· Città del Vaticano ·

L'intervento del cardinale segretario di Stato all'Assemblea dell'Onu

Un momento spartiacque:
soluzioni trasformative
per sfide interconnesse

26 settembre 2022

Discorso di Sua Eminenza il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato e Capo della Delegazione della Santa Sede al Dibattito generale della Settimana di Alto livello all’apertura della 77a Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (New York, 24 settembre 2022)

Signor Presidente,

Sono lieto di porgere a lei e ai Rappresentanti delle Nazioni qui riuniti i cordiali saluti di Papa Francesco. È bello essere di nuovo insieme di persona dopo la separazione imposta dalla pandemia da covid-19.

Quando ho parlato in modalità virtuale a questa illustre assemblea lo scorso anno, ho parlato delle nubi oscure che incombevano sull’umanità (1). Un anno dopo, mentre alcune di queste nubi si sono dissipate, se ne sono formate altre, più scure. Attualmente il nostro mondo è afflitto da conflitti armati in una misura che non si vedeva dal 1945, con circa due miliardi di persone che vivono in aree afflitte da conflitto e altri milioni di persone dislocate a forza (2). Oltre alla miseria causata dalla violenza e dalla crudeltà, e l’ansia derivante dalla minaccia di una escalation nucleare, il nostro mondo continua a dovere affrontare le sfide del cambiamento climatico, della migrazione mista e della pandemia da covid-19 ancora in corso, mentre l’insicurezza alimentare e la scarsità d’acqua ora riguardano large porzioni della popolazione mondiale.

Come indica il tema del nostro dibattito generale, siamo in un momento spartiacque e insieme dobbiamo trovare “soluzioni trasformative per le sfide interconnesse davanti alle quali ci troviamo”.

Nessuno può negare che “le grandi sfide del nostro tempo sono tutte globali” (3). Al tempo stesso, constatiamo come “di fronte a una maggiore interconnessione dei problemi, vada crescendo una più ampia frammentazione delle soluzioni […], e questo finisce per alimentare ulteriori tensioni e divisioni, nonché un generale senso di incertezza e instabilità” (4). Possiamo tutti identificarci con questa osservazione che Papa Francesco ha fatto all’inizio dell’anno. Ma allora come possiamo superare questo senso di “incertezza e instabilità”? Dove iniziare?

Anzitutto e in primo luogo dobbiamo recuperare “il senso della nostra comune identità di unica famiglia umana”, radicato nell’inalienabile dignità che abbiamo in comune. Se non ci concentriamo su ciò che ci unisce, cercando di promuovere il bene comune, non ci sarà altro che “un crescente isolamento, segnato da preclusioni e chiusure reciproche che […] mettono ulteriormente in pericolo il multilateralismo” (5). Di fatto, è qui, al quartier generale delle Nazioni Unite, il forum multilaterale per antonomasia, che siamo chiamati a lavorare insieme per ripristinare, come ha chiesto Papa Francesco, “quello stile diplomatico che ha caratterizzato i rapporti internazionali dalla fine della seconda guerra mondiale” (6). Non si tratta solo di preservare la reputazione dell’istituzione, ma piuttosto di assicurare anche che riesca a implementare al meglio la sua carta fondazionale e rispondere alle sfide che l’umanità deve affrontare.

Signor Presidenti,

Quando Papa san Paolo VI ha visitato questa camera nel ventesimo anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, la sua accorata supplica è stata trasmessa in tutto il mondo: “jamais plus la guerre, jamais plus la guerre!” – “mai più la guerra, mai più la guerra!”. Ahimè, qualche decennio dopo, i progressi ottenuti dopo dura lotta da questa istituzione nell’ultimo secolo per ridurre la prevalenza del conflitto armato nel mondo sono stati messi in discussione in anni recenti.

Questa inversione preoccupa profondamente la Santa Sede. Parlando del consenso dopo la seconda guerra mondiale, quando si è compresa la necessità “di porre le basi di una nuova storia di pace”.  Papa Francesco ha ammesso che “purtroppo – non impariamo – [ed] è andata avanti la vecchia storia di grandi potenze concorrenti”. In sintesi, prevale la logica perenne dell’interesse proprio – del cercare di allargare l’influenza economica, ideologica e militare (8).

E tuttavia, la Santa Sede crede fermamente nel multilateralismo e nel ruolo insostituibile delle Nazioni Unite. Per questo, Papa Francesco, in linea con i suoi predecessori, parla ripetutamente a sostegno di questa Organizzazione, incoraggiando allo stesso tempo un processo di rinnovamento ed esortando i governi ad ascoltare la supplica di quei Paesi e di quei popoli che subiscono di più le conseguenze delle sue attuali limitazioni (9).

