· Città del Vaticano ·

«L’unica lotta da fare
è per la pace e lo sviluppo»

 «L’unica lotta da fare  è per la pace e lo sviluppo»  QUO-152
06 luglio 2022

«L’unica lotta da fare è quella per la pace e per lo sviluppo. È una battaglia da condurre tutti insieme. Pace e sviluppo sono due cose legate: senza pace, non c’è sviluppo. E l’assenza di pace è fonte di instabilità e insoddisfazione». Il ricordo del ritiro del 2019 a Santa Marta, dove parteciparono i leader del Sud Sudan ai quali il Papa, con un gesto dirompente, baciò i piedi, ha fatto da traccia alla mezz’ora di colloquio di ieri tra il cardinale Pietro Parolin e il presidente sud sudanese, Salva Kiir Mayardit.

L’incontro è avvenuto nel primo pomeriggio all’interno Palazzo presidenziale ed è stato il primo appuntamento ufficiale della trasferta a Juba del segretario di Stato. Tra controlli serrati, l’incontro con il presidente, presentatosi nella Sala riunioni con il caratteristico cappello in feltro nero e un bastone, si è svolto in un clima cordiale. Più volte Salva Kiir ha ripetuto «benvenuto a Juba» a Parolin e alla sua delegazione, auspicando che possa trascorrere giorni sereni.

Il primo pensiero è andato naturalmente al Papa, alla sua salute e al mancato viaggio in Africa. Come nei giorni scorsi in Repubblica Democratica del Congo, il segretario di Stato ha ribadito il desiderio di Francesco di recarsi in questi luoghi appena le condizioni, soprattutto fisiche, lo permetteranno. «Sono fiducioso della visita del Papa», ha detto Salva Kiir, garantendo che il Paese è pronto a sostenere questo importante evento e che tutti i cristiani delle diverse denominazioni si sono uniti per pregare per una pronta guarigione del Pontefice.

Di un messaggio del Papa al presidente sud sudanese si è fatto quindi latore il cardinale Parolini: «Riconciliazione e pace». Sviluppi in tal senso, in questi quattro anni dal ritiro in Vaticano, ci sono stati; Parolin ha ribadito infatti che, anche dal Papa, sono stati riconosciuti e apprezzati i passi in avanti del governo. Ma, nel suo intervento, ha insistito soprattutto su ciò che rimane da fare per garantire una stabilità al Paese che ha avviato il suo Revitalised Peace Agreement, l’accordo di pace in scadenza nel febbraio 2023, che deve essere ancora attuato. Parolin ha indicato quindi le vie da percorrere, in vista anche delle elezioni generali del prossimo anno: promuovere l’unità nazionale, stabilizzare il Paese, introdurre la riforma della Costituzione, incoraggiare il movimento di unità «necessario per lo sviluppo del Sud Sudan».

In proposito il cardinale ha letto, facendole proprie, le ultime righe del discorso rivolto dal Papa ai partecipanti alle giornate di preghiera e confronto nella residenza vaticana. Oltre a Salva Kiir, allora erano presenti a Santa Marta i vice presidenti designati Riek Machar e Rebecca Nyandeng De Mabio: «E a voi tre, che avete firmato l’Accordo di pace, chiedo, come fratello: rimanete nella pace. Ve lo chiedo con il cuore. Andiamo avanti. Ci saranno tanti problemi, ma non spaventatevi, andate avanti, risolvete i problemi. Voi avete avviato un processo: che finisca bene».

Anche Salva Kiir ha voluto focalizzare il suo intervento sulla due giorni in Vaticano: «Siamo tornati da Roma e non abbiamo più combattuto», ha assicurato. «Ho detto no a nuove guerre. La gente forse non ha visto sviluppi, ma ha sentito il silenzio delle armi». Combattente da quando era ragazzo, il presidente sud sudanese, che ha ribadito più volte la propria fede in Dio, ha detto al cardinale: «Non permettiamo a nessuno di iniziare una guerra. Non voglio più combattere, ora vogliamo la pace nel Paese».

Non è mancato nel colloquio un cenno alla preparazione delle prossime elezioni. «Tutte le forze politiche — ha raccomandato Parolin — devono essere al servizio del progresso e dello sviluppo del Paese».

Dopo quello con Salva Kiir è seguito l’incontro con il primo vice presidente, Riek Machar. Seduti nel suo ufficio, Machar ha ricordato pure lui l’incontro con il Papa del 2019. L’arrivo del Pontefice in Sud Sudan, ha aggiunto, avrebbe dato impulso ai vari processi in corso. È quanto stava già avvenendo nei mesi antecedenti al viaggio papale: «Ci stavamo preparando per mostrare dei risultati concreti». La speranza, da parte di Machar, è che qualcosa possa mettere in moto il processo di attuazione del Revitalised Peace agreement, prima della scadenza. Un obiettivo certamente non facile da raggiungere. Il primo vice presidente ha auspicato che al Sud Sudan non manchi l’aiuto della Santa Sede. (salvatore cernuzio)


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