· Città del Vaticano ·

Udienza a Comunione e Liberazione nel centenario della nascita del fondatore don Luigi Giussani

Con il Papa
nella profezia per la pace

 Con il  Papa  nella profezia per la pace  QUO-237
15 ottobre 2022

«Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace — Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa davvero, lo dico davvero: mi spaventa —; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale; nella profezia che annuncia la presenza di Dio in ogni nazione e cultura, andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli». Con queste parole Papa Francesco si è rivolto alla “compagnia” di Comunione e Liberazione ricevuta — sabato mattina 15 ottobre, in piazza San Pietro — in occasione del centenario della nascita del fondatore Luigi Giussani (1922-2005). Ecco il discorso del Pontefice.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno e benvenuti!

Siete venuti in tanti, dall’Italia e da vari Paesi. Il vostro movimento non perde la sua capacità di radunare e mobilitare. Vi ringrazio di aver voluto manifestare la vostra comunione con la Sede Apostolica e il vostro affetto per il Papa. Ringrazio il Presidente della Fraternità, prof. Davide Prosperi, come pure Hassina e Rose, che hanno condiviso le loro esperienze. Saluto il Cardinale Prefetto, il Cardinal Farrell, e i Cardinali e Vescovi presenti.

Siamo riuniti per commemorare il centenario della nascita di Mons. Luigi Giussani. E lo facciamo con gratitudine nell’animo, come abbiamo sentito da Rose e Hassina. Io esprimo la mia personale gratitudine per il bene che mi ha fatto, come sacerdote, meditare alcuni libri di don Giussani — da prete giovane —; e lo faccio anche come Pastore universale per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa. E come potrebbero non ricordarlo con gratitudine commossa quelli che sono stati i suoi amici, i suoi figli, i discepoli? Grazie alla sua paternità sacerdotale appassionata nel comunicare Cristo, essi sono cresciuti nella fede come dono che dà senso, ampiezza umana e speranza alla vita. Don Giussani è stato padre e maestro, è stato servitore di tutte le inquietudini e le situazioni umane che andava incontrando nella sua passione educativa e missionaria. La Chiesa riconosce la sua genialità pedagogica e teologica, dispiegata a partire da un carisma che gli è stato dato dallo Spirito Santo per l’“utilità comune”. Non è una mera nostalgia ciò che ci porta a celebrare questo centenario, ma è la memoria grata della sua presenza: non solo nelle nostre biografie e nei nostri cuori, bensì nella comunione dei santi, da dove intercede per tutti i suoi.

So, cari amici, fratelli e sorelle, che non sono per niente facili i periodi di transizione, quando il padre fondatore non è più fisicamente presente. Lo hanno sperimentato tante fondazioni cattoliche nel corso della storia. Bisogna ringraziare padre Julian Carrón per il suo servizio nella guida del movimento durante questo periodo e per aver mantenuto fermo il timone della comunione con il pontificato. Tuttavia, non sono mancati seri problemi, divisioni, e certo anche un impoverimento nella presenza di un movimento ecclesiale così importante come Comunione e Liberazione, da cui la Chiesa, e io stesso, spera di più, molto di più. I tempi di crisi sono tempi di ricapitolazione della vostra straordinaria storia di carità, di cultura e di missione; sono tempi di discernimento critico di ciò che ha limitato la potenzialità feconda del carisma di don Giussani; sono tempi di rinnovamento e rilancio missionario alla luce dell’attuale momento ecclesiale, come pure delle necessità, delle sofferenze e delle speranze dell’umanità contemporanea. La crisi fa crescere. Non va ridotta al conflitto, che annulla. La crisi fa crescere.

Sicuramente don Giussani sta pregando per l’unità in tutte le articolazioni del vostro movimento; sicuro. Voi sapete bene che unità non vuol dire uniformità. Non abbiate paura delle diverse sensibilità e del confronto nel cammino del movimento. Non può essere diversamente in un movimento nel quale tutti gli aderenti sono chiamati a vivere personalmente e condividere corresponsabilmente il carisma ricevuto. Tutti lo vivono originalmente e anche in comunità. Questo sì è importante: che l’unità sia più forte delle forze dispersive o del trascinarsi di vecchie contrapposizioni. Un’unità con chi e con quanti guidano il movimento, unità con i Pastori, unità nel seguire con attenzione le indicazioni del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, e unità con il Papa, che è il servitore della comunione nella verità e nella carità.

Non sprecate il vostro tempo prezioso in chiacchiere, diffidenze e contrapposizioni. Per favore! Non sprecare il tempo!

