· Città del Vaticano ·

L’altra copertina

Due orecchie, una bocca

 Due orecchie, una bocca  ODS-003
01 ottobre 2022

«Mamma… io parlo ma tu non mi ascolti!» è la frase che mi ha riferito in confessione una donna, raccontandomi il disagio della figlia che la incolpava — e lei se ne pentiva — di viaggiare sui suoi pensieri invece di porre attenzione alle parole o meglio alla vita della figlia adolescente.

Mamma non mi ascolti! Questo grido è anche però una fotografia dei nostri tempi. Con il cellulare in mano pretendiamo di seguire una conversazione ed intervenire per rispondere alle sollecitazioni dell’altro. Il vero ascolto è quello di chi è capace di non fare dentro di sé, mentre l’altro parla, un discorso parallelo che diventa l’oggetto della nostra attenzione.

La Bibbia dice che Dio ha creato l’uomo con due orecchie ed una bocca per ricordargli che l’ascoltare è molto più importante del parlare. Per questo ogni giorno il pio israelita inizia la sua giornata ripetendo il comando del Signore: Shemà Israel… cioè ascolta Israele!» ...ascolta... due orecchie una bocca.

Mi viene in mente la meraviglia dei miei parrocchiani, quando molti anni fa, la notte di Natale, entrati in chiesa hanno visto attaccati sui muri, sulle colonne, sul soffitto, tanti fogli di diverse grandezze che dicevano «attenzione… attenzione... attenzione...» e guardando l’altare, al suo fianco hanno visto un cassonetto con sopra una lastra di plexiglas mantenuta da fili invisibili di nailon che sorreggeva un bambinello. Pochi giorni prima le cronache dei giornali avevano tuonato per stigmatizzare il ritrovamento in un cassonetto di un bimbo. Ricordo l’effetto dirompente nei volti dei fedeli… forte l’immagine, terribile l’accaduto, ma a ben considerare anche il Signore aveva fatto questo… lui si è immerso nella nostra sporcizia e da lì ci ha tirato fuori con la sua risurrezione... Attenzione!… per quello che è avvenuto… gioisci per il dono che ti è stato fatto… Ma non fermarti! L’ascolto con le orecchie è vero se ti porta ad avere l’ascolto con il cuore… Ricorda quello che ha fatto Dio… ascoltò il grido del suo popolo e se ne prese cura. E le mani, il corpo, si muovono verso il servizio.

Conservo ancora il grido di dolore racchiuso in queste parole ricevute per posta:

…Non voglio molto; vorrei avere la possibilità di avere almeno il latte per mio figlio che è il più piccolo. Rinuncia a tanto col sorriso e non fa altro che dirmi grazie per il niente che gli posso dare. Io non so…

E l’altra:

…io non riesco e sto male a vivere per strada, non sono abituato a queste situazioni che mai nella mia vita mi sarei sognato di affrontare, sto vivendo un disagio fisico, mentale, che mi fa paura…

Emozionante poi l’incontro con queste persone, averle potute guardare negli occhi, averle toccate con una stretta di mano e con un sorriso dire: «Io ci sono». Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino al punto di soffrirla e cerca la promozione del fratello… è lo schema della vita del discepolo. È il vero ascolto. Simile a quello del pastore abruzzese, incontrato sui monti della Laga — quando ai giovani della parrocchia si faceva apprezzare la bellezza della natura —. Alla domanda su come sarebbe stato il tempo del giorno dopo, alzando lo sguardo, annusando l’aria diceva: «domani piove!». Sensibilità affinata dall’esercizio. Per noi anche con l’aiuto di colui che imparò l’obbedienza dalle cose che patì, e reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna.

del cardinale Enrico Feroci