· Città del Vaticano ·

Il cardinale Re celebra la messa in suffragio del porporato ghanese Richard Kuuia Baawobr

Con spirito missionario al servizio della Chiesa in Africa

Em.mo Card Giovanni Battista Re - Altare della Cattedra - Messa in Suffragio del Card. Richard Kuhia ...
05 dicembre 2022

«Grande senso di responsabilità, desiderio di fare del bene e innato spirito missionario»: sono i tre tratti della figura umana e pastorale del porporato ghanese Richard Kuuia Baawobr — morto lo scorso 27 novembre — evidenziati dal decano del Collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re, durante la messa di suffragio presieduta stamane nella basilica Vaticana. Tra i cardinali concelebranti, il segretario di Stato, Parolin, e il vice decano del Collegio, Sandri. Pubblichiamo di seguito l’omelia del cardinale Re.

Siamo raccolti attorno all’altare del Signore per celebrare il sacrificio Eucaristico in suffragio dell’anima del cardinale Richard Kuuia Baawobr, vescovo di Wa in Ghana, che il Signore ha chiamato a sé, qui a Roma, dove era venuto per il Concistoro del 27 agosto scorso nel quale fu creato cardinale, ma in sua assenza, a motivo dei problemi di salute che lo avevano colpito qualche giorno dopo essere sceso dall’aereo a Fiumicino.

Egli era ancora in giovane età, 63 anni, ed impegnato in intensa attività pastorale. La prospettiva era di un futuro ancora lungo con impegnativi servizi alla sua diocesi in Ghana, alla Chiesa e all’umanità. Il cardinale Baawobr molto stava dando e ancor più sembrava promettere. Ma le vie di Dio non sono le nostre.

L’inaspettato chiudersi della sua laboriosa esistenza, che ha addolorato i fedeli della sua diocesi ed i tanti suoi amici, sembra volerci invitare a meditare il monito che è risuonato nella pagina evangelica or ora ascoltata: «Tenetevi pronti... con le lucerne accese in attesa che il Signore bussi alla porta» (Lc 12, 35). Siate vigilanti, perché non conoscete né il giorno né l’ora.

È uno dei moniti più noti del Vangelo. La dipartita del compianto cardinale ci spinge a riflettere sulla fragilità della nostra esistenza e sull’importanza di viverla intensamente nell’amore per Dio e per il prossimo.

L’anima del cardinale Richard Baawobr è ora nelle mani di Dio, come ci ha ricordato la prima lettura; è «in una pace senza turbamenti». Questo è il destino di eternità che è riservato ai giusti.

In questa prospettiva di fede, anche se la prematura morte del cardinale ci ha lasciati sgomenti, nei nostri cuori c’è posto solo per la speranza, perché, come ci avverte sant’Agostino: «basati su una promessa veritiera, noi speriamo che da questa vita, dalla quale dovremo emigrare, e dalla quale, senza perderli, mandiamo avanti a noi alcuni compagni nel nostro pellegrinare, arriveremo a quella vita, dove essi ci saranno tanto più cari, quanto meglio li conosceremo e potremo amarli senza timore che abbiano a lasciarci» (Epistola 92, 1:pl 33, 318).

Chinando la fronte davanti agli imperscrutabili disegni di Dio, misteriosi ma sempre ispirati dall’amore, e confortati dalle immortali certezze della fede, il pensiero va alle principali tappe della vita del compianto cardinale e al molto bene da lui seminato.

Nato in Ghana nella diocesi di Wa da una famiglia cattolica, perse il padre quando aveva quattro anni. Apprese la fede sulle ginocchia della mamma, che era molto religiosa.

Dopo aver frequentato la scuola elementare nel suo villaggio, entrò nel seminario diocesano. Terminati però gli studi filosofici, nel 1981, decise di entrare a far parte della società di vita apostolica dei Missionari d’Africa, denominati anche Padri Bianchi. Emessi i voti religiosi nel 1986, nel 1987 fu ordinato sacerdote.

Si distinse subito per le notevoli doti di intelligenza, di spirito missionario e di grande spiritualità, per cui i superiori gli affidarono importanti incarichi all’interno della società dei Padri Bianchi. Fu trasferito a Roma, dove completò i suoi studi presso il Pontificio istituto Biblico e conseguì la licenza in Sacra Scrittura.

Nel 1996 ricoprì l’incarico dei formatori dei Missionari d’Africa a Kahangala, in Tanzania. Dopo quattro anni, fu inviato a Tolosa come direttore della casa di formazione della provincia francese della quale divenne il delegato e subito dopo fu eletto primo assistente della sua società di vita apostolica.

Nell’assemblea capitolare del 2010 fu eletto superiore generale. Fu così il primo africano a ricoprire l’importante incarico di superiore generale dei Missionari d’Africa.

Nei sei anni del suo generalato, rivelò non comune spirito di iniziativa, capacità organizzative e premurosa sollecitudine nell’annunciare le perenni verità del Vangelo col linguaggio e lo stile dei nuovi tempi. In una sua pubblicazione sullo stile missionario che deve caratterizzare i Padri Bianchi, scrisse: «Il fatto che come missionari siamo spesso stranieri nel Paese in cui viviamo e lavoriamo dà una certa credibilità al nostro messaggio. Quando la gente vede che abbiamo imparato la lingua ed i costumi, sa che li amiamo e che ci preoccupiamo davvero di ciò che accade loro» (Opportunità e sfide del ministero della giustizia in Africa). Comprese inoltre che l’impegno missionario dell’istituto non doveva limitarsi all’Africa, ma estendersi anche in aiuto ai Paesi di tradizione cattolica bisognosi della Parola di Dio e di una ripresa nel rinnovamento della fede e della testimonianza cristiana.

Nel 2016 Papa Francesco lo nominò vescovo della diocesi di Wa. Fu un vescovo fedele al Papa e vicino ai suoi sacerdoti e alla gente. Sempre disponibile all’incontro ed a dire una buona parola. Sentiva profondamente la responsabilità che gli veniva dall’essere successore degli apostoli.

Nel luglio del 2020 Papa Francesco lo nominò membro del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Iniziò così la sua collaborazione con la Santa Sede

Nello scorso luglio di quest’anno, partecipando all’assemblea plenaria dell’episcopato d’Africa e Madagascar (Secam), ne fu eletto presidente.

Con lui scompare una figura molto significativa di vescovo africano. Sono molteplici le situazioni che lo hanno visto protagonista operoso, dotato di grande senso di responsabilità, desiderio di fare del bene e un innato spirito missionario.

Il principio ispiratore della sua azione di religioso e di vescovo fu sempre l’impegno per l’evangelizzazione; e il fine supremo a cui indirizzò la sua azione fu il bene delle anime.

Ringraziamo Dio per il bene che il compianto cardinale ha seminato e ringraziamo anche la società di vita apostolica dei Missionari d’Africa per averlo preparato ai compiti svolti.

A Dio, buono e ricco di misericordia, affidiamo questo nostro confratello nell’episcopato e nel cardinalato pregando perché Dio lo accolga nell’immensità del suo amore.

Ci sostiene la fiducia che Cristo, sommo ed eterno Sacerdote, gli abbia aperto la porta e l’abbia accolto con le parole, che ciascuno di noi spera di poter sentire un giorno: «Vieni, servo buono e fedele... prendi parte alla gioia del tuo Signore» (Mt 25, 21).