· Città del Vaticano ·

Le ferite di una guerra, profonde anche quando sono invisibili

Un rumore che resta dentro

TOPSHOT - A man falls on the ground following a drone attack in Kyiv on October 17, 2022, amid the ...
10 dicembre 2022

Tra le ferite inferte da una guerra ce ne sono anche di invisibili. Ma non per questo meno dolorose e a volte non si cicatrizzano mai. La scorsa settimana, Francesco ha ricevuto in un clima particolarmente festoso un gruppo di persone con disabilità. Era un giorno di temporale a Roma.

Poco prima dell’udienza con il Papa, un tuono fragoroso ha fatto vibrare le finestre. Un rumore “normale” in un giornata di pioggia battente, ma che ha terrorizzato, fino alle lacrime, tre giovani disabili ucraine che facevano parte del gruppo. Per loro – dal 24 febbraio scorso – quello non è più un rumore “normale”. È il rumore della guerra, della distruzione. E non importa se ora sono lontane migliaia di chilometri dai luoghi bersaglio dei bombardamenti russi perché quel rumore resta dentro. E forse la paura che lo accompagna resterà per sempre con loro. All’inizio del Pontificato — era l’agosto del 2013 — Francesco levò un appello accorato affinché si fermasse «il rumore delle armi». Usò proprio queste parole. In quel caso stava chiedendo la fine di un’altra guerra terribile, quella in Siria, ma questo dolente appello perché tacciano le armi, perché non facciano più rumore, il Papa lo ha ripetuto e continua a ripeterlo instancabilmente per ogni conflitto nel mondo. Appello diventato tante volte preghiera. E perfino pianto, come successo nel giorno dell’Immacolata.

Nelle ore successive all’inizio della guerra in Ucraina in molti commentavano che era inimmaginabile pensare di udire nuovamente il suono delle sirene anti-aereo in una capitale europea dopo la Seconda guerra mondiale. Quel rumore che noi cittadini del Vecchio Continente volevamo consegnato ai libri di storia, alla memoria collettiva. E che, invece, è tornato prepotentemente a scandire in modo lugubre la vita, anzi la sopravvivenza di milioni di persone in Ucraina. È significativo, al riguardo, quello che ha confidato una donna ucraina ad un volontario di Emergency, dopo essere stata accolta in Italia: «Abituarsi ai rumori della guerra per noi è stato davvero duro. Anche se quei boati non ci sono più, ancora adesso quando avvertiamo un suono simile continuiamo a sobbalzare. Il silenzio adesso è qualcosa di prezioso».

Il rumore della guerra, un sottofondo di morte. Che ci sia un riflesso distruttivo, diabolico nello stridore delle armi è qualcosa che l’uomo ha tragicamente sperimentato di generazione in generazione anche se il rumore delle spade è diverso da quello delle bombe. «Il rumore — dice il diavolo nelle Lettere di Berlicche di C.S. Lewis — ci difende da stupidi rimorsi, da scrupoli disperanti, da desideri irraggiungibili. Noi vogliamo, infine, fare di tutto l’universo un rumore». Ecco la radice luciferina della guerra. Chi la fa, ha ammonito il Papa, «si affida alla logica diabolica e perversa delle armi». Una logica che vuole alzare il volume del rumore per invadere il silenzio e cancellare ogni suono. Per elidere ogni parola, che senza silenzio non può esistere. Rumore laddove si udivano le voci di bambini a scuola, rumore che ammutolisce le risate dei ragazzi per strada e annichilisce perfino i suoni della natura. «Sono così stanca delle esplosioni — ha detto Yeva, una bambina ucraina — vorrei risentire il suono della pace». Bisogna fare spazio a quel suono. E farlo presto, prima che di tutto l’universo si faccia un rumore.

di Alessandro Gisotti