Signor Presidente,

Questa Assemblea Generale da qualche tempo è impegnata a rivitalizzare diversi aspetti del suo lavoro (10). Questo sforzo rispecchia un sano istinto, poiché, con il passare del tempo, tutte le istituzioni hanno bisogno di rivedere se stesse alla luce dei loro principi, missioni e mandati fondazionali. Per le Nazioni Unite, questo processo si svolge sullo sfondo di una crisi di credibilità che nasce non soltanto dalla sua apparente impotenza in tempi di crisi, ma anche dalla promozione di agende, in molti fori, che spesso spostano l’attenzione su “tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione” (11). Di fatto, queste agende esprimono un “ripudio dei fondamenti naturali dell’umanità e delle radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli” (12). Papa Francesco l’ha definito “colonizzazione ideologica”.

Purtroppo, nella gestione quotidiana delle Nazioni Unite, decisioni chiave ora “sono spesso prese senza un vero negoziato nel quale tutti i Paesi abbiano voce in capitolo” (13). Ciò è in contrasto con la natura autentica della diplomazia multilaterale, che tende a “valorizzare le diversità e le sensibilità storiche che contraddistinguono i vari popoli” (14). Il processo di rivitalizzazione deve restituire la centralità a quei fini comuni che sono delineati nella Carta delle Nazioni Unite: pace e sicurezza, diritti umani e sviluppo. C’è ancora molto lavoro da fare a tale riguardo. Purtroppo, la cooperazione internazionale è ostacolata dall’imposizione evidente di politiche controverse sulle quali non c’è accordo, in particolare nell’ambito dei diritti umani. A tale proposito, sembra non esserci un grande desiderio da parte di Stati specifici di recuperare l’ampia base e l’umiltà necessari per il consenso e il dialogo autentico. Di fatto, oggi sembrano prevalere solo i potenti e chi è ben finanziato, reinventando i diritti umani come meglio credono e utilizzandoli per rimodellare il mondo e la persona umana a loro immagine e secondo le loro idee di autonomia radicale. Invece, i diritti umani fondamentali riconosciuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani non sono “di nicchia” o concorrenti, né sono determinati dai venti reazionari dei mezzi di comunicazione sociale e della cultura. I diritti umani, piuttosto, sono saldamente radicati in valori universali, di modo che il diritto alla vita, alla libertà di pensiero, di coscienza, di religione, di opinione e di espressione non siano minati, e che l’istituzione della famiglia, che continua a essere la cellula originale della vita sociale (15) e la primordiale “scuola di umanità” (16) sia protetta. Oggi, la Santa Sede ribadisce ancora una volta che i diritti umani continuano a essere universali, oggettivi e saldamente radicati nella dignità della persona umana donata da Dio.

È imperativo che si ritrovino presto largo accordo e autentico consenso in seno a questa Organizzazione, se vuole ritrovare la sua credibilità internazionale come vera famiglia di nazioni. Deve estendersi oltre l’Assemblea Generale, alla riforma di quegli organi “con effettiva capacità esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza” (17). La risoluzione importante, approvata per consenso ad aprile di quest’anno, che richiede che l’uso del potere di veto venga spiegato dinanzi all’Assemblea Generale, è stato un gradito passo in questa direzione (18). I membri del Consiglio di Sicurezza, in modo particolare i Membri Permanenti, hanno una responsabilità essenziale per il mantenimento della pace e dell’ordine nel mondo. Quando non c’è una visione o una volontà politica comune per la pacifica coesistenza e gli stessi guardiani della pace ignorano le regole che affermano di sostenere, diventano essi stessi autori di gravi ingiustizie. Guidato da uno sfrenato interesse proprio e determinato dalla logica del potere, il sistema è fortemente danneggiato e in pericolo. Solo quando i Rappresentanti delle nazioni qui riuniti saranno capaci di porre il bene comune al di sopra dei loro interessi di parte questo quadro giuridico del Sistema delle Nazioni Unite sarà davvero “pegno di un futuro sicuro e felice” (19).

