· Città del Vaticano ·

La catechesi
Proseguendo le riflessioni sul discernimento il Papa spiega come riconoscere la vera consolazione

La preghiera non è fuga
dai doveri ma aiuto
a realizzare il bene

 La preghiera non è fuga dai doveri ma aiuto a realizzare il bene  QUO-274
30 novembre 2022

«La preghiera non è una fuga dai propri compiti, al contrario è un aiuto a realizzare quel bene che siamo chiamati a compiere, qui e ora»: lo ha sottolineato il Papa all’udienza generale di stamani, mercoledì 30 novembre, in piazza San Pietro. Proseguendo il ciclo di catechesi sul discernimento, il Pontefice si è soffermato sul tema della “consolazione autentica”.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Proseguendo la nostra riflessione sul discernimento, e in particolare sull’esperienza spirituale chiamata “consolazione”, della quale abbiamo parlato l’altro mercoledì, ci chiediamo: come riconoscere la vera consolazione? È una domanda molto importante per un buon discernimento, per non essere ingannati nella ricerca del nostro vero bene.

Possiamo trovare alcuni criteri in un passo degli Esercizi spirituali di Sant’Ignazio di Loyola. «Se nei pensieri tutto è buono — dice Sant’Ignazio — il principio, il mezzo e la fine, e se tutto è orientato verso il bene, questo è un segno dell’angelo buono. Può darsi invece che nel corso dei pensieri si presenti qualche cosa cattiva o distrattiva o meno buona di quella che l’anima prima si era proposta di fare, oppure qualche cosa che indebolisce l’anima, la rende inquieta, la mette in agitazione e le toglie la pace, le toglie la tranquillità e la calma che aveva prima: questo allora è un chiaro segno che quei pensieri provengono dallo spirito cattivo» (n. 333). Perché è vero: c’è una vera consolazione, ma anche ci sono delle consolazioni che non sono vere. E per questo bisogna capire bene il percorso della consolazione: come va e dove mi porta? Se mi porta a una cosa che va meno, che non è buona, la consolazione non è vera, è “finta”, diciamo così.

E queste sono indicazioni preziose, che meritano un breve commento. Cosa significa che il principio è orientato al bene, come dice Sant’Ignazio di una buona consolazione? Ad esempio ho il pensiero di pregare, e noto che si accompagna ad affetto verso il Signore e il prossimo, invita a compiere gesti di generosità, di carità: è un principio buono. Può invece accadere che quel pensiero sorga per evitare un lavoro o un incarico che mi è stato affidato: ogni volta che devo lavare i piatti o pulire la casa, mi viene una grande voglia di mettermi a pregare! Succede questo, nei conventi. Ma la preghiera non è una fuga dai propri compiti, al contrario è un aiuto a realizzare quel bene che siamo chiamati a compiere, qui e ora. Questo riguardo al principio.

C’è poi il mezzo: Sant’Ignazio diceva che il principio, il mezzo e la fine devono essere buoni. Il principio è questo: io ho voglia di pregare per non lavare i piatti: vai, lava i piatti e poi vai a pregare. Poi c’è il mezzo, vale a dire ciò che viene dopo, ciò che segue quel pensiero. Rimanendo nell’esempio precedente, se comincio a pregare e, come fa il fariseo della parabola (cfr. Lc 18, 9-14), tendo a compiacermi di me stesso e a disprezzare gli altri, magari con animo risentito e acido, allora questi sono segni che lo spirito cattivo ha usato quel pensiero come chiave di accesso per entrare nel mio cuore e trasmettermi i suoi sentimenti. Se io vado a pregare e mi viene in mente quello del fariseo famoso — “ti ringrazio, Signore, perché io prego, non sono come l’altra gente che non ti cerca, non prega” — lì, quella preghiera finisce male. Quella consolazione di pregare è per sentirsi un pavone davanti a Dio. E questo è il mezzo che non va.