Adesso vorrei ricordare alcuni aspetti della ricca personalità di don Giussani: il suo carisma, la sua vocazione di educatore, il suo amore alla Chiesa.

1. Don Giussani uomo carismatico. È stato certamente un uomo di grande carisma personale, capace di attrarre migliaia di giovani e di toccare il loro cuore. Ci possiamo chiedere: da dove veniva il suo carisma? Proveniva da qualcosa che aveva vissuto in prima persona: da ragazzo, a soli quindici anni, era stato folgorato dalla scoperta del mistero di Cristo. Aveva intuito — non solo con la mente ma con il cuore — che Cristo è il centro unificatore di tutta la realtà, è la risposta a tutti gli interrogativi umani, è la realizzazione di ogni desiderio di felicità, di bene, di amore, di eternità presente nel cuore umano. Lo stupore e il fascino di questo primo incontro con Cristo non lo hanno più abbandonato. Come disse alle sue esequie l’allora Cardinale Ratzinger: «Sempre don Giussani ha tenuto fisso lo sguardo della sua vita e del suo cuore verso Cristo. Ha capito in questo modo che il cristianesimo non è un sistema intellettuale, un pacchetto di dogmi, un moralismo, ma che il cristianesimo è un incontro; una storia d’amore; è un avvenimento». Qui sta la radice del suo carisma. Don Giussani attraeva, convinceva, convertiva i cuori perché trasmetteva agli altri ciò che portava dentro dopo quella sua fondamentale esperienza: la passione per l’uomo e la passione per Cristo come compimento dell’uomo. Tanti giovani lo hanno seguito perché i giovani hanno un grande fiuto. Quello che diceva veniva dal suo vissuto e dal suo cuore, perciò ispirava fiducia, simpatia e interesse.

Il Presidente ha detto che vi impegnate affinché il carisma donato a don Giussani per il bene di tutta la Chiesa produca sempre nuovi frutti. Questa è la custodia saggia del dono trasmesso a voi, una custodia che non è solo conservativa del passato ma che, vivificata dallo Spirito Santo, sa riconoscere e accogliere i nuovi germogli di questo albero che è il vostro movimento, che vive nella terra buona della comunione ecclesiale.

A questo proposito vi chiederete: come possiamo rispondere alle esigenze di cambiamento del tempo presente custodendo il carisma? Anzitutto, è importante ricordare che non è il carisma a dover cambiare: esso va sempre nuovamente accolto e fatto fruttificare nell’oggi. I carismi crescono come crescono le verità del dogma, della morale: crescono in pienezza. Sono i modi di viverlo che possono costituire un ostacolo o addirittura un tradimento al fine per il quale il carisma è stato suscitato dallo Spirito Santo. Riconoscere e correggere le modalità fuorvianti, laddove necessario, non è possibile se non con atteggiamento umile e sotto la guida sapiente della Chiesa. E questo atteggiamento di umiltà lo riassumerei con due verbi: ricordare, ossia riportare al cuore, ricordare l’incontro con il Mistero che ci ha condotti sin qui; e generare, guardando avanti con fiducia, ascoltando i gemiti che lo Spirito oggi nuovamente esprime. «L’uomo umile, la donna umile ha a cuore anche il futuro, non solo il passato, perché sa guardare avanti, sa guardare i germogli, con la memoria carica di gratitudine. L’umile genera, l’umile invita e spinge verso ciò che non si conosce. Invece il superbo ripete, si irrigidisce […], va indietro e si chiude nella sua ripetizione, si sente sicuro di ciò che conosce e teme, teme sempre il nuovo perché non può controllarlo, se ne sente destabilizzato… perché? Perché ha perso la memoria»1. Guardate la memoria del fondatore.

Carissimi, abbiate a cuore il dono prezioso del vostro carisma e la Fraternità che lo custodisce, perché esso può far “fiorire” ancora molte vite, come ci hanno testimoniato Hassina e Rose. La potenzialità del vostro carisma è ancora in gran parte da scoprire, ancora c’è gran parte da scoprire; vi invito perciò a rifuggire da ogni ripiegamento su voi stessi, dalla paura — la paura non ti porterà mai a un buon porto — e dalla stanchezza spirituale, che ti porta alla pigrizia spirituale. Vi incoraggio a trovare i modi e i linguaggi adatti perché il carisma che don Giussani vi ha consegnato raggiunga nuove persone e nuovi ambienti, perché sappia parlare al mondo di oggi, che è cambiato rispetto agli inizi del vostro movimento. Ci sono tanti uomini e tante donne che non hanno ancora fatto quell’incontro con il Signore che ha cambiato e reso bella la vostra vita!

