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Testimonianza evangelica e impegno missionario: l’eredità spirituale e pastorale del cardinale Cláudio Hummes

Profeta ecumenico
integrale e universale

 Profeta ecumenico  integrale e universale  QUO-152
06 luglio 2022

Il cardinale Cláudio Hummes, che lunedì è tornato alla casa del Padre, è stato profeta nella sua terra, con un Vangelo inculturato e incarnato nella diversità e nella ricchezza dell’ecologia integrale amazzonica. Ha rappresentato la voce dei poveri del Brasile profondo e, partendo dalle sue parole e dalla sua visione di tutte le periferie esistenziali, ha portato il Cristo dei poveri dalla e fino alla cosmopolita San Paolo. Ho avuto il privilegio di rendergli visita, dopo aver percorso chilometri nelle favelas paoline, e di mantenere con lui un dialogo ecumenico. La sua visione dell’ecumenismo andava oltre la diversità delle confessioni cristiane o dei rapporti interconfessionali. Il suo ecumenismo insegnava, trasmetteva e attraversava con la sua voce e il suo esempio la pluriculturalità e molteplicità delle culture dell’Amazzonia. Ciò ha fatto di lui un profeta ecumenico e, concedetemi la ridondanza etimologica, un profeta universale.

In un’occasione si è prestato a essere intervistato da me per «L’Osservatore Romano». Riporto di seguito alcuni passi di quella intervista, per richiamare alla nostra mente il suo caro ricordo e le sue parole. Parole che evocano opere di pace e di benedizione. Opere che ricordano oggi la speranza del libro dell’Apocalisse: «Poi udii una voce dal cielo che diceva: “Scrivi: Beati d’ora in poi, i morti che muoiono nel Signore. Sì, dice lo Spirito, riposeranno dalle loro fatiche, perché le loro opere li seguono”» (Ap 14, 13).

Pochi mesi dopo la chiusura del Sinodo sull’Amazzonia, questo profeta del Signore ci ha detto, tra le altre cose: «Credo che il Sinodo, in primo luogo, abbia fatto sì che tutta la Chiesa acquisisse una conoscenza più reale e accogliente dei popoli originari, della loro cultura, identità, storia e cosmovisione, e della loro insostituibile importanza per tutta la famiglia umana e, in particolare, per la Chiesa. In secondo luogo, il Sinodo ha dimostrato che è possibile costruire nuovi cammini per la Chiesa attraverso la conversione pastorale e l’inclusione ecologica — prendendosi cura della casa comune — mediante un processo che consiste nell’abbattere muri e nel costruire ponti, e giungendo alle periferie del mondo per ascoltare, ascoltare e riascoltare, per disimparare, imparare e rimparare a costruire il futuro con le popolazioni locali, inculturando e incarnando il Vangelo nelle culture, in un dialogo interreligioso e interculturale, con passione e audacia. Possiamo definire tutto ciò “costruire una Chiesa più sinodale, misericordiosa, con una chiara opzione preferenziale per i poveri”. In terzo luogo, il Sinodo ha riaffermato quello che Papa Francesco propone nella Laudato si’ e nella Evangelii gaudium sulla cura della casa comune, soprattutto in Amazzonia, in questo momento di grave e urgente crisi climatica ed ecologica».

Alla domanda sulla Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia, Hummes ha risposto così: «La Conferenza ecclesiale dell’Amazzonia (Ceama) è qualcosa di nuovo che invita tutta la Chiesa a interrogarsi. Ovviamente include i vescovi, ma anche altre persone come gli anziani, i religiosi, i laici e, con particolare enfasi, i rappresentanti indigeni. Ha il livello di conferenza, per esplicito desidero di Papa Francesco e, pertanto non è solo una segreteria o una commissione di un altro ente. Ha una caratteristica più simile a una campana di altre conferenze della Chiesa. È ancora giovane, modesta, ma molto vivace».

Poi, alla domanda sulla nascente Università dell’Amazzonia, ci ha risposto che «è stato il Sinodo a richiedere che fosse creata un’Università Cattolica dell’Amazzonia. Tutti sappiamo che l’educazione è fondamentale per lo sviluppo integrale della famiglia umana e, pertanto, anche per lo sviluppo dei popoli amazzonici. Si tratta tuttavia di un’istituzione educativa inculturata, che accoglie e sviluppa la cultura e la conoscenza ancestrale, costruendo le sue prassi e i suoi progetti educativi con la stessa popolazione del territorio».

L’intervista si è conclusa con un collegamento, a mo’ di filo conduttore, tra Laudato si’, Querida Amazonia e Fratelli tutti. Le sue parole al riguardo sono state le seguenti: «È fedeltà nell’inclusione di tutti gli esseri umani coinvolti, come pure del territorio, la “casa comune”. Non è accettare che qualcuno resti indietro o non sia riconosciuto come uguale. Siamo tutti fratelli. Tutto è connesso».

A noi tutti che ci siamo abbeverati alle acque profonde del suo pensiero ecumenico integrale e siamo stati testimoni della sua coerenza evangelica di parole e opere in Cristo e del suo impegno missionario verso e a partire dai poveri e dall’America latina morena, restano la sua eredità e le sue opere che continuano a parlarci e a sfidarci.

di Marcelo Figueroa


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