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La fatica di cominciare

 La fatica  di cominciare  QUO-001
02 gennaio 2023

La cosa più difficile della vita è cominciare. L’inizio di ogni cosa è la fatica più grande a cui siamo sottoposti nell’esperienza dell’esistenza umana. Se dovessimo parlare in termini molto cristiani dovremmo dire che la prima opera del male è scoraggiare l’inizio di qualcosa, perché cominciare rende le cose reali, e il male non sopporta la concretezza delle cose perché vive di alienazione, di vacuità, di suggestioni. Il Verbo che si fa carne è la più grande vittoria contro il male. Dio contrappone al male un fatto, non una retorica. Per questo, dice San Giovanni, l’Anticristo sostiene che Gesù non è venuto nella carne (1 Giovanni, 4, 3). C’è però da dire anche un’altra cosa: il Dio che si fa carne non sceglie vie preferenziali, ma entra nella storia come ogni uomo e ogni donna attraverso il grembo di una madre, e nella modalità della fragilità di un bambino. Non è una scelta fatta per suscitare tenerezza e buoni sentimenti, ma per ricordarci che Lui ha scelto «ciò che è debole per confondere i forti» (1 Corinzi, 1, 27). Non c’è nulla di più fragile di un bambino appena nato, come non c’è nulla di più fragile di un uomo nudo e crocifisso. È la fragilità della condizione umana quando perde tutte le certezze che il mondo dà. È la fragilità di un uomo o una donna in mare che tentano di salvarsi la vita aggrappandosi a qualcuno. È la fragilità di un padre e una madre che si sentono impotenti davanti alla sofferenza di un figlio. È la condizione di fragilità di un anziano che non riesce più a provvedere a se stesso.

La debolezza è la verità dell’essere umano e Cristo l’assume come modalità per incominciare il “fatto” della salvezza. Ecco allora che se la cosa più difficile è cominciare, la cosa ancora più difficile è accettare di cominciare sempre dalla nostra creaturalità, dal nostro essere bambini cioè creature consegnate sempre nelle mani di qualcuno. Non è un rimanere fermi all’infanzia ma è diventare adulti non dimenticando mai questa verità di fondo. Verrebbe da parafrasare san Paolo quando dice «quando sono debole è allora che sono forte» (2 Corinzi, 12, 10); «quando mi ricordo che sono debole allora scopro anche dove è la mia forza».

La convenzione dei nostri calendari ci mette nella condizione di un nuovo inizio, di un nuovo anno, di un nuovo tempo. Possiamo solo scegliere di incominciare, e di farlo con la pazienza che ci ha insegnato Gesù: egli ha passato infatti trent’anni di quotidianità per poter vivere solo tre anni di vita pubblica.

Ogni inizio ha bisogno di coraggio, ma ha bisogno anche di pazienza. Abbiamo dalla nostra parte però una cosa importante: Gesù venendo al mondo ci ha donato un punto verso cui tutta la storia si muove e si ricapitola. È questa la nostra forza: avere una meta. Lo dice molto bene Rainer Maria Rilke in un suo celebre verso: «Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che sappiamo anche la brezza sarà preziosa».

di Luigi Maria Epicoco