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Il dono di un’amicizia

 Il  dono  di un’amicizia  ODS-005
03 dicembre 2022

Ci sono dei giorni nella vita di ognuno di cui raramente siamo consapevoli, ma che marcheranno in futuro cambiamenti di percorso, se non addirittura di vita, non previsti in quel momento.

A me è successo così... il giorno di Natale del 1988.

In compagnia del famoso scrittore svizzero Freidrich Dürrenmatt e consorte, durante una breve vacanza romana proposi loro di visitare la magnifica chiesa di Santa Maria in Trastevere, vicino a dove avevamo pranzato. Entrati nella basilica ci si presentò uno spettacolo che ci lasciò senza fiato... Nella penombra della chiesa, tavole imbandite invece di banchi di preghiera e commensali a dir poco eterogenei e insoliti… zingari, barboni, vecchi, bambini, gente di colore, tutti con il vestito "buono" e  serviti da tanti ragazzi volontari. Ci trovammo di fronte a ciò che oggi sappiamo essere il celebre Pranzo di Natale della Comunità di sant’Egidio.

Trentacinque anni fa erano i primi passi di quel Pranzo di Natale, che si svolgeva quasi in segretezza. E noi ne siamo stati testimoni! Oggi, il Pranzo di Natale si svolge in centinaia di paesi, in chiese, ospedali, prigioni di tutto il mondo.

Colpiti da quella visione straordinaria, Dürrenmatt ne dipinse un quadro (uno degli ultimi prima di morire poco tempo dopo) e io che lavoravo alla Rai, come regista e giornalista, decisi che dovevo assolutamente riprendere l’anno successivo quell’incredibile avvenimento.

E così è stato! Ci ho messo tre anni a terminare il documentario ("Altro Natale"), anni di grande trasformazione personale e lavorativa, grazie anche alla frequentazione assidua con i volontari della Comunità, fra i tanti, Francesca, Mario, Cristina, Tonino, e, insieme a loro, i molti "amici" che proteggevano e custodivano, ieri come oggi.

Fra questi Antonella Chitò, una donna che ha vissuto molta della sua infanzia e adolescenza per strada, e che, 35 anni, 2 documentari e un libro dopo, considero non solo un’amica, ma una persona che mi ha coinvolto in realtà e mondi tanto diversi da quelli che il destino mi aveva assegnato fino ad allora.

Antonella nasce a Brescia, ultima di quattro figli. La madre fa la cuoca.

Antonella ha una venerazione per il padre, il quale però si ammala gravemente, la madre non riesce ad accudirlo e si accompagna a un alto uomo. Antonella è una ribelle e ha da ridire su come la madre gestisce la situazione. E a forza di litigare finisce per scappare. Ha undici anni. E passeranno molti anni ed esperienze terribili, prima che Antonella ritorni a casa.

La vita di Antonella è una litania di drammi e tragedie ai limiti della sopravvivenza e della disperazione: droga, stupri, manicomio. A quindici anni partorisce un bimbo che le viene portato via. Tenta il suicidio. Da sempre però trova un piccolo sollievo nell’annotare frasi, pensieri e poesie su pezzetti di carta, molti dei quali però si perdono lungo la strada.

Antonella però, come molti poeti ha tanti giorni di solitudine, ma anche di speranza. Fa amicizia con altri che vivono per strada e sente la loro solidarietà. E, anche quando viene sfregiata da spacciatori a cui ha rubato della droga, trova chi l’aiuta e la protegge. È incinta, si droga, ma un giorno per strada incontra un ragazzo, Rocco, che si innamora di lei, la sposa, la porta a vivere a casa e adotta il bimbo Valerio nato di lì a poco. Ma Antonella non ce la fa a vivere "normalmente".

Non resiste a lungo, soprattutto alla tossicodipendenza e all’alcol. E ritorna per strada. Rocco e Valerio scompaiono dalla sua vita. Valerio si farà vivo anni dopo, quando trova casualmente il libro di poesie che la madre ha scritto insieme con me («Angeli sulla strada», Edizioni Sensibili alle Foglie, 2019) e decide di raggiungerla.

