· Città del Vaticano ·

Bailamme

Riconciliarci col tempo
per ricominciare

 Riconciliarci col tempo  per ricominciare  QUO-206
09 settembre 2022

Il mito del tempo dell’estate e della vacanza (un tempo che resta vuoto, vacante, libero) vissuto come contrapposto al tempo della routine quotidiana (il lavoro, le bollette, la scuola, il traffico, le nostre paure individuali e sociali) sembra ormai lasciare il posto al “terrore dell’Uguale”. «Il tempo in cui c’era l’Altro è passato. L’Altro come mistero, l’Altro come seduzione, l’Altro come Eros, l’Altro come desiderio, l’Altro come inferno, l’Altro come dolore scompare. La negatività dell’Altro cede il posto alla positività dell’Uguale» scrive il filosofo Byung-Chul Han in L’espulsione dell’Altro. «Si va dovunque senza fare mai esperienza. Si prende atto di tutto senza mai giungere a una conoscenza. Si ammassano informazioni e dati senza mai giungere a un sapere. Si bramano esperienze ed emozioni eccitanti in cui però si resta sempre uguali. Si accumulano amici e follower senza mai incontrare veramente l’Altro. «La violenza dell’Uguale è invisibile perché ci si presenta come crescita del consumo, di connessione, di comunicazione, di immagine». Il risultato è che siamo tutti figli della “società della stanchezza”. «La verità è che abbiamo bisogno di riconciliarci con il tempo» scrive José Tolentino Mendonça in La mistica dell’istante. Tempo e promessa: «Abbiamo bisogno di riconoscere il doppio significato dell’istante presente». Il tempo estivo è fugace, inafferrabile, è quel tempo dei romanzi di Milan Kundera dove tutto svanisce in una insostenibile leggerezza dell’essere di un eterno sempre uguale. «Ma il presente ha anche un significato verticale, che riqualifica il tempo, aprendolo all’eternità; è il tempo qualitativo, epifanico». Ed è la partecipazione a quell’eternità nel tempo di cui parla Abraham Joshua Heschel a proposito del sabato ebraico o Bruno Forte nel suo L’eternità nel tempo e in Teologia della storia. Un tempo liberato dalla pressione dell’immediato, delle sollecitazioni, il tempo della lettura, della contemplazione e della preghiera che si apre a un «momento specifico senza un perché» come il mistico Silesius diceva che sbocciano le rose.

Innestare nella vita quotidiana questo tempo è il compito della nostra ripresa di settembre: è L’invenzione del quotidiano di cui scrive Michel de Certeau, citando Witold Gombrowicz: «Ho dovuto, lei capisce, ricorrere sempre più a piccoli piaceri, quasi invisibili, secondari… Non ha idea di quanto, grazie a queste piccole cose, si acquisti un senso di immensità. È incredibile come s’ingrandisce».

L’istante come creazione continua alla quale compartecipiamo eternizza e dá senso al nostro tempo della ripetizione e della routine rendendolo luogo del disvelamento dell’eterno. Per Elmar Salmann ne deriva uno stile del cristianesimo come “gesto e pensiero”, che nasce da un connubio tra estetica ed etica, tradizione e presente, debolezza e potenza, lavoro e grazia, fallimento e rigenerazione. Stare sull’attimo è riconoscersi contingenti, vivere il “sacramento della presenza”, scrive in Presenza di Spirito. Il cristianesimo come gesto e pensiero. Si tratta di una fede che «valorizza nuove forme di condotta, di creanza, di critica e di creatività... che fa nascere uno stile libero, sciolto, urbano, incarnato e convincente».

di Luigi Mantuano