· Città del Vaticano ·

La buona notizia (Lc 23, 35-43)
Il Vangelo della solennità di Cristo re dell’universo

Porte aperte per il Paradiso

 Porte aperte per il Paradiso  QUO-261
15 novembre 2022

Quando ormai sta per compiersi la missione d’amore del Figlio di Dio, giunti al climax del racconto lucano, risuona con forza la voce del tentatore. Torna all’attacco quel sibilo fastidioso che Cristo aveva udito nel deserto, dopo il battesimo al Giordano e la dichiarazione d’amore pubblica e solenne del Padre.

Quella voce malefica è così diversa da quella del «profeta dell’Altissimo» (Luca, 1, 76), Giovanni, vulnerabile sin dal grembo materno al suono della Parola di Dio, che da grande sarà l’apripista del Messia, l’amico dello sposo, la lampada che arde e risplende. Quella voce distruttiva vuole sbarrare la strada a Gesù per impedirgli prima di iniziare la sua missione salvifica e poi di portarla al suo pieno compimento.

Si odono, sotto la Croce, parole velenose abili a iniettare il sospetto. Sono parole pronunciate dalla bocca di uomini, ma provengono dal serpente antico che è «omicida fin da principio» perché «in lui non c’è verità» e, dicendo ogni sorta di falsità, «dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Giovanni, 8, 44). Fioccano gli insulti e s’inasprisce la derisione. Il Figlio di Dio è calpestato nella sua dignità divina, ma anche umana. Sei tu «il Cristo di Dio», «l’eletto», «il re dei Giudei»? Se lo sei, scendi dalla croce, salvati, scappa via. Parole provocatorie, che puntano a destabilizzare Gesù che è totalmente disarmato, inerme, impotente.

Torna sulla Croce la lotta, il “corpo a corpo” del Getsemani, quando il Figlio vince pregando il Padre e facendosi presente all’Onnipresente per non cadere nel laccio della tentazione (cfr. Luca, 22, 40), quando la volontà umana vorrebbe sterzare ruotando il volante altrove ma poi sposa quella divina e ad essa si unisce: «Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà» (Luca, 22, 42). L’abbandono permette a Cristo di entrare nella lotta e di riportare la vittoria sullo sconforto pregando più intensamente. Gocce di sangue ornano la sua fronte e bagnano la terra riarsa che comincia a germogliare. Fare la volontà altrui e non la propria è l’espressione genuina dell’amore, la movenza della fecondità presente nel seno della Trinità come pure sulla terra dei viventi.

Il popolo dell’Alleanza non si è accorto della visita del suo Dio (cfr. Luca, 19, 44) e ha condannato il giusto nella più bieca ignoranza. Di questa ignoranza si fa portavoce anche uno dei due malfattori appesi alla croce: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!» (Luca, 23, 39). È la tentazione di un messianismo che si impone in modo spettacolare, ma Gesù non è venuto per fare magie, né per salvare se stesso: «Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà» (Luca, 9, 24). L’altro malfattore non accetta le parole di scherno del suo compagno di sventura e prende le difese di Gesù vedendo in lui il vero Dio: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male» (Luca, 23, 40-41). Dinanzi a Gesù, i due ladroni hanno reazioni contrastanti: uno riprende le espressioni di scherno dei capi e dei soldati e condanna Gesù, mentre l’altro lo scagiona. Il ladrone “buono” giunge persino a rivolgere a Gesù una richiesta: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Luca, 23, 42).

E il Cristo, nella debolezza della pecora condotta al macello, assiso sul trono del perdono, manifesta la forza dell’amore misericordioso e tenero del Padre spalancando le porte del suo regno: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso» (Luca, 23, 43). Gesù torna al Padre facendo piovere dal cielo una pioggia abbondante di perdono. Dalla sua Pasqua in avanti il Cielo sarà spalancato perché possiamo entrarvi per sedere a mensa col Padre e l’Agnello e gustare la comunione dello Spirito Santo per l’eternità.

di Rosalba Manes