La teologia ecofemminista
Teologa, cattolica, femminista, e ecofemminista. Quando il 21 maggio scorso è venuta a mancare a 85 anni, di Rosemary Radford Ruether, americana del Minnesota, si è ricordato il suo impegno convinto, quasi testardo, di studiosa-attivista. Figura di spicco tra le grandi teologhe progressiste della seconda metà del Novecento, con Mary Daly ed Elisabeth Schüssler Fiorenza.
Una donna, e una pioniera, che ha dedicato la sua vita all’incontro tra la teologia e la lotta a qualsiasi forma di subordinazione: dei popoli, delle minoranze, delle donne, della natura. E lo ha fatto non solo scrivendo e insegnando ma costruendo reti di relazioni in università e nel sociale, collaborando con uomini e donne di diverse religioni e impegnandosi per permettere, grazie a borse di studio, di studiare a donne di diversi Paesi del mondo, promuovendo in particolare la riflessione delle teologhe femministe dei Paesi in via di sviluppo.
Una storia esemplare, la sua.
Dopo essersi laureata nel 1960 in storia antica alla Claremont Graduate School, consegue il dottorato di ricerca in studi classici e patristica nel 1965 con una tesi su Gregorio di Nazianzo, intraprendendo una carriera accademica, che la porta negli ultimi anni presso la Graduate Theological Union di Berkeley, dove insegnerà teologia femminista fino al 2005.
Grazie allo studio della storia e all’esperienza maturata subito dopo il 1965 (nell’estate di quello stesso anno lavora per i diritti civili nel Mississipi e nel decennio successivo insegna presso la Black Howard University School of Religion di Washington) Radford Ruether elabora, a partire dall’esigenza di riparare agli orrori del passato, una ricomprensione del legame di sororità e fraternità con tutto ciò che viene definito “altro” per liberarlo. Le donne, infatti, portano su di sé e sulla propria storia l’esperienza dell’alienazione e della sottomissione ad opera di una logica patriarcale che con ogni mezzo ha reso tale sistema essenziale; emanciparsi da tale logica significa liberare non solo se stesse ma soprattutto, in vista di una teologia ecofemminista, lavorare per l’edificazione di rapporti fondati sulla cooperazione e reciprocità tra gli esseri umani e tra questi con la natura.
«Il mio cattolicesimo è l’ala progressista e femminista della teologia della liberazione del cattolicesimo», ha scritto.
Il suo desiderio diviene, infatti, quello di far sì è che la teologia sia non solo un impegno intellettuale ma anche un sostegno pratico per le comunità cristiane e non solo cristiane, fornendo strumenti euristici – ovvero modelli di comprensione del reale - e metodologici per costruire un mondo in cui si realizzino l’uguaglianza e la giustizia per tutti e tutte. Nei suoi 47 libri pubblicati e nei circa 600 articoli tratta di temi quali: la chiesa primitiva, l’antisemitismo, il conflitto israelo-palestinese, la storia degli Usa, la crisi ambientale, e prima di tutto, come fil-rouge, il contributo teologico delle donne visto con gli occhi di una teologa femminista. Fondamentali sono Sexism and God-Talk: Towards a Feminist Theology del 1983, purtroppo mai tradotto in Italia, e Gaia e Dio - Una teologia ecofemminista per la guarigione della terra del 1992.
di Maria Bianco
Teologa, Centro Hurtado - Università Gregoriana