E poi c’è la fine: il principio, il mezzo e la fine. La fine è un aspetto che abbiamo già incontrato, e cioè: dove mi porta un pensiero? Per esempio, dove mi porta il pensiero di pregare. Ad esempio, qui può capitare che mi impegni a fondo per un’opera bella e meritevole, ma questo mi spinge a non pregare più, perché sono indaffarato da tante cose, mi scopro sempre più aggressivo e incattivito, ritengo che tutto dipenda da me, fino a perdere fiducia in Dio. Qui evidentemente c’è l’azione dello spirito cattivo. Io mi metto a pregare, poi nella preghiera mi sento onnipotente, che tutto deve essere nelle mie mani perché io sono l’unico, l’unica che sa portare avanti le cose: evidentemente non c’è il buono spirito lì. Occorre esaminare bene il percorso dei nostri sentimenti e il percorso dei buoni sentimenti, della consolazione, nel momento in cui io voglio fare qualcosa. Come è il principio, come è la metà e come è la fine.

Lo stile del nemico — quando parliamo del nemico, parliamo del diavolo, perché il demonio esiste, c’è! – il suo stile, lo sappiamo, è di presentarsi in maniera subdola, mascherata: parte da ciò che ci sta maggiormente a cuore e poi ci attrae a sé, a poco a poco: il male entra di nascosto, senza che la persona se ne accorga. E con il tempo la soavità diventa durezza: quel pensiero si rivela per come è veramente.

Da qui l’importanza di questo paziente ma indispensabile esame dell’origine e della verità dei propri pensieri; è un invito ad apprendere dalle esperienze, da quello che ci capita, per non continuare a ripetere i medesimi errori. Quanto più conosciamo noi stessi, tanto più avvertiamo da dove entra il cattivo spirito, le sue “password”, le porte d’ingresso del nostro cuore, che sono i punti su cui siamo più sensibili, così da farvi attenzione per il futuro. Ognuno di noi ha i punti più sensibili, i punti più deboli della propria personalità: e da lì entra il cattivo spirito e ci porta per la strada non giusta, o ci toglie dalla vera strada giusta. Vado a pregare ma mi toglie dalla preghiera.

Gli esempi potrebbero essere moltiplicati a piacere, riflettendo sulle nostre giornate. Per questo è così importante l’esame di coscienza quotidiano: prima di finire la giornata, fermarsi un po’. Cosa è successo? Non nei giornali, non nella vita: cosa è successo nel mio cuore? Il mio cuore è stato attento? È cresciuto? È stata una strada che ha passato tutto, a mia insaputa? Cosa è successo nel mio cuore? E questo esame è importante, è la fatica preziosa di rileggere il vissuto sotto un particolare punto di vista. Accorgersi di ciò che capita è importante, è segno che la grazia di Dio sta lavorando in noi, aiutandoci a crescere in libertà e consapevolezza. Noi non siamo soli: è lo Spirito Santo che è con noi. Vediamo come sono andate le cose.

La consolazione autentica è una sorta di conferma del fatto che stiamo compiendo ciò che Dio vuole da noi, che camminiamo sulle sue strade, cioè nelle strade della vita, della gioia, della pace. Il discernimento, infatti, non verte semplicemente sul bene o sul massimo bene possibile, ma su ciò che è bene per me qui e ora: su questo sono chiamato a crescere, mettendo dei limiti ad altre proposte, attraenti ma irreali, per non essere ingannato nella ricerca del vero bene.

Fratelli e sorelle, bisogna capire, andare avanti nel capire cosa succede nel mio cuore. E per questo ci vuole l’esame di coscienza, per vedere cosa è successo oggi. “Oggi mi sono arrabbiato lì, non ho fatto quello...”: ma perché? Andare oltre il perché è cercare la radice di questi sbagli. “Ma, oggi sono stato felice ma ero noioso perché dovevo aiutare quella gente, ma alla fine mi sono sentito pieno, piena per quell’aiuto”: e c’è lo Spirito Santo. Imparare a leggere nel libro del nostro cuore cosa è successo durante la giornata. Fatelo, solo due minuti, ma vi farà bene, ve lo assicuro.