2. Secondo aspetto: don Giussani educatore. Fin dai primi anni del suo ministero sacerdotale, di fronte allo smarrimento e all’ignoranza religiosa di molti giovani, don Giussani sentì l’urgenza di comunicare loro l’incontro con la persona di Gesù che lui stesso aveva sperimentato. Don Luigi aveva una capacità unica di far scattare la ricerca sincera del senso della vita nel cuore dei giovani, di risvegliare il loro desiderio di verità. Da vero apostolo, quando vedeva che nei ragazzi si era accesa questa sete, non aveva paura di presentare loro la fede cristiana. Ma senza mai imporre nulla. Il suo approccio ha generato tante personalità libere, che hanno aderito al cristianesimo con convinzione e passione; non per abitudine, non per conformismo, ma in modo personale e in modo creativo. Don Giussani aveva una grande sensibilità nel rispettare l’indole di ognuno, rispettare la sua storia, il suo temperamento, i suoi doni. Non voleva persone tutte uguali e non voleva nemmeno che tutti imitassero lui, che ognuno fosse originale, come Dio lo ha fatto. E infatti quei giovani, crescendo, sono diventati, ciascuno secondo la propria inclinazione, presenze significative in diversi campi, sia nel giornalismo, nella scuola, nell’economia, nelle opere caritative e di promozione sociale.

Questa, amici, è una grande eredità spirituale che vi ha lasciato don Giussani. Vi esorto a nutrire in voi la sua passione educativa, il suo amore per i giovani, il suo amore per la libertà e la responsabilità personale di ciascuno di fronte al proprio destino, il suo rispetto per l’unicità irripetibile di ogni uomo e ogni donna.

3. E terzo: Giussani figlio della Chiesa. Don Giussani è stato un sacerdote che ha amato tanto la Chiesa. Anche in tempi di smarrimento e di forte contestazione delle istituzioni, ha sempre mantenuto con fermezza la sua fedeltà alla Chiesa, per la quale nutriva un grande affetto — amore! —, quasi una tenerezza, e nello stesso tempo una grande riverenza, perché credeva che essa è la continuazione di Cristo nella storia. Diceva: «Tu hai incontrato questa compagnia: questa è la modalità con cui il mistero di Gesù […] ha bussato a casa tua»2. Usava questa bella espressione: la “compagnia”. I gruppi del movimento erano per lui una “compagnia” di persone che avevano incontrato Cristo. E, in definitiva, la Chiesa stessa è la “compagnia” dei battezzati che tutto tiene insieme, da cui tutto trae vita, e che ci mantiene nel giusto cammino.

Don Giussani ha insegnato ad avere rispetto e amore filiale per la Chiesa e, con grande equilibrio, ha saputo sempre tenere insieme il carisma e l’autorità, che sono complementari, entrambi necessari. Voi cantate spesso nei vostri incontri il canto “La strada”. Giussani, proprio usando la metafora della strada diceva: «L’autorità assicura la strada giusta, il carisma rende bella la strada»3. Senza autorità si rischia di andare fuori strada, di andare in una direzione sbagliata. Ma senza il carisma il cammino rischia di diventare noioso, non più attraente per la gente di quel particolare momento storico.

Anche tra voi, alcuni sono incaricati di un compito di autorità e di governo, per servire tutti gli altri e indicare la strada giusta. Questo consiste, in concreto, nel guidare e rappresentare il movimento, nel favorirne lo sviluppo, nel portare avanti progetti apostolici specifici, nell’assicurare la fedeltà al carisma, nel tutelare i membri del movimento, nel promuovere il loro cammino cristiano e la loro formazione umana e spirituale. Ma accanto al servizio dell’autorità è fondamentale che, in tutti i membri della Fraternità, rimanga vivo il carisma, affinché la vita cristiana conservi sempre il fascino del primo incontro. Non dimenticatevi mai di quella prima Galilea della chiamata, di quella prima Galilea dell’incontro. Sempre tornare lì, a quella prima Galilea che ognuno di noi ha vissuto. Questo ci darà forza per andare sempre in obbedienza nella Chiesa. Questo è ciò che “rende bella la strada”. Così i movimenti ecclesiali contribuiscono, con i loro carismi, a mostrare il carattere attraente e di novità del cristianesimo; e all’autorità della Chiesa spetta indicare con saggezza e prudenza su quale via i movimenti devono camminare, per rimanere fedeli a sé stessi e alla missione che Dio ha affidato loro. Con parole di don Giussani possiamo affermare che «è un’esigenza irrinunciabile dell’incarnazione questo continuo scambio tra istituzione e carisma. In nessun modo questo rapporto tra grazia e libertà può essere pensato in alternativa dialettica, quasi che l’istituzione non sia il carisma e che il carisma non abbia bisogno dell’istituzione. Un carisma va istituzionalizzato. E un’istituzione deve mantenere la dimensione carismatica. Essi sono alla fine l’unica realtà della Chiesa. Si potrebbe forse pensare l’organismo umano senza lo scheletro che lo sostiene? Così non è pensabile che la Chiesa viva senza istituzione»4.

