· Città del Vaticano ·

All’Angelus il Papa prega per il popolo ucraino e lancia un nuovo appello per la fine della guerra

Fermarsi e negoziare

 Fermarsi e negoziare  QUO-174
01 agosto 2022

Non ci si può rassegnare allo scandalo del commercio delle armi


«Fermarsi e negoziare»: all’indomani del rientro dal Canada, a conclusione del pellegrinaggio penitenziale iniziato domenica 24 luglio, Papa Francesco ha rilanciato all’Angelus due parole-chiave che hanno segnato in questi mesi i suoi ripetuti appelli per porre fine al conflitto in Ucraina. Assicurando ancora una volta la sua preghiera per la popolazione del Paese, il Pontefice ha chiesto di porre fine al «flagello della guerra» intraprendendo «passi concreti di pace». Prima della preghiera mariana domenicale recitata a mezzogiorno di ieri con i fedeli in piazza San Pietro, il Papa ha commentato come di consueto il brano liturgico del Vangelo di Luca (12, 13-21), lanciando un nuovo monito contro lo «scandalo» del commercio della armi.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Nel Vangelo della Liturgia odierna, un uomo rivolge a Gesù questa richiesta: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12, 13). È una situazione molto comune, problemi simili sono ancora all’ordine del giorno: quanti fratelli e sorelle, quanti membri della stessa famiglia purtroppo litigano, e magari non si parlano più, a causa dell’eredità!

Gesù, rispondendo a quell’uomo, non entra nei particolari, ma va alla radice delle divisioni causate dal possesso delle cose, e dice chiaramente: «Tenetevi lontani da ogni cupidigia» (v. 15). Che cos’è la cupidigia? È l’avidità sfrenata di beni, il volere sempre arricchirsi. È una malattia che distrugge le persone, perché la fame di possesso crea dipendenza. Soprattutto chi ha tanto non si accontenta mai: vuole sempre di più, e solo per sé. Ma così non è più libero: è attaccato, schiavo di ciò che paradossalmente doveva servirgli per vivere libero e sereno. Anziché servirsi del denaro, diventa servo del denaro. Ma la cupidigia è una malattia pericolosa anche per la società: a causa sua siamo arrivati oggi ad altri paradossi, a un’ingiustizia come mai prima nella storia, dove pochi hanno tanto e tanti hanno poco o niente. Pensiamo anche alle guerre e ai conflitti: quasi sempre c’entrano la brama di risorse e ricchezze. Quanti interessi ci sono dietro a una guerra! Di sicuro uno di questi è il commercio delle armi. Questo commercio è uno scandalo a cui non dobbiamo e non possiamo rassegnarci.

Gesù oggi ci insegna che, al cuore di tutto questo, non ci sono solo alcuni potenti o certi sistemi economici: al centro c’è la cupidigia che è nel cuore di ciascuno. E allora proviamo a chiederci: come va il mio distacco dai beni, dalle ricchezze? Mi lamento per ciò che mi manca o so accontentarmi di quello che ho? Sono tentato, in nome dei soldi e delle opportunità, di sacrificare le relazioni e sacrificare il tempo per gli altri? E ancora, mi capita di sacrificare sull’altare della cupidigia la legalità e l’onestà? Ho detto “altare”, altare della cupidigia, ma perché ho detto altare? Perché i beni materiali, i soldi, le ricchezze possono diventare un culto, una vera e propria idolatria. Perciò Gesù ci mette in guardia con parole forti. Dice che non si possono servire due padroni, e — stiamo attenti — non dice Dio e il diavolo, no, oppure il bene e il male, ma Dio e le ricchezze (cfr. Lc 16, 13). Ci si aspetterebbe che dicesse: non si può servire due padroni, Dio e il diavolo. Invece dice: Dio e le ricchezze. Servirsi delle ricchezze sì; servire la ricchezza no: è idolatria, è offendere Dio.

E allora — potremmo pensare — non si può desiderare di essere ricchi? Certo che si può, anzi, è giusto desiderarlo, è bello diventare ricchi, ma ricchi secondo Dio! Dio è il più ricco di tutti: è ricco di compassione, di misericordia. La sua ricchezza non impoverisce nessuno, non crea litigi e divisioni. È una ricchezza che ama dare, distribuire, condividere. Fratelli, sorelle, accumulare beni materiali non basta a vivere bene, perché — dice ancora Gesù — la vita non dipende da ciò che si possiede (cfr. Lc 12, 15). Dipende invece dalle buone relazioni: con Dio, con gli altri e anche con chi ha di meno. Dunque, ci chiediamo: io, come voglio arricchirmi? Voglio arricchirmi secondo Dio o secondo la mia cupidigia? E tornando al tema dell’eredità, quale eredità voglio lasciare? Soldi in banca, cose materiali, o gente contenta attorno a me, opere di bene che non si dimenticano, persone che ho aiutato a crescere e maturare?

La Madonna ci aiuti a capire quali sono i veri beni della vita, quelli che restano per sempre.

Al termine della preghiera mariana, dopo aver ricordato il viaggio in Canada appena concluso — al quale dedicherà l’udienza generale di mercoledì 3 agosto, la prima dopo la pausa estiva del mese di luglio — il Pontefice ha lanciato il nuovo appello per la pace in Ucraina e ha salutato alcuni dei gruppi presenti in piazza.

Cari fratelli e sorelle!

Ieri mattina sono rientrato a Roma dopo il viaggio apostolico di sei giorni in Canada. Ho intenzione di parlarne nell’Udienza generale di mercoledì prossimo, ma ora desidero ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile questo pellegrinaggio penitenziale, a partire dalle Autorità civili, dai Capi delle popolazioni indigene e dai Vescovi canadesi. Ringrazio di cuore quanti mi hanno accompagnato con la loro preghiera. Grazie a tutti!

Anche durante il viaggio non ho mai smesso di pregare per il popolo ucraino, aggredito e martoriato, chiedendo a Dio di liberarlo dal flagello della guerra. Se si guardasse la realtà obiettivamente, considerando i danni che ogni giorno di guerra porta a quella popolazione ma anche al mondo intero, l’unica cosa ragionevole da fare sarebbe fermarsi e negoziare. Che la saggezza ispiri passi concreti di pace.

Rivolgo il mio saluto a voi, romani e pellegrini. Saluto, in particolare, le novizie Figlie di Maria Ausiliatrice che si accingono a fare la prima Professione religiosa; il gruppo di Azione Cattolica di Barletta; i giovani della diocesi di Verona; i ragazzi dell’Unità pastorale “Pieve di Scandiano”; e quelli del gruppo “Gonzaga” di Carimate, Montesolaro, Figino e Novedrate, che hanno camminato sulla Via Francigena. Nella festa di Sant’Ignazio di Loyola rivolgo un affettuoso saluto ai miei confratelli gesuiti. Continuate a camminare con zelo, con gioia nel servizio del Signore. Siate Coraggiosi!

Auguro a tutti una buona domenica. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!