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Nell’Aula Paolo vi il dramma di Odessa Mykolaiv e Kherson

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03 agosto 2022

Odessa, Mykolaiv, Kherson: dall’inizio della guerra i nomi di queste città martiri dell’Ucraina ricorrono quotidianamente sui media di tutto il mondo. Stamane nell’Aula Paolo vi hanno parlato al Papa della drammatica situazione che esse — come tante altre nel Paese dell’Europa orientale — stanno vivendo, due sacerdoti venuti a far benedire una corona mariana in rappresentanza del vescovo francescano Stanislav Szyrokoriaduk di Odessa-Simferopol. Il prossimo 15 agosto verrà posta sul capo dell’immagine dell’Assunta nella cattedrale latina, per affidare alla Vergine le tribolazioni vissute da questa gente, da quando il 24 febbraio scorso ha avuto inizio l’aggressione militare russa.

«Il nostro pastore è sempre rimasto accanto alla popolazione di Odessa — spiega don Daniel Kulakowski — dove finora gli attacchi hanno colpito prevalentemente obiettivi militari o legati alla posizione strategica del porto del mar Nero per il commercio, in particolare l’export del grano, oltre a qualche palazzo civile». Ma, si affretta a puntualizzare il giovane prete, «nel territorio della nostra diocesi rientrano anche Mykolaiv e Kherson, dove i missili hanno colpito le abitazioni private, gli ospedali e persino le chiese: ben quattro ne sono state attaccate e distrutte».

Una storia che si ripete, quando dalla storia non si riesce ad imparare, come testimoniano le vicende della cattedrale dell’Assunzione di Maria Vergine: consacrata il 16 agosto 1853, fu confiscata nel 1935 dalle autorità sovietiche che la trasformarono in un circolo. Nel 1941, in seguito all’occupazione nazista di Odessa, essa tornò alla sua funzione originaria. Ma nel 1949 i sovietici requisirono nuovamente l’edificio di culto per farne una palestra. Solo nell’agosto 1991, la comunità cattolica poté tornare a venerare sull’altare maggiore l’immagine mariana del 1850, copia dell’Assunzione della Vergine dipinta da Raffaello. «A maggio ricorrevano il ventennale dell’erezione della nostra diocesi e il cinquantesimo di sacerdozio del vescovo emerito Bronisław Bernacki, e l’incoronazione doveva celebrare questo doppio giubileo». Poi la deflagrazione del conflitto ha portato in primo piano il flagello dei bombardamenti, costringendo a cambiare la prospettiva: da momento di festa ad appuntamento di preghiera per invocare il dono della pace.

Il vescovo di Roma — che è tornato a incontrare i fedeli dopo la pausa di luglio, entrando nell’Aula appoggiandosi al bastone — ha anche benedetto le corone di un’altra venerata immagine mariana: è quella del santuario di Kodeń, nella diocesi polacca di Siedlce. Si tratta della statua miracolosa della Madonna con il Bambino Gesù, famosa in tutto il Paese e in quelli confinanti: Bielorussia e Ucraina. Poiché il prossimo anno ricorre il terzo centenario, sono state preparate nuove corone portate dal vescovo Kazimierz Gurda e da tre oblati di Maria Immacolata, cui è affidato il santuario: Pawel Zajac, provinciale, Krzysztof Borodziej, custode, e Michal Hadric, parroco di Sant’Anna a Kodeń. Anche per loro il pensiero non poteva non andare alla tragedia della vicina Ucraina, così come per tutti quei polacchi che in agosto si recano a piedi a Jasna Góra, ai quali Papa Francesco ha chiesto di offrire le fatiche del pellegrinaggio «per la pace nel mondo, specialmente in Ucraina».

Come sempre il Pontefice ha assicurato le proprie preghiere per le sofferenze degli ucraini e per quanti stanno vivendo esperienze di fragilità, incoraggiando a non perdere mai la speranza. E così ha donato le corone del rosario a una decina di persone transessuali sostenute dalla comunità cristiana di Torvaianica, con don Andrea Conocchia, parroco della Beata Vergine Immacolata, e suor Geneviève Jeanningros, delle Piccole sorelle di Gesù. «È gente che soffre — spiega la religiosa della congregazione ispirata al carisma di san Charles de Foucauld — ma grazie a Francesco per loro si è aperta una grande luce», visto che già il 27 aprile e il 22 giugno ne aveva ricevute alcune.

In precedenza nella catechesi il Papa aveva rivissuto con i fedeli presenti il “pellegrinaggio penitenziale” compiuto in Canada la scorsa settimana, ribadendo la necessità di «promuovere le culture originarie con l’attenzione alle usanze e alle lingue dei popoli» indigeni. Ed è un po’ quello che cerca di fare anche il “Latium World Folkloric Festival” che si svolge a Cori agli inizi di agosto, con la presentazione di spettacoli di danze e canti autoctoni da varie parti del mondo.

Oggi nell’Aula Paolo vi i più colorati erano senza dubbio i rappresentanti della delegazione dell’Amazzonia brasiliana, ma non erano da meno con i loro abiti tradizionali anche georgiani e ungheresi.

di Gianluca Biccini