· Città del Vaticano ·

All’Angelus il Papa esprime preoccupazione e dolore per la situazione del Paese

La via del dialogo
per la convivenza pacifica
in Nicaragua

 La via del dialogo  per la convivenza pacifica in Nicaragua  QUO-190
22 agosto 2022

«Preoccupazione e dolore» per «la situazione creatasi in Nicaragua» sono stati manifestati dal Papa al termine dell’Angelus recitato a mezzogiorno di ieri, domenica 21 agosto, in piazza San Pietro. «Vorrei esprimere — ha detto — la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica». In precedenza Francesco aveva commentato il brano liturgico tratto dal Vangelo di Luca (13, 22-30), ricordando che la “porta stretta” di cui parla Gesù non è «destinata solo a pochi eletti o ai perfetti» ma è «aperta a tutti» e si misura sulla capacità di «impegnare la vita nell’amore, nel servizio e nel dono di sé».

Cari fratelli e sorelle, buona domenica!

Nel brano del Vangelo di Luca della liturgia di questa domenica, un tale domanda a Gesù: «Sono pochi quelli che si salvano?». E il Signore risponde: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta» (Lc 13, 24). La porta stretta è un’immagine che potrebbe spaventarci, come se la salvezza fosse destinata solo a pochi eletti o ai perfetti. Ma ciò contraddice quanto Gesù ci ha insegnato in molte occasioni; e infatti, poco più avanti, Egli afferma: «Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio» (v. 29). Dunque, questa porta è stretta, ma è aperta a tutti! Non dimenticare questo: a tutti! La porta è aperta a tutti!

Ma per capire meglio questa porta stretta, occorre chiedersi che cosa essa sia. Gesù trae l’immagine dalla vita del tempo e probabilmente si riferisce al fatto che, quando arrivava la sera, le porte della città venivano chiuse e ne restava aperta una sola, più piccola e più stretta: per rientrare a casa si poteva passare solo di lì.

Pensiamo allora a quando Gesù dice: «Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato» (Gv 10, 9). Ci vuole dire che per entrare nella vita di Dio, nella salvezza, bisogna passare attraverso di Lui, non di un altro, di Lui; accogliere Lui e la sua Parola. Come per entrare in città bisognava “misurarsi” con l’unica porta stretta rimasta aperta, così quella del cristiano è una vita “a misura di Cristo”, fondata e modellata su di Lui. Significa che il metro di misura è Gesù e il suo Vangelo: non quello che pensiamo noi, ma quello che ci dice Lui. E allora si tratta di una porta stretta non perché sia destinata a pochi, no, ma perché essere di Gesù significa seguirlo, impegnare la vita nell’amore, nel servizio e nel dono di sé come ha fatto Lui, che è passato per la porta stretta della croce. Entrare nel progetto di vita che Dio ci propone chiede di restringere lo spazio dell’egoismo, di ridurre la presunzione dell’autosufficienza, di abbassare le alture della superbia e dell’orgoglio e di superare la pigrizia per attraversare il rischio dell’amore, anche quando comporta la croce.

Pensiamo, per essere concreti, ai gesti quotidiani di amore che portiamo avanti con fatica: pensiamo ai genitori che si dedicano ai figli facendo sacrifici e rinunciando al tempo per sé stessi; a coloro che si occupano degli altri e non solo dei propri interessi: quanta gente è così, buona; pensiamo a chi si spende al servizio degli anziani, dei più poveri e dei più fragili; pensiamo a chi va avanti a lavorare con impegno, sopportando disagi e magari incomprensioni; pensiamo a chi soffre a motivo della fede, ma continua a pregare e ad amare; pensiamo a quanti, anziché seguire i propri istinti, rispondono al male con il bene, trovano la forza di perdonare e il coraggio di ricominciare. Questi sono solo alcuni esempi di gente che non sceglie la porta larga del proprio comodo, ma la porta stretta di Gesù, di una vita spesa nell’amore. Costoro, dice oggi il Signore, saranno riconosciuti dal Padre molto più di quelli che si credono già salvati e, in realtà, nella vita sono «operatori di ingiustizia» (Lc 13, 27).

Fratelli e sorelle, noi da che parte vogliamo stare? Preferiamo la strada facile del pensare solo a noi stessi o scegliamo la porta stretta del Vangelo, che mette in crisi i nostri egoismi ma ci rende capaci di accogliere la vita vera che viene da Dio e ci fa felici? Da che parte stiamo? La Madonna, che ha seguito Gesù fino alla croce, ci aiuti a misurare la nostra vita su di Lui, per entrare nella vita piena ed eterna.

A conclusione della preghiera mariana, dopo aver lanciato l’appello di pace per il Nicaragua, Francesco ha salutato i gruppi presenti e ha rinnovato la sua preghiera «per il caro popolo ucraino, che sta vivendo una immane crudeltà».

Cari fratelli e sorelle!

Seguo da vicino con preoccupazione e dolore la situazione creatasi in Nicaragua, che coinvolge persone e istituzioni. Vorrei esprimere la mia convinzione e il mio auspicio che, per mezzo di un dialogo aperto e sincero, si possano ancora trovare le basi per una convivenza rispettosa e pacifica. Chiediamo al Signore, per l’intercessione della Purissima, che ispiri nei cuori di tutti tale concreta volontà.

Fratelli e sorelle, saluto tutti voi, romani e pellegrini di vari Paesi: famiglie, gruppi parrocchiali, associazioni. In particolare, saluto la comunità del Pontificio Collegio Nord Americano, specialmente i nuovi seminaristi appena arrivati, e li esorto all’impegno spirituale e alla fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. Saluto le consacrate dell’Ordo virginum e le incoraggio a testimoniare con gioia l’amore di Cristo.

Saluto i fedeli di Verona, Trevignano, Pratissolo; i giovani di Paternò, Lequile e quelli del cammino della Via lucis che, sostenuti dall’esempio dei Santi della “porta accanto”, incontreranno i poveri che vivono nei pressi delle stazioni ferroviarie. E un saluto anche ai ragazzi dell’Immacolata.

Perseveriamo nella vicinanza e nella preghiera per il caro popolo ucraino, che sta vivendo una immane crudeltà.

Vi auguro una Buona domenica e per favore non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!