· Città del Vaticano ·

Tra Chiesa e Stato
una nuova collaborazione
più intensa e fruttuosa

 Tra Chiesa e Stato una nuova collaborazione  più intensa e fruttuosa  QUO-150
04 luglio 2022

Una visita di carattere prettamente pastorale quella del cardinale Pietro Parolin nella Repubblica Democratica del Congo, che tuttavia ha visto il segretario di Stato impegnato lungo tutta la giornata di sabato 2 luglio in appuntamenti istituzionali di alto livello. Anzitutto la visita al presidente Félix Tshisekedi, poi il colloquio con i rappresentanti della Monusco, infine l’incontro con il primo ministro Jean-Michel Sama Lukonde, insieme al quale, dopo un colloquio privato di circa mezz’ora, il porporato ha partecipato alla firma degli accordi specifici tra la Cenco e il Governo. Un appuntamento, questo, che i vescovi non hanno esitato a definire a più riprese «storico». Storico perché attraverso tali accordi viene riconosciuta la natura propria della Chiesa, finora registrata dallo Stato come associazione senza scopo di lucro.

Nella Primatura, sede del premier, a pochi chilometri dalla nunziatura apostolica, si sono riuniti i ministri  di  Esteri, Salute, Giustizia, Finanze, Insegnamento superiore e università, Affari locali. A turno con il presidente della Cenco, monsignor Marcel Utembi Tapa, hanno siglato le cinque intese specifiche che danno attuazione all’Accordo-quadro siglato da Santa Sede e Repubblica Democratica del Congo il 20 maggio 2016 su materie di comune interesse. L’accordo era stato firmato in Vaticano  da  monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni internazionali, e l’allora ministro degli Esteri congolese, Raymond Tshibanda N’Tungamulongo. Prendendo atto della rispettiva indipendenza e autonomia di Chiesa e Stato, l’intesa fissava il quadro giuridico dei reciproci rapporti e, in particolare, sanciva la posizione giuridica della Chiesa cattolica nell’ambito civile e la sua libertà nell’attività apostolica e nella regolazione delle materie di propria competenza. 

Ratificato nel 2019, entrato in vigore nel 2020, l’Accordo-quadro non è mai stato però applicato pienamente. Tanto che il premier Sama Lukonde nel giugno scorso aveva formulato un decreto per chiederne l’implementazione e quindi il riconoscimento della Chiesa come entità giuridica. Mesi e mesi sono durate le negoziazioni che hanno richiesto un notevole dispiego di energie da parte della Cenco, della nunziatura e dei ministeri coinvolti. Una Commissione mista ha quindi redatto i cinque accordi specifici che, nel dettaglio, disciplinano gli ambiti di insegnamento della religione nelle scuole, attività assistenziale-caritativa della Chiesa, cura pastorale nelle istituzioni penitenziarie e ospedaliere, regime patrimoniale e fiscale.

La cerimonia è stata molto partecipata da entrambe le parti, scandita da foto di gruppo, dallo scambio di reciproci doni e da applausi. «Questa tappa è la manifestazione della volontà del presidente di esprimere l’onore della sua visita», ha detto il primo ministro al cardinale Parolin. Il quale, da parte sua, ha sottolineato che «l’Accordo consolida il partenariato che unisce da secoli la Chiesa cattolica e le autorità politiche di questo Paese. L’interesse della Chiesa, in queste relazioni con le autorità civili, è essenzialmente orientato verso la collaborazione per lo sviluppo umano integrale di tutte le persone, senza distinzioni etniche o religiose, e soprattutto i più poveri e bisognosi», ha rimarcato il porporato. Ed ha auspicato che l’Accordo-quadro non rappresenti solo «la fine di un lungo processo, ma piuttosto la pietra d’angolo”  di una nuova collaborazione», più «intensa e ordinata», «pacifica e fruttuosa».

Parole, queste, riprese dall’arcivescovo di Kinshasa, il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, che, a margine della cerimonia, commentando con i media vaticani questo «giorno storico per la Chiesa congolese», ha spiegato: «Da oggi per noi diventerà tutto più facile riguardo a ciò che facciamo per i poveri da anni. La Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo, infatti, fa tanto per la popolazione: gestisce più o meno il 50% delle scuole primarie e secondarie; nel campo della sanità ha il 40% delle strutture sanitarie. Finora, però, la Chiesa era registrata come una Ong, una organizzazione non governativa. Ma la Chiesa non è una Ong». «L’accordo — ha sottolineato il pastore di Kinshasa — dà quindi un nuovo slancio. Se prima nessuno, a cominciare da un vescovo nella propria diocesi, sapeva quali erano i diritti e i doveri della Chiesa verso il Governo, da oggi le cose sono più chiare. E sappiamo che tutto il lavoro svolto avviene all’interno di una legislazione riconosciuta dallo Stato».

Il rapporto Chiesa-Governo a favore della popolazione è stato tra i temi centrali nel dialogo, durato quasi un’ora, tra Parolin e il presidente Tshisekedi, che ha ricevuto il segretario di Stato in tarda mattinata nella città dell’Oua, l’enorme complesso affacciato sul fiume Congo, ex sede dell’Organizzazione dell’Unione africana di cui Tshisekedi fino all’anno scorso è stato presidente. Seduti al tavolo, accompagnati dalle rispettive delegazioni, cardinale e presidente hanno discusso della situazione della nazione, di sicurezza e della preoccupazione per le violenze nelle regioni orientali segnate dai conflitti, per le quali Tshisekedi ha espresso il desiderio di pace e stabilità. Ad esso, il cardinale ha risposto assicurando la vicinanza del Papa e ribadendo l’impegno della Santa Sede a favorire percorsi di sviluppo e di pace.

«Pace» è stata la parola più volte ripetuta nell’incontro tra il segretario di Stato e i rappresentanti della Monusco, la forza di  peacebuilding  dell’Onu in missione dal 1999 nella Repubblica Democratica del Congo per la stabilizzazione. Nella Monusco Town Hall, Parolin — al suo primo appuntamento a Kinshasa — era stato ricevuto dal rappresentante aggiunto, Khassim Diagne (la rappresentante speciale del segretario generale è in questi giorni a New York per il Consiglio di sicurezza dell’Onu). In un briefing, Diagne e gli altri rappresentanti della delegazione Onu hanno illustrato le operazioni di protezione e pacificazione nel Nord Kivu, teatro di violenze e continue minacce, dove lo scorso anno ha trovato la morte l’ambasciatore italiano Luca Attanasio e dove era prevista anche una tappa del viaggio di Papa Francesco poi rinviato.  Il panorama presentato al cardinale è drammatico: «villaggi massacrati», una popolazione sotto costante «paura e panico» a causa di gruppi armati, infiltrazioni di movimenti islamisti. L’impegno, è stato spiegato, è mirato a «proteggere i civili», «restaurare l’integrità territoriale» e garantire una «multiforme sicurezza».

«Un grande lavoro», ha osservato Parolin, che ha ribadito la preoccupazione per la situazione a Est, soprattutto dal punto di vista umanitario. «La situazione è complicata e le sfide sono enormi», ha detto; «bisogna trovare soluzioni» dal momento che tutta la situazione «pesa sulla popolazione civile». La speranza è soprattutto che «diminuiscano le violenze», ha affermato il porporato. Da qui, anche l’invito a «ripristinare l’economia a partire dalle risorse nazionali», soggette a interessi economici, creando un «equilibrio» che possa anche contrastare la povertà endemica di questi luoghi. Insieme a questo mandato, anche quello di «proteggere la popolazione» e «accogliere i rifugiati». Parolin ha inoltre ricordato il ruolo della Conferenza episcopale e dei sacerdoti e religiosi impegnati sul campo: «Insieme è possibile una collaborazione per migliorare la situazione». (salvatore cernuzio)


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