· Città del Vaticano ·

Papa Francesco è arrivato in Kazakhstan dove incontrerà la piccola comunità cattolica
e i leader religiosi mondiali

Messaggero di pace

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13 settembre 2022

All’aeroporto di Nur-Sultan, una città praticamente nuova che sorge quasi come un miraggio in mezzo alla desolazione della steppa, un tramonto luminosissimo e freddo ha accolto Papa Francesco che, per la prima volta, arriva in Kazakhstan seguendo le orme di san Giovanni Paolo ii, il quale visitò il Paese nel settembre del 2001.

Il Pontefice è giunto a Nur-Sultan nel pomeriggio di oggi, martedì 13 settembre, dopo un viaggio di sei ore e mezzo a bordo dell’aereo decollato questa mattina da Fiumicino.

«Buongiorno, grazie tante per la vostra presenza e del vostro aiuto in questo viaggio» ha detto durante il volo ai 75 giornalisti che lo accompagnano. «Vi auguro buon viaggio e buon lavoro! Parleremo al rientro, grazie e buona giornata».

Il Papa ha salutato i presenti, percorrendo, sia pure a fatica, il lungo corridoio che separa la sua poltrona, accanto alla cabina di pilotaggio, dalla postazione dei giornalisti. Come di consueto, si è fermato con ognuno di loro per brevi scambi di saluti o per ricevere lettere e doni provenienti da ogni parte del mondo. È il caso della “capulana” fatta artigianalmente dalle consorelle di suor Maria De Coppi, la missionaria comboniana uccisa lo scorso 6 settembre in Mozambico. Una religiosa italiana molto attiva che dal 1963 viveva nel Paese africano concentrando il suo lavoro pastorale nella formazione e nella promozione delle donne africane. Molto commosso, il Papa ha ricevuto dalle mani della giornalista spagnola Eva Fernández una riflessione scritta dalle consorelle di suor Maria sulla grave situazione di violenza che la zona di Cabo Delgado sta attraversando dal 2017 per mano di diversi gruppi jihadisti e che ha provocato, oltre una tragica crisi umanitaria, la migrazione forzata di circa 800 mila persone dal proprio territorio.

All’ipotesi di un colloquio con il presidente cinese Xi Jinping, che è atteso a Nur-Sultan per incontrare il suo omologo kazako, hanno fatto riferimento i giornalisti francesi durante uno scambio di battute con Francesco, il quale ha risposto dicendo di non aver notizie dell’incontro ma dichiarandosi pronto a recarsi in viaggio in Cina.

Nella remota terra kazaka, prossima a diventare l’epicentro di un imminente spostamento delle zone di scambio di materie prime nell’economia mondiale, il Papa è stato accolto dal presidente della Repubblica Kassym-Jomart K. Tokayev e da due giovani che in abito tradizionale hanno offerto dei fiori, espressione della natura multietnica della società kazaka. Duranti la cerimonia di benvenuto in aeroporto il presidente ha ringraziato il Papa per i suoi sforzi volti a evitare che l’umanità si allontani dalla via della pace.

La giovane Repubblica indipendente ha intrapreso da tempo il cammino verso la pace e il disarmo, con la rinuncia unilaterale all’armamento nucleare e l’adesione all’accordo per la proibizione degli esperimenti nucleari. Il Kazakhstan era una delle 15 Repubbliche che costituivano fino al 1991 l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche (Urss).

La società multietnica kazaka è sempre stata una terra d’incontro e di convivenza fra tradizioni e culture diverse. Un incontro in qualche modo “forzato”, se si considera che questa enorme regione venne scelta dall’impero zarista prima e da quello sovietico poi come terra di deportazione. Tedeschi, polacchi, ucraini e russi furono abbandonati al loro destino in queste zone desolate dal clima estremo, costretti a lavorare fino alla morte in condizioni atroci, mentre le tribù nomadi oriunde (di origine turca, tartara e mongola) venivano mandate nelle tenute agricole collettivizzate. A Zhezkazgan, uno dei campi di concentramento del Kazakhstan, fu recluso il premio Nobel Aleksandr Solženicyn, che raccontò il suo calvario nel romanzo Una giornata di Ivan Denisovič

dal nostro inviato
Silvina Pérez