Voi sapete che la scoperta di un carisma passa sempre attraverso l’incontro con persone concrete. Queste persone sono testimoni che ci permettono di accostarci a una realtà più grande, che è la comunità cristiana, la Chiesa. È nella Chiesa che l’incontro con Cristo rimane vivo. È la Chiesa il luogo in cui tutti i carismi vengono custoditi, alimentati e approfonditi. Pensiamo, negli Atti degli Apostoli, all’episodio di Filippo e dell’eunuco, funzionario della regina di Etiopia. Filippo fu determinante per la sua conversione, egli fu il mediatore dell’incontro con Cristo per quell’uomo in cerca della verità. Ebbene, come termina questo episodio? Filippo battezza l’eunuco e il testo dice: «Quando risalirono dall’acqua, lo Spirito del Signore rapì Filippo e l’eunuco non lo vide più» (At 8, 39). “Non lo vide più”! Dopo averlo condotto a Cristo, Filippo scompare dalla vita dell’eunuco! Ma la gioia dell’incontro con Cristo rimane, — quella gioia dell’incontro rimane sempre! — infatti il racconto aggiunge: «E pieno di gioia, proseguiva la sua strada». Tutti siamo chiamati a questo: essere mediatori per gli altri dell’incontro con Cristo, e poi lasciare che essi percorrano la loro strada, senza legarli a noi.

E, per concludere, vorrei chiedervi un aiuto concreto per oggi, per questo tempo. Vi invito ad accompagnarmi nella profezia per la pace — Cristo, Signore della pace! Il mondo sempre più violento e guerriero mi spaventa davvero, lo dico davvero: mi spaventa —; nella profezia che indica la presenza di Dio nei poveri, in quanti sono abbandonati e vulnerabili, condannati o messi da parte nella costruzione sociale; nella profezia che annuncia la presenza di Dio in ogni nazione e cultura, andando incontro alle aspirazioni di amore e verità, di giustizia e felicità che appartengono al cuore umano e che palpitano nella vita dei popoli. Arda nei vostri cuori questa santa inquietudine profetica e missionaria. Non rimanere fermi.

Carissimi, amate sempre la Chiesa. Amate e preservate l’unità della vostra “compagnia”. Non lasciate che la vostra Fraternità sia ferita da divisioni e contrapposizioni, che fanno il gioco del maligno; è il suo mestiere: dividere, sempre. Anche i momenti difficili possono essere momenti di grazia, e possono essere momenti di rinascita. Comunione e Liberazione nacque proprio in un tempo di crisi quale fu il ’68. E in seguito don Giussani non si è spaventato dei momenti di passaggio e di crescita della Fraternità, ma li ha affrontati con coraggio evangelico, affidamento a Cristo e in comunione con la madre Chiesa.

Ringraziamo insieme il Signore oggi per il dono di don Giussani. Invochiamo lo Spirito Santo e l’intercessione della Vergine Maria, perché tutti voi possiate proseguire, uniti e gioiosi, sulla strada che egli vi ha mostrato con libertà, creatività e coraggio. Di cuore vi benedico. E per favore, vi chiedo di pregare per me. Grazie.