In preda alla disperazione Antonella pensa di mettere fine alla sua vita, ma ancora una volta c’è chi le viene incontro: Boris, uno iugoslavo la porta con sé a vivere sotto un ponte sull’Aniene e lì Antonella rimane incinta di Violetta, la tanto desiderata bambina! Passano, malgrado tutto, giorni felici, e, per non farsi portare via la figlia, decidono di occupare una casa.

Ancora una volta Antonella è in una casa, quattro mura intorno e poco altro... Passano i mesi e alla famiglia si aggiunge un altro fratellino, Ivan.

Antonella vive facendo la "colletta" (l’elemosina), ma soprattutto nel rapporto con Violetta vive una specie di reincarnazione. Amare Violetta è come amare se stessa, e le restituisce tutto l’amore che non ha mai ricevuto. Intanto la vita continua. Ivan cresce, Boris se ne va, e la casa ad Antonella ridiventa stretta…

Prova a trasferirsi a Brescia dalla famiglia, ma dopo poco è nuovamente a Roma per strada con i figli adolescenti.

Antonella a quel punto è costretta a iniziare un percorso di vita in case di accoglienza. Ne frequenta tante e finalmente, dopo vari anni, adesso è ricoverata in una dove si trova bene. Ivan viene inserito in una casa famiglia, e oggi ha un lavoro ed è fidanzato. E Violetta? Beh, Violetta è una bella ragazza che ha finito il liceo, ha un lavoro, ama decorare con il vetro e si occupa della madre. E come la madre scrive poesie... È il vero miracolo di Antonella!

Violetta mi chiama “zia”. L’ho vista crescere e fa parte della mia vita e da 34 anni ci sentiamo e, anche se raramente, ci vediamo: È una ragazza bella, dolce, simpatica e intelligente... e disturbata. Come poteva non esserlo, con tutto quello che ha passato, ma istinto di sopravvivenza e tanta fiducia le hanno fatto fare scelte fondamentali verso un maggior benessere.

Al ritorno da Brescia, senza casa e con Antonella costretta in strutture di accoglienza, Violetta si è trovata da sola una famiglia che la accogliesse! La famiglia di un suo compagno di classe che l’ha presa con sé e ne ha ottenuto l’affidamento. Violetta con gratitudine dice sempre che è l’unico aspetto della sua vita che le offre un minimo di stabilità...

Vive la sua vita, ha un bel cane, è sostenuta anche da una psicologa, lavora cinque volte alla settimana e quando può va a trovare la madre nella clinica che la ospita. Fa parte di un gruppo che scrive poesie soprattutto come terapia medica. È una bella iniziativa e aiuta le persone a ritrovare la loro creatività, oltre che a raccontare storie di disagio e di emarginazione.

Oggi, ripensando a quel Natale di 35 anni fa, capisco meglio quanto l’incontro con Antonella e Violetta abbia inciso sulla mia vita: ho potuto osservare nello sradicamento altrui anche il mio e ho avuto modo di vivere un’amicizia inaspettata e interessante, che dura nel tempo, malgrado i tanti dolori, ma anche accompagnata da tanti momenti di gioco e di allegria.

Questa amicizia tra donne di età ed estrazioni diverse, inizialmente favorito dallo scrivere insieme, si è poi trasformata in un’esperienza di vita, un vero allenamento nel mettere insieme testa e cuore. E come dice Antonella:
«Ho bisogno di riunire cuore e cervello per decidere una volta per tutte tra odio e amore, fiducia e sfiducia, possesso e libertà. Diventare finalmente adulta con sentimenti normali, normale solo nei sentimenti perché è l’unica normalità che desidero, per il resto sarò sempre contro, finché la società non sarà anche lei normale, capace di accogliere e amare anche chi è diverso da te...».

Un’indicazione per tutti noi, per Natale e non solo...

Antonella Chitò e Maria Bosio