· Città del Vaticano ·

La buona Notizia
Il Vangelo della XIII domenica del tempo ordinario (Lc 9, 51-62)

Seguire Cristo
vocazione autentica

 Seguire Cristo vocazione autentica  QUO-140
21 giugno 2022

C’è una strada, e lungo la strada qualcuno con cui condividere una parte di cammino. È la metafora dell’esistenza, tutti viviamo così. Ma cosa accade davvero sugli itinerari della vita? Accade che “il Signore della strada” ci inviti a seguirlo. Le risposte sono varie, un coro di voci di uomini e donne tra contrasti e contraddizioni d’ogni tempo. Va così anche nel Vangelo di questa domenica, dove si intrecciano quattro conversazioni tra Gesù e chi cammina con lui verso Gerusalemme.

I primi a parlare sono due discepoli, stizziti perché un villaggio non ha voluto ospitarli: «Signore, diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Gesù li rimprovera, li chiama a rimettersi in cammino. La loro è la domanda di quella Chiesa che in certe epoche ha sì invitato ad accogliere Cristo ma poi, davanti a un no, ha “bruciato” terra su cui si camminava. Anche quella Chiesa ha dovuto ogni volta tornare sulla via del Signore, e continua a farlo oggi.

Gesù prosegue la strada, e un tale gli dice: «Ti seguirò ovunque tu vada». Spera in un posto sicuro, “il posto fisso”, l’accomodamento, ma Cristo non ha un luogo dove accomodarsi, piuttosto si incarna in una vita umana da attraversare senza sosta, senza pause. L’idea di aver trovato dove costruire una tenda per il riposo, disimpegnandosi dalle durezze e fatiche che il cammino di una vita di fede implica, è stata, ed è ancora per molti, un’illusione. Con le note parole del Papa: «La Chiesa deve essere sempre in uscita, se no si ammala».

Dunque, avanti a camminare. Gesù affianca un altro uomo: «Seguimi!». Lui vuole prima seppellire suo padre, ma Gesù replica: «I morti seppelliscano i morti. Tu va’ e annuncia». Sembra dirci che non dobbiamo adagiarci su risposte che pensiamo definitive (morte), ma rimanere in ricerca del vero in noi e in Dio. Siamo un’umanità assetata di divino. Anche davanti alla morte dovremmo trovare parole di Vita, per raccontare che la morte non ha l’ultima parola. La Vita si è incarnata, e ha scelto un corpo mortale come luogo prediletto per manifestare la Sua potenza.

Sulla via c’è un ultimo chiamato, che temporeggia per salutare i parenti. Nella risposta di Gesù, «Chi mette mano all’aratro e si volge indietro non è adatto per il regno di Dio», risuona il senso della Tradizione per la Chiesa. La Chiesa, come Eliseo nella Prima Lettura, procede sempre in avanti, arando la storia con il peso della Sapienza e della Tradizione, e scruta l’orizzonte, attende la venuta del Signore che s’avvicina all’umanità riconciliata. Il Papa non ha forse ricordato che la Chiesa, «invece di attingere dalle radici per andare avanti [...], fa un “indietrismo”»? E spiegando questa espressione dice: «Questo indietrismo che ci fa setta, che ti chiude, che ti toglie gli orizzonti: si dicono custodi delle tradizioni, ma delle tradizioni morte». Non è forse quello che dobbiamo contrastare perché la Chiesa possa essere sempre pronta ai suggerimenti dello Spirito?

di Giuditta Bonsangue