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Il contributo del pensiero di Benjamin

Luce di un ricordo fondante

  Luce  di un ricordo fondante  QUO-126
03 giugno 2022

Le lacrime che bagnano l’umanità sofferente, i lamenti e il lutto che lacerano il cuore dolente di ogni essere umano sono gli stessi dei discepoli di Cristo. Nel mondo dilaniato dall’ingiustizia e dalla violenza i cristiani siamo chiamati a dar ragione della speranza che ci abita. In mezzo all’umanità che cammina nella notte oscura dell’ingiustizia i discepoli di Cristo siamo chiamati a «recuperare il carattere di luce proprio della fede», come ci insegna Papa Francesco.

Il mondo attuale vive l’esperienza disincantata di un futuro che non appare ormai come promessa, ma come inquietante e minaccioso presagio di pericolo. La ferrea logica del paradigma tecnocratico contrae il tempo riducendolo ad un eterno presente. La tecnologia progredisce, ma paradossalmente senza promessa di futuro. L’innovazione tecnologica restituisce all’uomo la paura del suo stesso accecante potere. Tuttavia, luce di una memoria fondante – come ci ricorda Papa Francesco —, la fede è in grado di interrompere questa vertiginosa durata di un continuo presente senza tregua e senza pietà.

La fede cristiana, nel suo intimo cercare l’intelligenza di ciò che attende potrebbe forse lasciarsi aiutare dal pensiero di un autore come Walter Benjamin: una comprensione della temporalità solidale con il dolore dell’umanità. Di spalle alla tempesta che infuria dal progresso e lo spinge irresistibilmente nel suo futuro, l’Angelo della Storia, che Benjamin interpreta nel significativo dipinto di Paul Klee, guarda con gli occhi spalancati verso il passato nel quale vede una sola catastrofe, l’accumularsi senza tregua di macerie umane, rovine su rovine che il progresso si lascia dietro, impietoso, al suo passo trionfale.

L’Angelus Novus di Klee consente a Benjamin di redimere il passato attraverso la memoria, strappandola, nel racconto dei vinti, all’interpretazione trionfalista dei vincitori. Il pensiero di Walter Benjamin si nutre in maniera particolare di un’intensa frequentazione dei lavori di Gershom Scholem ed Ernst Bloch.

Dal primo, accoglie il pensiero teologico sulla mistica ebraica in chiave messianica; dal secondo, lo spirito dell’utopia che, come forza di ciò che è accaduto – e accadendo sempre solo a metà – continua a operare nel presente gettando la sua luce sui nostri tentativi del non—ancora realizzato. Attraverso il pensiero teologico di Gershom Scholem il percorso intellettuale di Walter Benjamin si snoda come un’articolata modulazione dell’essenza dell’ebraismo biblico, insistendo sul carattere centrale che in esso possiede l’ingiunzione etica della memoria: ricordati! Non dimenticare!

Per Walter Benjamin l’assidua frequentazione della teologia messianica ebraica era una delle principali fonti di rinnovamento del suo pensiero orientato alla trasformazione radicale della storia a partire dagli oppressi, dalle vittime, dai vinti. Sapeva bene Benjamin che la Torah vietava agli ebrei di investigare il futuro, ma li istruiva invece nella memoria.

Si tratta di ricordare il nostro futuro, quella buona notizia ricevuta e tramandata a fondamento della vita dei discepoli di Cristo: “in memoria di me”. Irruzione nel presente di un’esigenza che viene dal passato.

L’attenta lettura dei testi di Benjamin potrebbe essere un viatico all’intelligenza dell’attesa cristiana. Solo per chi è senza speranza – ci suggerisce Benjamin — ci è data la speranza.

di Diego Flores


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