· Città del Vaticano ·

L’altra copertina

Per incontrare Gesù è necessario fare esperienza di lui

 Per incontrare Gesù  è necessario  fare esperienza  di lui  ODS-005
03 dicembre 2022

«Ma va, non ci credo. Non è vero!». Mi risuonano ancora queste parole, chiare e forti, dentro il mio spirito, e vedo ancora il bambino seduto in terra, in cerchio, che le pronuncia, imbronciato e stizzito, quando alla fine degli anni ’70 cercavo di parlare ai bambini, di seconda o terza elementare, del Natale.

Volevo far capire loro il fatto, reale… un luogo, un posto, una città — Betlemme — dove Gesù era nato. E pensavo: non c’è niente di meglio che raccontare un’esperienza. La mia esperienza. Del cammino che avevo fatto insieme con un gruppo di giovani partendo da Gerusalemme, passando per la “valle dei re” per raggiungere Betlemme, otto chilometri, salendo per la collina che porta alla città di Giuda, fermandomi nel luogo cosiddetto “campo dei pastori”. In Palestina, tanti, tanti anni fa.

Raccontavo, raccontavo. Estate, mese di agosto, grande caldo. Il tutto condito da un aneddoto che ha caratterizzato il momento. Con quel clima camminavamo, in fondo alla valle, accaldati e stanchi. Avevamo finito l’acqua. Che fare? In una grotta profonda sul crinale del terreno abbiamo visto un gregge, lì agglutinato per il gran calore. Ci siamo avvicinati. C’erano dei pastori. Con il coraggio del bisogno abbiamo chiesto dell’acqua. Generosamente è uscito un pastore, con in mano un barattolo della conserva utilizzato per bere. Acqua… sì acqua, ma con qualche dubbio sulla sua purezza; ma i ragazzi se la sono passata calmando la sete. La meraviglia più grande fu il vedere — con noi c’era anche il professore di greco e latino, schizzinoso, che non avrebbe mai fatto una cosa simile — l’aristocratico insegnante anche lui attaccato al barattolo a dissetarsi.

A questo punto del racconto, il bambino mi ha interrotto dicendo: «Ma va, non ci credo, non è vero! Io a Palestrina ci vado tutte le domeniche da mio zio… queste cose non ci sono!».

Grande risata da parte di noi grandi. Ma quel bambino aveva ragione! Lui non sapeva dell’esistenza della Palestina ed ha pensato immediatamente a Palestrina, piccola città intorno a Roma, dove il padre lo portava la domenica. A Palestrina non ci sono greggi vaganti, non ci si arriva passando per la valle dei re. Quel bambino aveva ragione. Le sue parole poggiavano sulla sua esperienza.

La nostra esperienza. Per incontrare Gesù è necessario fare esperienza di lui. È necessario che qualcuno ce ne parli. «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza, e vi annunciamo la vita eterna che era presso il Padre e che si è resa visibile a noi…. Queste cose vi scriviamo perché la nostra gioia sia perfetta».

Allora possiamo anche andare lì, con la nostra fantasia e con la nostra sensibilità e partecipare all’evento. In mezzo ad un gregge, nella notte, in una grotta la Vergine Maria ha partorito il figlio di Dio. Nel nascondimento e nella solitudine.

Uno scrittore dei tempi nostri, riflettendo su questo momento, ha avuto il coraggio di scrivere, mettendo sulla bocca di Maria tali parole:

Mi fa paura che non piangi, figlio.

Com’è che non hai pianto, figlio mio, com’è che non hai pianto?

Non è che non puoi piangere, non è che non potrai parlare?

Meglio sarebbe, saresti in salvo, meglio sarebbe se fossi muto.

Si dà troppa importanza alle parole; finisce che costringono all’esilio, alla prigione o peggio.

Ma no che non sei muto e nemmeno stupito di star fuori di me.

Ma no che non sei muto e nemmeno sfiorato dal mondo intorno a te.

Muta, ero io davanti all’angelo, muta ero io.

Stupita io davanti all’angelo, sfiorata io.

Figlio di un vento di parole addosso a me. Invece tu sarai un vaso di frasi.

del cardinale Enrico Feroci