· Città del Vaticano ·

La testimonianza di una religiosa in Myanmar

«Restare fra la mia gente»

 «Restare fra la mia gente»  QUO-209
13 settembre 2022

Questa è la mia prima esperienza in un Paese straniero, che ha sofferto in questi ultimi anni la pandemia da covid-19, il colpo di stato militare del 1° febbraio 2021, sfociato in maggio nella guerra civile ancora in corso. Quest’ultimo evento ha causato manifestazioni, proteste e disordini piuttosto diffusi in molte parti della nazione, mentre molte persone stanno scappando nella giungla per salvarsi la vita. Molte congregazioni religiose che vivono e lavorano in Myanmar hanno espresso apertamente le loro proteste per la situazione. Basti ricordare suor Ann Rose Twang e il suo coraggioso gesto d’inginocchiarsi davanti ad un soldato che brandiva il fucile.

A proposito della mia prima esperienza, ho provato sentimenti contrastanti. Da una parte, essendo una persona proveniente da un altro Stato, ero in debito con le autorità per avermi dato il permesso di lavorare qui. Ero consapevole del fatto che il mio visto poteva essere ritirato e, quindi, che rischiavo di essere rimandata nel mio Paese d’origine. Allo stesso tempo ero pienamente cosciente che dovevo essere molto prudente nel mio modo di parlare, per il pericolo di essere denunciata alle autorità.

Dopo aver vissuto la fatica d’integrarmi in questa nuova realtà e imparato una lingua che non conoscevo affatto, ecco un’altra prova: Dio mi ha sfidata ad essere pronta a soffrire col mio popolo che Lui stesso mi ha affidato.

Devo dire, con umiltà, che ho avuto, e ho ancora, momenti di dubbio e di ansia. A volte mi sono chiesta se ho la pazienza e, soprattutto, la fede di confidare in Dio, che non ci deluderà. Questa situazione è stata una vera e propria prova della mia fede. Il beato Barré ha detto: «anche quando tutto sembrerà essere contro ogni speranza, spera ancora in Lui». La domanda è se sono pronta a fidarmi di queste parole del mio fondatore.

Lentamente, ma inesorabilmente, in un modo a me sconosciuto, mi sono resa conto di come Dio mi immerga in situazioni in cui Lui vuole che io gli dimostri la mia fedeltà. Affrontando situazioni che non avevo mai vissuto prima e facendo tutto da sola, mi sono resa conto che «l'eccesso d’amore di Dio» era, ed è, la nostra unica sicurezza. Questo è stato il momento decisivo nel mio cammino di fede per scoprire che «non si poteva più tornare indietro». Da quel momento ho deciso di essere pronta a dare la mia vita per la gente, soprattutto per i poveri. Con questa consapevolezza (illuminazione, direi), in un modo inspiegabile e provvidenziale, ho sentito dentro di me una certa pace e una calma, che non avevo mai sperimentato prima.

Così, guardando alla situazione in Myanmar, mi accorgo che non c’è nessuna garanzia del fatto che la mia vita sia al sicuro. I militari, incapaci di fermare la disobbedienza civile e le marce di protesta del popolo, hanno iniziato a sparare alle folle che manifestano. Molti giovani hanno perso la vita. Molte giovani donne sono state uccise e violentate, senza pietà. Un gran numero di persone è ancora in fuga e molte delle loro case sono state date alle fiamme.

In questo contesto, non c'è alcuna garanzia che la mia vita possa essere risparmiata. Potrei morire nell'esplosione di una bomba o con un solo proiettile. Può sembrare molto spaventoso, ma questa è la realtà che stiamo affrontando. Se è la volontà di Dio per me, sono preparata: come Gesù ha dato la sua vita per le sue pecore, così io sono pronta a dare la mia vita per le persone con cui vivo.

A causa della soppressione militare, molte persone hanno perso il lavoro e non sono in grado di mantenere le loro famiglie. Commercianti, senza scrupoli, hanno approfittato della situazione e hanno aumentato il prezzo dei generi alimentari. La stragrande maggioranza della popolazione si trova sull'orlo della fame. Se questa situazione continuerà, sempre più il risultato sarà disastroso e i poveri saranno i più colpiti. È doloroso e straziante vedere molte persone morire di fame per mancanza di cibo.

A fronte di questa situazione, la gran parte della popolazione considera la presenza delle suore del Bambino Gesù come una benedizione. Apprezzano la nostra presenza e il nostro sostegno. Sanno che c'è qualcuno a cui possono rivolgersi in qualsiasi momento, per sfogare le loro preoccupazioni, le loro ansie, la loro frustrazione e il loro disagio mentale. Non siamo in grado di sostenere finanziariamente tutta questa gente, e loro lo sanno. Tuttavia, per essi, la nostra presenza qui è già una benedizione. Nella cultura asiatica questo aspetto è molto presente tra i buddisti, i cattolici e anche tra gli indù. È qui che ho capito l'intuizione profetica del beato Barré quando chiedeva alle sue maestre di vivere con e tra i poveri e di immedesimarsi nella loro situazione. «Stare con loro»: questo è tutto ciò che si aspetta da noi. Allo stesso tempo, mi sono resa conto che noi siamo evangelizzate dalle persone con cui viviamo. Spesso, possiamo imparare molto da loro, che, in questo modo, diventano i nostri migliori insegnanti.

Questo è diventato realtà quando, a fine giugno 2021, sono andata a Yangon per rinnovare il mio visto ed il mio passaporto. Non ero sicura se il visto potesse essere rinnovato o meno. Prima di partire per Yangon, ho detto alla mia gente di tenermi presente nelle loro preghiere. La loro risposta spontanea mi ha sciolto il cuore. Mi hanno detto: «Non preoccuparti sorella, tutto andrà bene e otterrai il tuo visto. Dio non ti deluderà. Vuole che tu continui a stare con noi. Lui conosce i nostri cuori». Mi sono resa conto che mi stavano insegnando la fede. Anche se poveri, semplici e non istruiti, avevano una fede più forte della mia. Ora ho capito che se Dio vuole che io continui a servire il suo popolo, Lui farà il necessario. Non ho nulla di cui preoccuparmi, se non invocarLo costantemente per aumentare la mia fede.

di Rosalind Arokiaswami


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