· Città del Vaticano ·

Il 13 gennaio la Giornata dell’alfabetizzazione sismica

Guardare anche sotto i piedi
per capire di più di noi

 Guardare anche sotto i piedi  per capire di più di noi  QUO-006
09 gennaio 2023

Il 13 gennaio si celebra la quarta edizione della Giornata dell’Alfabetizzazione Sismica: certamente una ricorrenza speciale per il più grande ente di ricerca europeo per la promozione e valorizzazione della ricerca scientifica e tecnologica nell’ambito delle geoscienze, l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), che organizza la manifestazione. Ma non solo. La proposta, negli intenti della leadership dell’istituto, infatti, acquisisce valore soprattutto in quanto forma di educazione civico-scientifica, e, dunque, se accolta come occasione di condivisione e scambio con i cittadini, tesa a divulgare la conoscenza in materia ambientale, sismica e vulcanologica, e ad accrescere la consapevolezza sull’importanza dell’adozione di misure di prevenzione e mitigazione dei rischi per la salvaguardia del pianeta e la tutela dei territori, come è nella vocazione stessa dell’ente. Proprio per questo l’attenzione verso questi obbiettivi, in questo polo di eccellenze riconosciuto a livello mondiale, è massima e costante. Qui, il “lavoro” delle donne e degli uomini di scienza, smentendo ogni stereotipo, è decisamente sul “campo”: da 10 sezioni e 20 sedi distribuite su tutto il territorio nazionale, infatti, oltre 1200 persone, altamente qualificate, sono sì impegnate in progetti di ricerca fra i più avanzata, nell’ambito dei tre Dipartimenti Scientifici -Ambiente, Terremoti e Vulcani, in cui l’ente è articolato, ma non di meno sono operativi in attività di servizio 24 ore al giorno, spesso svolte in condizioni di emergenza; del resto, l’Ingv, struttura operativa del Sistema nazionale di protezione civile, concilia alle attività di ricerca scientifica, monitoraggio e sorveglianza dei fenomeni naturali, quelle di alta formazione e diffusione della cultura scientifica. «Tra i nostri compiti — spiega Carlo Doglioni, scienziato di fama internazionale, dal 2016 presidente dell’Ingv, nonché docente dell’Università La Sapienza di Roma e socio dell’Accademia dei Lincei — rientra lo studio dei meccanismi della geodinamica, dei terremoti e dei precursori delle eruzioni. Capire come si accumula nei secoli l’energia che in pochi secondi si scatena in un terremoto è tra le inevitabili e doverose ambizioni di ogni ricercatore in questo campo, così come conoscere la composizione chimica dei magmi, le loro temperature e viscosità e il contenuto in gas, ovvero di tutti quei parametri che, nell’ambito dello studio della dinamica dei vulcani, determinano la tipologia e la scansione temporale delle eruzioni: tutti fenomeni interpretabili come manifestazioni di “gradienti”, parametri fisici che, in termini semplici, sono rappresentati da pressione e temperatura»,

Professore, lei presiede un centro di riferimento per la comunità scientifica di tutto il mondo, soprattutto per i progetti di ricerca internazionali che prevedono la condivisione della grande mole di dati prodotti dalle reti di monitoraggio, sismiche, geodetiche, geochimiche, oltre a quelli provenienti dal monitoraggio della meteorologia spaziale. La ricerca scientifica parla una lingua comune, dunque?

Certo. Tutte le nostre reti di monitoraggio sono parte integrante di una più ampia, internazionale, disponibile all’intera comunità scientifica. Del resto, tutta l’umanità abita la stessa casa: un pianeta il cui studio continua a generare meraviglia e stupore, oltre ad essere infinitamente importante. Noi stessi, il nostro corpo, composto dagli stessi atomi del mantello terrestre, siamo tutt’uno con la Terra.

Comprendendo i meccanismi alla base del suo funzionamento, conosciamo meglio noi stessi?

È così. Basti pensare che anche l’aria che respiriamo è legata alle emissioni dei vulcani e ciò comporta che l'atmosfera sia inevitabilmente connessa ai loro meccanismi interni, non ancora del tutto noti. Sempre l’atmosfera, poi, viene preservata dal vento solare, e questo grazie all’azione di schermo esercitata dal campo magnetico terrestre. Del pianeta occupiamo solo il sottilissimo strato della superficie e, poiché il nostro sguardo non penetra il sottosuolo, anche l’immaginazione ne risente, è limitata rispetto al mondo che vive e scorre sotto di noi.