1 Discorso al Collegio Cardinalizio e alla Curia Romana, 23 dicembre 2021.

2 L. Giussani, Dal temperamento un metodo. I libri dello spirito cristiano: quasi Tischreden, 6, Milano 2002, p. 7.

3 Id., Un avvenimento nella vita dell’uomo, Milano 2020, p. 249.

4 Id., Supplemento a Litterae Communionis-LC, n. 11/1985.


Quell’offerta delle povere donne di Kampala per convertire i cuori di chi fa la guerra


«Poche e povere lacrime offerte al cuore di Dio per convertire  i cuori di chi sta facendo la guerra»: così alcune donne africane di Kampala, che di lavoro fanno le spaccapietre, definiscono «i soldi raccolti» e donati per sostenere le vittime del conflitto in Ucraina. A riferire al Papa  il loro gesto di solidarietà — perché «la carità non fa calcoli» — è stata Rose Busingye, infermiera impegnata con le malate di Aids nelle baraccopoli della capitale dell’Uganda. La memor Domini ha offerto la propria testimonianza in una piazza San Pietro gremita da circa sessantamila membri e amici  di Comunione e Liberazione (CL). In un’atmosfera di festa per il centenario di nascita di don Luigi Giussani, hanno atteso il Pontefice tra canti e preghiere e filmati con le immagini del fondatore, e quando Francesco è apparso a bordo della papamobile  lo hanno accolto con un lungo, calorosissimo applauso. A bordo, lungo il tragitto che ha toccato anche via della Conciliazione fino al sagrato della basilica vaticana, il vescovo di Roma ha voluto farsi accompagnare da alcuni bambini.

Nel suo intervento Rose ha parlato della povertà enorme dell’ambiente in cui  comunica «l’amore eterno di Dio anche facendo una semplice puntura a un paziente». Si tratta di gente «miserevole agli occhi dei più», che però ha potuto scoprire come «appartenendo a Cristo tutto appartenesse loro». In particolare le mamme ugandesi che spaccano pietre per sopravvivere — ha spiegato — «desiderano che nessuno si senta solo o abbandonato. Per questo nel 2005, quando seppero della catastrofe causata negli Stati Uniti dall’uragano Katrina, hanno voluto devolvere tutto il frutto del loro lavoro  di settimane per aiutare le famiglie»; e «per lo stesso motivo, quando hanno sentito della guerra in Ucraina hanno immediatamente cominciato a dare quel poco che avevano», ha concluso. 

Anche nell’esperienza della giovane Hassina Houari un ricordo del fondatore, anche se non lo ha mai incontrato in persona. «Avevo 15 anni la prima volta che sono andata a Portofranco, Centro di aiuto allo studio gratuito per studenti  nato a Milano e diffuso ora in 40 città in Italia. Mi ha colpito la foto di Giovanni Paolo ii che baciava sulla fronte un vecchietto. Crescendo ho scoperto che era don Giussani». 

Dopo aver «iniziato a frequentare Portofranco — ha detto ancora —, in breve tempo ci passavo tutti i pomeriggi. Avevo trovato amici» e «un giorno mi hanno invitato a una vacanza» dove nel giugno 2009 «ho capito di non essere stata abbandonata, nonostante mio padre ci avesse lasciati quando avevo 7 anni.  Anche mia mamma, originaria del Marocco, è molto grata a Portofranco: “Per me è stato come un marito, perché mi ha aiutato ad educare mia figlia”».

A introdurre l’incontro è stato Davide Prosperi, presidente della Fraternità di CL, che ha rievocato i precedenti incontri vissuti con i Papi Montini, Wojtyła, Ratzinger e lo stesso Bergoglio. «Il 7 marzo 2015 lei ci raccomandò di non essere adoratori delle ceneri» del fondatore «ma di tenere vivo il suo fuoco», ha esordito. E «questo fuoco è vivo anche a 17 anni dalla sua morte» — ha aggiunto —, come emerso dalle due testimonianze scelte quali segni «della vitalità di ciò che don Giussani ha generato». 

Ringraziando Papa Bergoglio che «ci ha aiutati in questi ultimi anni, soprattutto attraverso il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, a immaginare e intraprendere un nuovo slancio missionario, una nuova pagina della nostra storia», il presidente ha assicurato «che assieme ai  responsabili e a tutto il movimento stiamo seguendo con  attenzione le indicazioni della Santa Sede, affinché il carisma che lo Spirito Santo ha donato a don Giussani produca nuovi frutti».

Del resto, ha aggiunto, il  «centenario ha suscitato tante iniziative, con l’intento di allargare l’attenzione alle periferie del mondo e dell’anima. C’è tanta desolazione, tanti drammi nei cuori degli uomini e nello stesso tempo un’infinita attesa di Cristo. In questa piazza, nell’occasione del primo incontro mondiale dei movimenti ecclesiali nella Pentecoste 1998, don Giussani concluse così il discorso davanti a Giovanni Paolo ii: “Il vero protagonista della storia è il mendicante: Cristo mendicante del cuore dell’uomo e il cuore dell’uomo mendicante di Cristo”», ha ricordato Prosperi.