arte accade quando l’uomo contempla il suo difetto, il suo essere sempre manchevole al cospetto del «chi sono?» che nasce stando in relazione all’esistente di cui si è parte. La macchina serve per generare un prodotto. Ma l’arte non è un prodotto, è una coscienza presente al suo viaggio inquieto nella creaturalità.

di Annalisa Teggi