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La buona Notizia
Il Vangelo della XV domenica del tempo ordinario (Lc 10, 25-37)

La prassi dell’amore

 La prassi dell’amore  QUO-151
05 luglio 2022

L’amore è per sua definizione un termine attivo, non racchiudibile in formule statiche o definizioni astratte ma ricco di un dinamismo fattivo. Capita che trasformiamo questo dinamismo in rigorismi e rituali algidi, pensando di percorrere la strada apparentemente più sicura e più vicina alla conquista della vita eterna. Ma l’amore non può essere racchiudibile in formalismi aridi; la paura di esporci con l’altro e per l’altro, spesso può destabilizzarci e spingerci a rifugiarci in un presunto amore per un Dio astratto privo di carnalità. Ma vivere un Dio disincarnato può gettarci in una delle più grandi angosce esistenziali: l’“essere abbandonato”, essere lasciato da solo con la propria fragilità.

Gesù legge negli occhi della sua creatura questa paura e ha necessità di insegnarci come fronteggiarla, mostrandoci la dimensione esperienziale dell’amore; desidera donarci strumenti per non esorcizzare tale angoscia. Gesù fotografa due modalità di mettersi in relazione alla sofferenza umana: “stare” riconoscendo la nostra fragile umanità nell’altro o “passare oltre” scegliendo di preservare la nostra identità attraverso una religiosità dell’indifferenza.

Quale è, dunque, il moto interiore che sospinge il samaritano? Perché proprio l’uomo apparentemente lontano da Dio “si ferma”? La sua umanità ha vinto, si è lasciato toccare nelle viscere, si è chinato e ha sentito la sofferenza dell’altro. Dio abita proprio lì, nelle viscere della nostra umanità.

Spesso nel percorso della vita, rischiamo di disgiungere l’umano da ciò che definiamo religioso e pur di non incrociare lo sguardo dolorante dell’altro, allontaniamo ciò che ci abita, salvaguardando così la nostra artificiosa fedeltà ad un Dio disincarnato. Ma ciò che tradisce questa nostra logica difensiva è proprio la nostra natura umana, costitutivamente imbevuta di relazioni. Dunque, prima o poi, giunge un momento nella vita di ciascuno di noi, in cui dobbiamo scegliere se fermarci o passare oltre.

La meraviglia a cui Gesù ci vuole introdurre è proprio il senso dell’altro, non più percepito “un disincarnato da noi”, ma parte di noi e strumento per ritrovare Dio in noi. Gesù stesso si è incarnato in un corpo come il nostro, ha percepito il mondo con i suoi sensi e le sue emozioni, vivendo relazioni con una umanità ferita, è diventato nostro prossimo.

Ma allora perché spesso non riusciamo a farci prossimi del nostro vicino, perché finiamo in un vicolo di solitudine? Non importa chi sia il nostro prossimo, il punto centrale che Gesù vuole restituirci è la prassi dell’amore, che non vuole tante costruzioni teoriche ma semplice tenerezza del cuore, che possiamo lasciar libera di transitare proprio tra le nostre sbrindellate relazioni quotidiane. 

di Rossella Barzotti