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Il racconto

L’abbraccio con le famiglie ucraine

 L’abbraccio con le famiglie ucraine  QUO-136
15 giugno 2022

Sono state due famiglie ucraine, ospitate in questi giorni nel convento francescano di Angri, nel salernitano, a rilanciare subito con la preghiera in piazza San Pietro il nuovo appello di Papa Francesco per la loro terra. «Per favore, non dimentichiamo il popolo martoriato dell’Ucraina in guerra» ha detto il Pontefice durante l’udienza generale. «Non abituiamoci a vivere come se la guerra fosse una cosa lontana. Il nostro ricordo, il nostro affetto, la nostra preghiera e il nostro aiuto siano sempre vicino a questo popolo che soffre tanto e che sta portando avanti un vero martirio».

Le due famiglie sono state accompagnate a Roma da padre Salvatore Manzo, frate minore, che sta organizzando l’accoglienza dei profughi ucraini nel convento di via Risi ad Angri. «Ci sono tanti volontari che stanno dando una mano» racconta padre Manzo. «Lo stile è quello dell’accoglienza francescana per chi è in difficoltà. Alcune persone che abbiamo ospitato hanno già fatto rientro in Ucraina per cercare di ritrovare i propri familiari». E l’incontro con il Papa, aggiunge, rilancia anche la dimensione della preghiera per la pace.

«Noi a Cavezzo abbiamo ricevuto tanto quando eravamo a terra, devastati dal terremoto del 29 maggio di dieci anni fa. Ora che abbiamo ricostruito tutto, sentiamo l’urgenza di restituire, almeno in parte, il bene che ci è stato fatto gratuitamente». Con il sanguigno e impetuoso carattere emiliano Gianni Sgarbi, coordinatore dei volontari della Protezione civile di Cavezzo — con il sindaco Lisa Luppi e il parroco don Giancarlo Dallari, prete da 55 anni — ha raccontato a Papa Francesco questa appassionante storia di concreta solidarietà che sta scrivendo la gente della terra modenese.

Settemila abitanti che insieme, come comunità, hanno saputo ripartire e ricostruire dopo il sisma che nel 2012 ha distrutto praticamente tutto (la nuova chiesa parrocchiale è stata riaperta nel 2019). «Cinquecento edifici rasi al suolo» precisa il sindaco: quasi l’intero paese. E poi non si dimenticano le 27 persone morte tra le macerie.

I 70 volontari della Protezione civile di Cavezzo, racconta Sgarbi, si sono messi subito «al servizio cristiano della comunità, con una testimonianza di carità e di coraggio che continua a dare speranza a tutti».

Ed è un servizio solidale concreto che non si chiude alle esigenze di Cavezzo: in collaborazione con la Croce Rossa, i volontari emiliani hanno consegnato ai poveri che gravitano nel territorio del v municipio di Roma, generi di conforto e coperte. Di più: a ogni coperta è stato legato un pensiero scritto da un alunno delle scuole elementari. E stamani Martina e Riccardo hanno rappresentato in piazza San Pietro, davanti al Papa, questa esperienza di gratuità.

Francesco — che con la jeep ha percorso la piazza per salutare i pellegrini, avendo accanto a sé alcuni bambini della parrocchia di San Leone Magno di Bitonto — ha benedetto la statua lignea settecentesca di sant’Ignazio di Loyola portata — proprio per l’anno ignaziano — da cento pellegrini della parrocchia di Santa Maria del Rosario a Piedimonte Etneo, in diocesi di Acireale e provincia di Catania. La statua del santo, patrono del paese, è opera dello scultore palermitano Bagnasco. A guidare insieme il pellegrinaggio il parroco, don Mario Gullo, e il sindaco, Ignazio Puglisi.

E a parlare di spiritualità ignaziana al Pontefice è venuto all’udienza anche il personale militare e civile del Raggruppamento logistico centrale di Roma. Il cappellano, don Biagio Falco, fa presente che la sede dell’ente militare si trova «su un’area che anticamente faceva parte dei Castra Praetoria, accampamenti della guardia pretoriana dell’imperatore. Nel xvii secolo i gesuiti stabilirono la villa del noviziato di Sant’Andrea e diedero alla zona il nome di Macao, la colonia portoghese in Oriente dove la Compagnia di Gesù aveva una forte presenza missionaria». E, spiega il sacerdote, «il passaggio dei gesuiti ha segnato a tal punto la storia di questa zona che, ancora oggi, viene spesso collegata a loro piuttosto che ai Castra Praetoria e la stessa caserma viene chiamata Macao». L’incontro del personale militare e civile (accompagnato dai familiari) con il Papa si inserisce, aggiunge don Falco, nell’«itinerario spirituale» dell’anno ignaziano, «in relazione al passato militare di sant’Ignazio».

Infine Francesco ha incoraggiato i cinque ciclisti non vedenti che — in tandem con le loro guide — sono arrivati ieri in piazza San Pietro: partiti mercoledì scorso da Dosson (Treviso), hanno pedalato per 700 chilometri sulla Via Francigena.

Ad accompagnarli ieri nell’ultima, simbolica, tappa Castel Gandolfo - Città del Vaticano, sono stati tre ciclisti di Athletica Vaticana - Vatican Cycling. E ad accoglierli, in piazza San Pietro, c’era Michele Salata, responsabile della struttura per le cure palliative pediatriche aperta, a marzo, a Passoscuro dall’ospedale Bambino Gesù. Infatti i ciclisti veneti e Athletica Vaticana sostengono il “Giro d'Italia delle cure palliative pediatriche”.

di Giampaolo Mattei