Era il 1995 quando Vandana Shiva decise di costruire la Bija Vidyapeeth (Scuola del seme), che nel tempo è diventata l’Università della Terra. La prima pietra fu in un vecchio frutteto di eucalipti nella Doon Valley, nell’Utterkahand, uno stato nel Nord dell’India noto per essere attraversato dall’Himalaya, per i pellegrinaggi Indù e per l’Ashram che ospitò i Beatles nel 1968.
Nessuno credeva che la giovane attivista indiana, che combatteva contro le multinazionali e lo sfruttamento intensivo del suolo, sarebbe riuscita a trasformare quella terra in una fiorente fattoria biologica di 47 acri, una banca dei semi comunitari e un centro di ricerca sulla biodiversità.
La voce di Vandana Shiva è molto ascoltata da Papa Francesco, che l’ha coinvolta nella preparazione di Laudato Si’, l’enciclica del 2015 “sulla cura della casa comune”, e in molte iniziative conseguenti.
Il suo lavoro sulle banche dei semi parte dalla convinzione che saranno le donne a salvare il mondo. «Perché - ha detto a Donne Chiesa Mondo - lo stanno già facendo. Noi siamo le seed keepers, custodi dei semi, nessun potere sulla Terra può impedirci di lavorare sulla terra e per la Terra. Ci impegniamo per creare un nuovo sistema basato sulla cura e la condivisione, proprio come indicato nell’enciclica». Sono le donne che hanno il rapporto più stretto con la natura e che la proteggono attraverso l’agricoltura rigenerativa, l’agro-ecologia, i cui principi ruotano attorno alle relazioni benefiche tra piante, animali, microrganismi e agricoltori; che interagiscono tra loro e con l’ambiente.
La fattoria all’ombra dell’Himalaya è il cuore del progetto Navdanya, lanciato da Vandana Shiva nel 1987 sulla base di un'antica tradizione indiana: la creazione di banche dei semi, oggi Ogm Free, mettendo in connessione varie comunità contadine rurali. «Navdanya (Nove Semi) è un’organizzazione che si basa sulle donne per difendere la sovranità alimentare, la sovranità delle sementi e i piccoli coltivatori», raccontano le donne della Doon Valley. Oggi è una rete di detentori di semi e produttori biologici sparsi in 22 stati dell’India, ha aiutato a creare 122 banche di semi in tutto il Paese, ha formato oltre 900.000 agricoltori in materia di agricoltura sostenibile, ha contribuito a creare la più grande rete di commercio equo e solidale del Paese. Navdanya promuove una cultura del cibo per la salute, basato sulla responsabilità ecologica e l’equità economica. Sulla difesa, ad esempio, dei contadini indiani «intrappolati dal cotone geneticamente modificato. Nei villaggi in cui abbiamo lavorato per salvare i semi locali e aiutare i contadini a tornare all’organico - ha raccontato Vandana Shiva - c’è stato un calo del 60 per cento degli Ogm».
La banca dei semi della fattoria di Navdanya ha salvato 4.000 varietà di riso autoctone, 2.200 varietà di miglio, pseudo-cereali, legumi, semi oleosi e ortaggi, 205 varietà di grano e 151 specie di alberi.
Con l’aumentare dei disastri naturali in India a causa dei cambiamenti climatici, Navdanya ha cominciato a conservare varietà di semi resistenti al clima attraverso un programma chiamato Seeds of Hope: dal 1998 gli agricoltori che hanno subìto inondazioni o siccità sono stati in grado di farvi fronte piantando semi resistenti, al sale e agli eccessi o alla mancanza di acqua.
«Un altro elemento chiave - ci spiegano le attiviste - sono i Gardens of Hope, Giardini della Speranza, che garantiscono una fornitura continua di cibo e piante locali per le famiglie. La loro crescita ha permesso alle donne di nutrire e mantenere le loro famiglie e le comunità locali anche durante la pandemia di Covid». E lo scorso anno, 1.735 nuove donne sono state coinvolte nel programma e oltre 4.000 orti sono stati creati in tutta l’India.
I disastri causati dai cambiamenti climatici hanno colpito anche programmi e le attività di Navdanya. Nel maggio 2021, il ciclone Yaas ha causato devastanti inondazioni nel Golfo del Bengala, dove l’associazione lavora da due decenni con gli agricoltori delle zone costiere del Bengala occidentale e dell’Orissa. Le 56 banche di semi comunitari di Navdanya, in questi due stati, hanno salvato oltre 4.500 varietà di riso, ortaggi e altre colture. Gli agricoltori che hanno coltivato i semi resistenti al clima dalle banche dei semi di Navdanya, hanno subìto meno perdite di raccolto rispetto agli agricoltori che coltivano le varietà commerciali basate su Ogm.
Anche il novanta per cento dei giardini del programma Garden of Hope è stato danneggiato o distrutto da eventi climatici e i raccolti sono andati perduti. Ma le contadine coinvolte nel programma hanno preso in prestito e condiviso tra loro semi di ortaggi e piante medicinali resistenti al clima e piantato una “nuova stagione” di orti resilienti.
Parlando all’incontro con l’Unione buddhista italiana a Roma lo scorso giugno, Vandana Shiva ha ribadito la sua battaglia contro lo sfruttamento del suolo, l’azzeramento della biodiversità, il predominio della coltivazioni Ogm: «C’è voluta molta violenza per mettere a tacere la conoscenza del vivere. Il cibo connette tutti noi ed è per questo che dobbiamo smettere di considerare gli agricoltori come semplici produttori. L’agricoltura è cura della terra e gli agricoltori sono i suoi custodi».
di Federica Re David