· Città del Vaticano ·

I ciclisti vaticani, con il nunzio apostolico e la Caritas, incontreranno i First Australians sulla scia del viaggio del Papa in Canada

L’abbraccio con gli aborigeni

 L’abbraccio con gli aborigeni  QUO-214
19 settembre 2022

Anche sulla scia della testimonianza vissuta personalmente da Papa Francesco in Canada, tra i First Nations, il primo passo della piccola rappresentativa di Athletica Vaticana a Sydney, per i Mondiali di ciclismo, venerdì 23 settembre sarà l’incontro con i First Australians, gli aborigeni che stanno dando vita a un programma con Caritas Australia. Ad accompagnare “i ciclisti del Papa” alla Kinchela Boys Home sarà, significativamente, il nunzio apostolico in Australia, l’arcivescovo Charles Daniel Balvo.

Lo stile di Athletica Vaticana prevede sempre — ai Mondiali come nella manifestazione sportiva “apparentemente” più piccola e periferica — un’esperienza solidale concreta di attenzione alle persone più povere e fragili. In collaborazione con le realtà ecclesiali e sociali locali. Altrimenti un’associazione sportiva vaticana non avrebbe senso.

In collaborazione, dunque, con Caritas Australia e con l’Ambasciata di Australia presso la Santa Sede, i ciclisti di Athletica Vaticana ascolteranno le storie dei First Australians, abbracciandone il percorso di speranza. “La nostra priorità è ascoltare, capire e collaborare” spiega Christine Rhazi, direttore associato First Australians di Caritas Australia e donna di origine Yamatji Widi di Geraldton, nell’Australia occidentale.

«Il nostro Paese — racconta Christine — ha una storia di decisioni prese “per conto” dei First Australians piuttosto che “con” loro. Questo significa che ci siamo ritrovati con molte politiche che non funzionano o che causano ulteriori traumi alla cultura e alle comunità». Ecco perché Caritas Australia «lavora in stretta collaborazione con le popolazioni aborigene e delle isole dello Stretto di Torres e con le organizzazioni guidate dai First Australians per sostenere programmi che si concentrano sulla “guarigione intergenerazionale”, sul rafforzamento dell’identità culturale e della spiritualità, sulle opportunità di sostentamento e sull’advocacy».

In particolare, la Kinchela Boys Home è stata una “casa” gestita dal governo del Nuovo Galles del Sud dal 1924 al 1970 proprio per ospitare i ragazzi aborigeni allontanati con la forza dalle loro famiglie nell’ambito delle politiche che hanno creato le cosiddette “generazioni rubate”.

La Kinchela Boys Home Aboriginal Corporation, fondata nel 2002, collabora oggi con Caritas Australia «per occuparsi del benessere sociale ed emotivo dei sopravvissuti e delle loro famiglie e per sostenere la guarigione dei traumi che ancora oggi influenzano negativamente le loro vite» spiegano i responsabili. Proprio «attraverso l’offerta di programmi di guarigione, i sopravvissuti delle “generazioni rubate” e i loro discendenti sono incoraggiati a prendere il controllo della propria vita e ad affrontare insieme il trauma intergenerazionale».

Sono gli stessi sopravvissuti i protagonisti di questa esperienza, puntando «a incoraggiare modelli sani di sostegno tra pari che consentano una maggiore inclusione sociale nella vita della comunità». In sostanza, spiegano i responsabili di Caritas Australia, «l’obiettivo è sostenere gli aborigeni che hanno sofferto nel passato, le loro famiglie e le comunità nello sviluppo di programmi di guarigione per ripristinare e ricostruire la loro identità, dignità e integrità».   

Da parte sua, Michael “Widdy” Welsh, presidente dell’associazione, non fa ricorso a giri di parole: «La verità su questa terra deve essere raccontata. Deve essere raccontata per tutti. Non solo per i bambini che sono stati portati via con la forza, ma anche per il dolore più grande di cui non si parla». Perché «siamo stati rifiutati dai non indigeni quando ci hanno portato via, e poi dagli indigeni quando siamo tornati a casa: stiamo ancora aspettando di essere identificati con la nostra vera eredità della terra dei nostri antenati».

Secondo Caritas Australia «gli aborigeni e gli abitanti delle isole dello Stretto di Torres si trovano in una situazione peggiore rispetto agli altri australiani per quanto riguarda quasi tutti i parametri di vita sociale». Per questo si deve «investire di più nelle nostre comunità First Australian e colmare il divario sociale». Per la Caritas, inoltre, «la verità è fondamentale per la riconciliazione perché, come abbiamo visto con il programma con l’associazione Kinchela Boys Home Aboriginal Corporation, favorisce la guarigione, ma deve essere sostenuta anche da politiche forti e solide e dalla consapevolezza che è meglio che siano i First Australians a prendere le decisioni: non più decisioni dall’alto verso il basso come abbiamo visto in passato». Insomma, «è giunto il momento di dar loro il potere di prendere le decisioni che riguardano la loro vita».


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