Calpestiamo la terra, non solo in senso figurato, e miriamo cielo e stelle sopra di noi, pensando che il Paradiso sia lì

In effetti, è così, così come nell’immaginario collettivo l’inferno è all’interno della Terra, il che porta involontariamente a sminuirne il valore. Eppure, sotto di noi non c’è alcun inferno: anzi, in quella parte misteriosa, anche se i parametri fisici e chimici non ci permetterebbero di vivere, come d’altronde anche nello spazio, ritroviamo l’origine della vita, inclusa quella umana.

Nella terra affondano le nostre radici: anche per questo l’interconnessione che ad essa lega l’umanità è indissolubile

E proprio per questa ragione sorvegliare le criticità di questa forte interconnessione è imprescindibile ai fini della prevenzione. Rispettare e salvaguardare l’ambiente significa tutelare noi stessi e la nostra salute. In questo processo di conoscenza è centrale il concetto di “gradiente”, a cui è riconducibile ogni fenomeno della natura: vale per quelli di temperatura, pressione, elettromagnetici, fino a quelli di natura socio-economica o migratoria.

E sempre conoscerli significa, per quanto possibile, poterli gestire.

In questo, in fondo, risiede il senso ultimo dell'incessante impegno di chi, a vario titolo e nei diversi campi, si dedica alla ricerca.

A suo parere, come sta affrontando l’umanità le grandi sfide di questo tempo?

Gli strumenti disponibili oggi, anche grazie alle innovazioni tecnologiche, aprono a scenari inattesi, capaci di invertire tendenze in corso: le nostre stesse reti di monitoraggio hanno permesso di rivoluzionare le conoscenze della struttura terrestre. Ora siamo chiamati a rispondere a numerosi nodi insoluti, solo apparentemente slegati: la crisi energetica, il cambiamento climatico, il divario tra nord e sud del pianeta.

E per quel che riguarda l’Ingv,, quali specifiche sfide vi attendono?

Monitorando durante le spedizioni in Antartide le variazioni del buco dell’ozono e il cambiamento del clima nell’ultimo milione di anni, possiamo comparare quel che accade ora con la storia del pianeta e risalire alla velocità con cui sta procedendo il riscaldamento climatico o l’innalzamento del livello del mare o l’erosione delle aree costiere, come quelle del Mediterraneo. In questo modo è possibile ricostruire scenari attendibili, ad esempio, sul livello del mare che avremo tra 50 o 100 anni.

I vostri studi spaziano anche nell’ambito, di grande attualità, dell’energia...

L'Istituto contribuisce al reperimento di risorse primarie, come, ad esempio, i metalli particolarmente utili all'industria tecnologica avanzata. Ha, inoltre, un focus specifico sulla geotermia, una risorsa energetica assai sottovalutata nel nostro paese, nonostante siamo stati pionieri nell’esplorare questa strada.

La sua leadership crede molto nella centralità della promozione della conoscenza e delle attività di prevenzione. Perché è tanto importante?

Che la comunità sia consapevole dei rischi e delle strade percorribili per limitarli è fondamentale perché sia collaborativa e parte attiva nella riduzione degli stessi, così come è importante coltivare la memoria, perché il conflitto permanente con l’oblio porta i cittadini ad abbassare la guardia nei confronti dei rischi naturali. Compito dell’Ingv è studiare la Terra e, come una sentinella, prestare attenzione al suo respiro e ai suoi eventi naturali estremi: dobbiamo capire ancora molto della dinamica dei terremoti e delle eruzioni per scoprirne i meccanismi che li regolano, per saperci difendere al meglio, ma anche per proteggere l’ambiente e reperire risorse energetiche sostenibili.

Possiamo dire che “rischi” e “risorse” sono termini chiave?

In effetti, il motto “ Vale ” — vale la pena studiare la natura perché vale la pena prevenire — è l’acronimo con cui intendiamo ricordare che dobbiamo sempre salvaguardare la nostra Vita, i nostri affetti, e poi le nostre abitazioni, che sono tra i beni più cari di cui disponiamo. Solo così possiamo preservare anche la libertà di continuare a vivere tra la nostra gente, nei nostri borghi, conservando radici, storia, cultura, senza essere costretti a migrare, come molte popolazioni, senza vivere sfollati per anni o decenni, senza disperdere i frutti di lavoro e sacrifici di intere generazioni.

Dunque “Vale” la pena spendere qualche punto percentuale per risolvere alla radice l’annosa questione sismica?

Non costa molto, se il peso è condiviso, svelare come funziona il pianeta, anche perché progettare il futuro ha un ritorno incalcolabile.

di Silvia Camisasca