Attualmente, però, quel futuro continua ad essere elusivo per una gran parte della famiglia umana. La violenza continua a deturpare il nostro mondo; la devastazione che la guerra porta direttamente alle popolazioni nelle zone di conflitto è aggravata dall’impatto indiretto su innumerevoli altre persone lontane dalla linea del fronte. Come ha sottolineato Papa Francesco, “distoglie l’attenzione e le risorse, ma questi sono gli obiettivi che esigono il massimo impegno: la lotta alla fame, la salute, l’istruzione” (20). La fame nel mondo, l’insicurezza alimentare e la malnutrizione in tutte le sue forme stanno crescendo in modo preoccupante. I dati rivelano che il mondo si sta allontanando dall’obiettivo posto entro il 2030 (21). Di fatto, le proiezioni per il futuro indicano che circa l’8 percento della popolazione mondiale continuerà ad affrontare la mancanza di cibo. Il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è salito a 828 milioni nel 2021.

Tuttavia, la spesa per le armi, oggi a livelli osceni, serve solo ad aumentare l’insicurezza alimentare, limitare l’accesso alle cure sanitarie – già in crisi a causa della pandemia da covid-19 – e a privare generazioni della loro legittima educazione. È ora di mettere fine all’“ipocrisia ‘armamentista’” – al parlare di pace e vivere di armi (22). Invece di sperperare grandi somme su attrezzature militari, sarebbe molto più saggio investirle per evitare la guerra invece che prepararsi ad essa. A tale riguardo, l’educazione deve essere una priorità, poiché è “il vettore primario di uno sviluppo umano integrale: rende la persona più libera e responsabile ed è indispensabile per la difesa e la promozione della pace” (23). Con il covid-19, che ha già sconvolto l’educazione di milioni di studenti, occorrono con urgenza investimenti mirati per rimetterci in carreggiata verso un futuro più luminoso.

Signor Presidente,

La guerra in Ucraina ha esacerbato tendenze globali già preoccupanti, tra cui la crescita del prezzo del cibo e del carburante e l’aumento della dislocazione. Il conflitto ha portato anche a una rinnovata attenzione alla sicurezza nucleare e al rischio di una escalation nucleare, un tema che per decenni è rimasto largamente al di fuori della consapevolezza pubblica.

Anche prima della guerra in Ucraina, la siccità e i cattivi raccolti in varie parti del mondo avevano interrotto l’accesso al cibo di milioni di persone, specialmente i più poveri del mondo, molti dei quali non hanno accesso a generi alimentari di base o non possono permetterseli. Con l’inizio del conflitto, si è interrotta una fonte importante di cereali per uso alimentare e di olio da cucina per i paesi che dipendono dall’importazione di prodotti alimentari, esponendo milioni di persone in più al rischio di insicurezza alimentare e di fame. Inoltre, la guerra ha mostrato anche la vulnerabilità di politiche energetiche miopi che si affidano solo a un’unica fonte di carburante fossile invece di sviluppare alternative pulite e sostenibili. Come sempre in tempi di crisi, sono i più poveri tra noi a soffrire maggiormente. Con l’avvicinarsi dell’inverno nell’emisfero settentrionale, molti di coloro che vivono in climi più freddi si troveranno davanti a una scelta esistenziale tra riscaldarsi o mangiare. Per affrontare queste crisi – che potranno essere risolte pienamente solo quando cesserà la violenza in Ucraina – occorre un’azione urgente e concertata.

Inoltre, la guerra in Ucraina non solo mina il regime di non proliferazione nucleare, ma ci pone anche il pericolo di una devastazione nucleare causata da un’escalation o un incidente. Anzitutto, lo spettacolo di uno Stato dotato di armi nucleari in guerra con uno Stato che ha rinunciato al proprio arsenale nucleare in cambio di garanzie di sicurezza, che sono state spudoratamente ignorate, scoraggerà altri Stati che possiedono armi nucleari dal seguirne l’esempio, complicando il cammino verso un mondo libero da armi nucleari. In secondo luogo, ogni minaccia di uso delle armi nucleari è ripugnante e merita una condanna inequivocabile. In terzo luogo, la Santa Sede ha seguito la situazione dell’impianto nucleare di Zaporizhia con profonda preoccupazione e ricorda che il Protocollo I alle Convenzioni di Ginevra vieta attacchi contro impianti nucleari per la produzione elettrica se tali attacchi possono causare il rilascio di energie pericolose che minacciano le popolazioni civili. Per evitare un disastro nucleare, è essenziale che vi sia un serio impegno a trovare un esito pacifico al conflitto. In questo contesto, non sorprende la deplorevole mancanza di un documento finale alla decima Conferenza di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare.

Intanto, la più grande crisi di rifugiati europea dopo la seconda guerra mondiale non va che aggiungersi ai milioni di persone in Africa, Medio Oriente e Asia che sono state costrette a fuggire dal loro Paese d’origine a causa di conflitti e guerre, alla ricerca di un futuro migliore per loro stesse e per le loro famiglie. Per giunta, molti altri sono spinti a lasciare le proprie case a causa della fame, della povertà e degli effetti del cambiamento climatico. La migrazione mista è un fenomeno globale che va affrontato di conseguenza. A tale riguardo, mettere in atto la visione e gli obiettivi del Global compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare (GCM) come anche del Global Compact sui rifugiati, continua a essere uno dei modi migliori per incoraggiare la cooperazione internazionale e la condivisione degli oneri. Al contempo, gli Stati, con l’aiuto della comunità internazionale, devono continuare ad adempiere ai propri obblighi nei confronti dei loro cittadini. Questo significa anche compiere ogni sforzo per creare le condizioni necessarie affinché la gente viva in pace, sicurezza e dignità nel suo Paese d’origine.

Oggi il quadro delle leggi e degli accordi internazionali che forniscono protezione ai rifugiati e sostengono i diritti umani dei migranti a prescindere dal loro status è messo a dura prova. I flussi misti sono notoriamente difficili da gestire. Senza uno sforzo sincero per aggiornare l’attuale sistema di protezione internazionale, il sistema di asilo e i diversi strumenti legali che governano Ricerca e Soccorso a tale riguardo, il caos attuale che continua a causare innumerevoli atti di violenza, abusi e una crescente perdita di vite non farà che peggiorare.

Signor Presidente,

La Santa Sede non cessa di seguire con preoccupazione la questione palestinese e il conflitto che essa genera, e desidera esprimere la sua vicinanza al popolo palestinese per la sofferenza causata dall’uccisione della giornalista Shireen Abu Akleh nel corso del conflitto a fuoco tra l’esercito israeliano e alcuni palestinesi l’11 maggio a Jenin (Palestina), che la giornalista stava solo documentando. La Santa Sede non solo deplora in chiari termini questa e altre uccisioni che sono aumentate negli ultimi mesi, ma non può non esprimere anche il suo orrore per ciò che è accaduto al funerale della defunta Shireen Abu Akleh a Gerusalemme, provocato da un atteggiamento inaccettabile e assolutamente reprensibile da parte della polizia: la dignità e il rispetto per una persona deceduta viene prima di qualsiasi considerazione di sicurezza, e chi non riesce in questo non può essere responsabile dell’ordine pubblico.

Seguendo da vicino la situazione in Libano, la Santa sede spera che il Paese, anche con le imminenti elezioni presidenziali, continui sul cammino della rinascita, mentre rimane fedele alla sua vocazione di essere una terra di pace.

D’altro canto, la Santa Sede apprezza che le parti in conflitto nello Yemen abbiano accettato di rinnovare la tregua negoziata dalle Nazioni Unite e si auspica che questo segno di speranza sia un passo definitivo verso la fine del sanguinoso conflitto che ha generato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo.

La Santa Sede spera che la ripresa dei negoziati a Vienna sull’Accordo sul nucleare iraniano nel quadro del Piano d’azione congiunto globale (PACG) possa garantire un mondo più sicuro e fraterno.

La Santa Sede segue con grande preoccupazione lo stallo in Libia e i conseguenti rischi alla sicurezza. Il Paese continua ad essere diviso internamente da fazioni in conflitto. Questa situazione ha un impatto negativo su rifugiati e migranti, che sono tra i più vulnerabili.

Prosegue la nostra preoccupazione per il deteriorarsi della situazione umanitaria e di sicurezza nella regione del Sahel, che continua ad essere presa di mira da gruppi terroristici, e per l’espansione di questa violenza verso l’Africa Occidentale, con attacchi compiuti in Benin e in Togo. Le persone nell’intera regione stanno anche diventando sempre più vulnerabili a causa della crescente insicurezza alimentare, del moltiplicarsi delle emergenze climatiche e della pandemia.

La Santa Sede continua a essere preoccupata per i conflitti tra comunità nel continente africano, generati da diversi fattori, che attraversano molti Paesi, rivelando spesso una mancanza di efficienza delle strutture statali nel rispondere ai bisogni concreti della popolazione.

Tra questi, la Santa Sede segue con preoccupazione la violenza e gli scontri armati nell’est della Repubblica Democratica del Congo, che generano instabilità in tutta la regione, e la situazione ancora tesa in parti dell’Etiopia, dove la situazione umanitaria generale continua a peggiorare.

La Santa Sede continua a seguire le transizioni politiche attualmente in corso in Sudan, Ciad, Mali, Burkina Faso e Guinea, nella speranza che si concludano presto per il bene comune di tutti i cittadini dei diversi Paesi.

La situazione umanitaria precaria in Sud Sudan viene continuamente aggravata a causa di allagamenti e insicurezza alimentare per una porzione importante della popolazione, specialmente laddove i bambini soffrono di malnutrizione. La Santa Sede, mentre continua a seguire da vicino la situazione nella nazione più giovane, continua a promuovere la riconciliazione attraverso il dialogo e la cooperazione sociale.

La Santa Sede è profondamente preoccupata per la delicata situazione in Nicaragua, che riguarda sia le persone sia le istituzioni. Spera che si possa trovare una via verso la coesistenza rispettosa e pacifica.

I ripetuti episodi di violenza ad Haiti, che hanno aggravato la sofferenza della popolazione, già sofferente a causa della sua situazione economica e sociale precaria, continuano a preoccupare molto la Santa Sede.

La Santa Sede, rattristata per i recenti scontri tra Azerbaijan e Armenia, ha esortato le parti a rispettare il cessate il fuoco in vista di un accordo di pace.

Per indicare una nota più positiva, la Santa Sede apprezza i risultati annunciati nell’auspicata produzione di un vaccino contro la malaria, che è la principale causa di morte in Africa. Ciò merita uno sforzo comune per renderla accessibile a tutti coloro che ne hanno bisogno.

Signor Presidente,

La nostra casa comune continua a subire gli effetti negativi degli impatti avversi del cambiamento climatico. Di fatto, ci siamo talmente abituati a sentir parlare di eventi climatici estremi, come inondazioni, siccità e incendi boschivi, da rischiare di essere lasciati in uno stato di “indifferenza globalizzata” (24). E tuttavia, tali fenomeni sono chiari segni della nostra incapacità di affrontare il cambiamento climatico, malgrado la vasta evidenza scientifica. Inoltre, accordi ambientali multilaterali hanno già indicato gli obblighi per gli Stati Parte che potrebbero dimostrarsi efficaci per  far fronte alla minaccia rappresentata dal cambiamento climatico. Spetta ora a ogni Stato Parte onorare gli obblighi che gli competono e implementare tali accordi. A tale riguardo, quando la comunità internazionale si riunirà per il COP 27 (25) a Sharm El Sheikh, si auspica che vi sia la volontà politica di adottare decisioni più ferme e trasformative per proteggere l’ambiente accelerando l’azione globale per il clima attraverso misure di mitigazione più forti, sforzi di adattamento aumentati e flussi rafforzati di finanziamenti adeguati. Su tale questione, sono lieto di osservare che la Santa Sede, agendo a nome e per conto dello Stato Città del Vaticano, recentemente ha depositato gli strumenti di accesso sia alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici sia agli Accordi di Parigi, e pertanto diventerà parte di entrambi prima del COP 27. Con questo passo, la Santa Sede afferma la sua intenzione di contribuire agli sforzi di tutti gli Stati per lavorare insieme in solidarietà, conformemente alle loro responsabilità comuni ma differenziate e le rispettive capacità, al fine di rispondere in modo efficace alle sfide poste dal cambiamento climatico.

Anche l’ambiente digitale esige maggiore attenzione, dato il ruolo sempre più importante svolto dalle tecnologie d’informazione e di comunicazione (ICT) nella nostra vita quotidiana. Mentre riconosciamo le nuove opportunità di scambio interculturale, apprendimento e innovazione create dalle ICT, dobbiamo anche essere consapevoli dei divari digitali tra Paesi e all’interno degli stessi, specialmente quelli in via di sviluppo. La connettività digitale non può essere ottenuta se non si affrontano la povertà e il sottosviluppo. Inoltre, la crescita nell’uso delle ICT comporta nuovi rischi, poiché ci sono cattivi attori che trovano nuovi modi per fare un uso  sbagliato di queste tecnologie per fini criminali. Come sottolinea Papa Francesco, “Il potenziale degli strumenti digitali è enorme ma le eventuali conseguenze negative del loro abuso nel campo del traffico di esseri umani, nell’organizzazione del terrorismo, nella diffusione dell’odio e dell’estremismo, nella manipolazione dell’informazione e […] anche nell’ambito dell’abuso sui minori possono essere ugualmente notevoli. Ora finalmente l’opinione pubblica e i legislatori se ne rendono conto” (26). A tale riguardo, la Santa Sede continua a essere impegnata in modo costruttivo nel lavoro del Comitato ad hoc per l’elaborazione di una convenzione internazionale sul contrasto all’uso delle ITC per scopi criminali al fine di contrastare il crimine transnazionale.

