· Città del Vaticano ·

Invocate dal Pontefice per il Caucaso, il Perú e l’Ucraina

Soluzioni di pace
per il bene delle persone

 Soluzioni di pace  per il bene delle persone  QUO-289
19 dicembre 2022

Allarmato «per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni», Papa Francesco ha invocato «soluzioni pacifiche per il bene delle persone» nel Caucaso meridionale, estendendo la sua preoccupazione anche al Perú segnato dalle violenze e all’Ucraina martoriata dalla guerra. I suoi appelli sono risuonati al termine dell’Angelus domenicale recitato ieri a mezzogiorno dalla finestra dello studio privato del Palazzo apostolico vaticano. Prima della preghiera mariana con i fedeli presenti in piazza San Pietro e quanti lo seguivano attravarso i media, il Pontefice ha commentato il Vangelo della quarta domenica di Avvento. Ecco le sue parole.

Cari sorelle e fratelli, buongiorno!

Oggi, quarta e ultima domenica di Avvento, la liturgia ci presenta la figura di San Giuseppe (cfr. Mt 1, 18-24). È un uomo giusto, che sta per sposarsi. Possiamo immaginare che cosa sogni per il futuro: una bella famiglia, con una sposa affettuosa e tanti bravi figli, e un lavoro dignitoso: sogni semplici e buoni, sogni della gente semplice e buona. Improvvisamente, però, questi sogni si infrangono contro una scoperta sconcertante: Maria, la sua promessa sposa, aspetta un bambino e questo bambino non è suo! Che cosa avrà provato Giuseppe? Sconcerto, dolore, smarrimento, forse anche irritazione e delusione... Ha sperimentato che il mondo gli crolla addosso! E che cosa può fare?

La Legge gli dà due possibilità. La prima è denunciare Maria e farle pagare il prezzo di una presunta infedeltà. La seconda è annullare il loro fidanzamento in segreto, senza esporre Maria allo scandalo e a conseguenze pesanti, prendendo però su di sé il peso della vergogna. Giuseppe sceglie questa seconda via, la via della misericordia. Ed ecco che, nel cuore della crisi, proprio mentre pensa e valuta tutto questo, Dio accende nel suo cuore una luce nuova: in sogno gli annuncia che la maternità di Maria non viene da un tradimento, ma è opera dello Spirito Santo, e il bambino che nascerà è il Salvatore (cfr. vv. 20-21); Maria sarà la madre del Messia e lui ne sarà il custode. Al risveglio, Giuseppe capisce che il sogno più grande di ogni pio Israelita — essere il padre del Messia — si sta realizzando per lui in modo assolutamente inaspettato.

Per realizzarlo, infatti, non gli basterà appartenere alla discendenza di Davide ed essere un fedele osservante della legge, ma dovrà fidarsi di Dio al di là di tutto, accogliere Maria e suo figlio in modo completamente diverso da come si aspettava, diverso da come si era sempre fatto. In altre parole, Giuseppe dovrà rinunciare alle sue certezze rassicuranti, ai suoi piani perfetti, alle sue legittime aspettative e aprirsi a un futuro tutto da scoprire. E di fronte a Dio, che scombina i piani e chiede di fidarsi, Giuseppe risponde sì. Il coraggio di Giuseppe è eroico e si realizza nel silenzio: il suo coraggio è fidarsi, si fida, accoglie, è disponibile, non domanda ulteriori garanzie.

Fratelli, sorelle, che cosa dice Giuseppe oggi a noi? Noi pure abbiamo i nostri sogni, e forse a Natale ci pensiamo di più, ne parliamo insieme. Magari rimpiangiamo alcuni sogni infranti e vediamo che le migliori attese devono spesso confrontarsi con situazioni inattese, sconcertanti. E quando questo accade, Giuseppe ci indica la via: non bisogna cedere a sentimenti negativi, come la rabbia e la chiusura, questa è la via sbagliata! Occorre invece accogliere le sorprese, le sorprese della vita, anche le crisi, con un’attenzione: che quando si è in crisi non bisogna scegliere di fretta secondo l’istinto, ma lasciarsi passare al setaccio, come ha fatto Giuseppe, “considerare tutte le cose” (cfr. v. 20) e fondarsi sul criterio di fondo: la misericordia di Dio. Quando si abita la crisi senza cedere alla chiusura, alla rabbia e alla paura, ma tenendo aperta la porta a Dio, Lui può intervenire. Lui è esperto nel trasformare le crisi in sogni: sì, Dio apre le crisi a prospettive nuove, che noi prima non immaginavamo, magari non come noi ci aspettiamo, ma come Lui sa. E questi sono, fratelli e sorelle, gli orizzonti di Dio: sorprendenti, ma infinitamente più ampi e belli dei nostri! La Vergine Maria ci aiuti a vivere aperti alle sorprese di Dio.

Al termine dell’Angelus il Papa ha parlato del Caucaso e del Perú, quindi ha salutato alcuni dei gruppi presenti, infine ha invitato a vivere l’ultimo tratto del tempo di Avvento senza dimenticare di pregare per il popolo ucraino.

Cari fratelli e sorelle!

Mi preoccupa la situazione creatasi nel Corridoio di Lachin, nel Caucaso Meridionale. In particolare sono preoccupato per le precarie condizioni umanitarie delle popolazioni, che rischiano ulteriormente di deteriorarsi nel corso della stagione invernale. Chiedo a tutti coloro che sono coinvolti di impegnarsi a trovare soluzioni pacifiche per il bene delle persone.

Preghiamo inoltre per la pace in Perú, affinché cessino le violenze nel Paese e si intraprenda la via del dialogo per superare la crisi politica e sociale che affligge la popolazione.

Saluto con affetto tutti voi, che siete venuti da Roma, dall’Italia e da tante parti del mondo. In particolare, saluto i fedeli della California e quelli di Madrid; come pure i gruppi di Praia a mare, Catania, Caraglio e della parrocchia romana dei Santi Protomartiri.

Alla Vergine Maria, che la liturgia ci invita a contemplare in questa quarta domenica di Avvento, chiediamo di toccare i cuori di quanti possono fermare la guerra in Ucraina. Non dimentichiamo la sofferenza di quel popolo, specialmente dei bambini, degli anziani, delle persone malate. Preghiamo, preghiamo!

Auguro a tutti una buona domenica e un buon cammino dell’ultima tappa dell’Avvento. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci.