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Social network, labirinti contemporanei

Il Minotauro nella bolla

 Il Minotauro nella bolla  QUO-145
27 giugno 2022

Si narra che dall’unione tra il Toro di Creta e Pasifae, moglie di Minosse e regina dell’isola, nacque, per punizione di Poseidone, un essere ripugnante, dal corpo di uomo e dalla testa di toro. La creatura, rinchiusa in un labirinto, riceveva ogni anno un tributo di sette fanciulli e sette fanciulle, dei quali si cibava, finché Teseo, con la complicità di Arianna, penetrò nel labirinto e pose fine a quell’esistenza mostruosa e violenta.

Questa, in sintesi, la tragica storia del Minotauro, essere tanto feroce quanto incolpevole, nel suo rispondere a istinti animaleschi per una catena causale che — come sovente avviene nella mitologia greca — è da ricondurre alle responsabilità paterne e alle ripicche di Poseidone. Nelle molteplici versioni eterodosse del mito, sovente le colpe del Minotauro sono state, infatti, ridimensionate, e il mostro mutato in antieroe tragico, segnato da un destino di solitudine.

In tal senso risulta particolarmente attuale, sebbene scritta nel 1985, una storia breve di Friedrich Dürrenmatt, intitolata appunto Il minotauro. Nella ricostruzione di Dürrenmatt, il Minotauro è prigioniero in un labirinto di specchi, che riflettono e moltiplicano la sua immagine: «Vide davanti a sé un’infinità di esseri fatti com’era lui, e come si girò per non vederli più, un’altra infinità di esseri uguali a lui. Si trovava in un mondo pieno di esseri accovacciati senza sapere che quell’essere era lui».

Non conoscendo il concetto di alterità, il Minotauro identifica l’Altro da sé nella propria immagine riflessa, convincendosi di vivere in un mondo popolato da moltitudini di Minotauri. Come se non fosse sufficiente, tutti gli abitanti di questo mondo compiono, agli occhi del protagonista, esattamente le sue stesse azioni.

«Balzò in piedi istintivamente per scacciare gli esseri accovacciati, e contemporaneamente balzarono in piedi le sue immagini. Si rannicchiò e con lui si rannicchiarono le sue immagini». Ai cenni di saluto, gli altri Minotauri rispondono prontamente; alle sue corse, ai salti, alle capriole, sempre gli altri rispondono in identico modo. E, tuttavia, i Minotauri che abitano il labirinto non possono essere toccati, né tantomeno abbracciati. Quando il protagonista allunga la mano verso il proprio riflesso, una mano opposta si allunga verso di lui, ma fredda e liscia al tocco, impenetrabile.

La condizione del Minotauro di Dürrenmatt ricorda da vicino alcune forme di alienazione facilmente riscontrabili nel contesto delle interazioni sui social network. Innanzitutto, le immagini degli altri Minotauri, così vicine eppure filtrate dalla superfice del vetro, rammentano il modello relazionale tipico degli utenti social, dei quali solo apparentemente si conosce tutto e con i quali solo apparentemente si coltiva uno scambio. Ma, soprattutto, l’idea di tanti duplicati uguali, che ripetono esattamente gli stessi gesti del protagonista, si può associare al concetto di bolla costituita da una comunità virtuale unita da medesime convinzioni e riferimenti.

Era il 2011 quando Eli Parisier pubblicava il libro The Filter Bubble: What the Internet Is Hiding from You, illustrando la teoria della bolla di filtraggio, ossia un ecosistema di informazioni personalizzato dall’algoritmo dei motori di ricerca, sulla base della rilevazione delle preferenze dell’utente. In buona sostanza l’algoritmo mostrerebbe all’utente solo (o soprattutto) contenuti selezionati, che si suppone egli voglia vedere. La teoria, comunque in parte discussa, trova applicazione concreta per quanto concerne l’algoritmo dei social, che rilancia con maggiore frequenza i contenuti degli utenti con cui si interagisce maggiormente. Esattamente come il Minotauro, l’utente social si ritrova così in un mondo virtuale popolato da contatti che con i quali condivide, se non proprio una weltanschauung, quantomeno un certo modo di interpretare la realtà, ignorando o quasi che fuori da quella bolla esistono persone che hanno altri pensieri e altri riferimenti.

L’esistenza nella bolla virtuale ostacola nel giovane la formazione di un pensiero critico, che si esercita nel confronto e anche nell’eventuale discussione che può sorgere con chi si fa portatore di una posizione differente. Nell’adulto, invece, rischia di radicalizzarne le opinioni che, soprattutto se percepite inizialmente come opinioni di minoranza, trovano forza nella percezione di una medesima eco, creando tanti piccoli pensieri unici, dominanti solo all’interno della bolla stessa.

Di certo il rischio di rinchiudersi in una bolla di persone che hanno medesima provenienza sociale e stesse o simili convinzioni politiche, religiose o culturali è presente anche fuori dal contesto virtuale dei social. Tuttavia il mondo reale espone al rischio dell’incontro con l’Altro da sé, e con esso a un confronto che, fuori dalla vetrina pubblica delle bacheche social, non si riduce a un narcisistico combattimento tra galli.

La storia del Minotauro, è noto, ha un epilogo tragico per il mostro. Per non incorrere nello stesso rischio, sarebbe necessario anche per noi un filo di Arianna che ci riconduca fuori dal labirinto di specchi, dove poter infine incontrare un altro Teseo e discutere con lui, in amicizia.

di Valerio De Felice