Riconoscendo che le sfide interconnesse richiedono una risposta unificata, Papa Francesco ci ricorda che “oggi più che mai tutto è intimamente connesso e la salvaguardia dell’ambiente non può essere disgiunta dalla giustizia verso i poveri e dalla soluzione dei problemi strutturali dell’economia mondiale” (27). È questo al centro del suo appello per una pratica economica diversa e responsabile, che riconosca che lo sviluppo umano integrale ha carattere morale. Presuppone il pieno rispetto della persona umana, uomo, donna, bambina, bambino, ma deve preoccuparsi anche del mondo che ci circonda e “‘tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato’. Pertanto, la capacità dell’essere umano di trasformare la realtà deve svilupparsi sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio” (28).

Signor Presidente,

In questo momento spartiacque, la nostra ricerca di soluzioni deve partire dal riaffermare la dignità inalienabile che ci unisce. È alla base ci tutto ciò che siamo e facciamo, permettendoci di parlare della nostra appartenenza a un’unica famiglia umana. Riconoscere questa realtà è il primo passo vitale che dobbiamo compiere per iniziare a trasformare qualsiasi crisi in una nuova opportunità.

È questa la logica dell’appello rivolto da Papa Francesco ai Capi delle Nazioni e delle organizzazioni internazionali, esortandoli a lavorare insieme per la pace, “non una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca” (29), ma piuttosto nata dall’incontro e dal dialogo. Per questo “bisogna passare dalle strategie di potere politico, economico e militare a un progetto di pace globale: no a un mondo diviso tra potenze in conflitto; sì a un mondo unito tra popoli e civiltà che si rispettano” (30)

È questa la soluzione trasformativa che, insieme, siamo chiamati a tradurre in realtà dentro e attraverso questa Organizzazione.

Grazie, Signor Presidente.

 

Note:

(1) Cfr. Papa Francesco, Lettera enciclica  Fratelli tutti, Capitolo primo.

[2] I dati provengono dalle osservazioni del SG nell’incontro della Commissione per il Peacebuilding su “Peacebuilding and Sustaining Peace”, 30 marzo 2022

[3] Papa Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10 gennaio 2022

[4] Ibid.

[5] Ibid.

[6] Ibid.

[7] Paolo VI, Discorso all’Organizzazione delle Nazioni Unite in occasione del suo 20° anniversario, 4 ottobre 1965

[8] Cfr. Papa Francesco, Udienza Generale, 6 aprile 2022

[9] Cfr. Papa Francesco, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2015

[10] https://www.un.org/en/ga/revitalization/revital_bkg.shtml

[11] Cfr. Papa Francesco, Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 10 gennaio 2022

[12] Cfr. Ibid.

[13] Ibid.

[14] Ibid.

[15] Cfr. Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che riconosce la famiglia come “nucleo naturale e fondamentale della società” (Art. 16)

[16] Cfr. Papa Francesco, Discorso all’Incontro con le Famglie, Cattedrale di Nostra Signora dell’Assunzione, Santiago (Cuba), 22 settembre 2015

[17] Cfr. Papa Francesco, Discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25 settembre 2015

[18] Risoluzione A/77/L.52

[19] Papa Francesco, Discorso all’Ufficio delle Nazioni Unite a Nairobi, 26 novembre 2015

[20] Papa Francesco, Angelus, 14 agosto 2022 – con riferimento alla minaccia di una carestia causata dalla siccità in Somalia.

[21] The State of Food Security and Nutrition in the World (SOFI) 2022.

[22] Cfr. Papa Francesco, Conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio apostolico in Thailandia e Giappone, 26 novembre 2019

[23] Papa Francesco, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2022, n. 3

[24] Papa Francesco, Lettera enciclica Fratelli tutti, n. 30.

[25] 27a Sessione della Conferenza delle Parti UNFCCC.

[26] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al congresso “Child Dignity in the Digital World”, 14 novembre 2019.

[27] Papa Francesco, Messaggio per l’evento “Economy of Francesco”, Assisi, 26-28 marzo 2020

[28] Papa Francesco, Laudato si’, 24 maggio 2015, n. 5

[29] Papa Francesco, Angelus, 3 luglio 2022

[30] Ibid.