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Bailamme

Il maestro

 Il maestro  QUO-120
27 maggio 2022

Maestro e testimone. Le due cose vanno insieme e sarebbe un errore contrapporre il primo al secondo. L’invito di Paolo vi ad essere testimoni, perché vengono più facilmente ascoltati, non deve portarci a sottostimare i maestri, che se tali davvero, sono anche testimoni. Quanto ne sentiamo la mancanza! La parola, che già etimologicamente contiene un “di più” (maestro: magis—ter), ha plurimi significati, e uno soprattutto urge al nostro tempo e ai nostri animi in quieti. La maestra ci ha accompagnato nei primi anni, ha sostenuto i nostri genitori e nonni, ha rappresentato la guida. Cantava Edmondo De Amicis, e sono tempi lontani (anche se identico è il cuore dell’uomo): «Apri la tua bella anima innocente, bimbo, a costei che di tua madre ha il cuore, e rendile in amore la luce che la fa nella tua mente».

C’è poi il maestro per eloquenza e competenza, abilità ed eccellenza, che definiamo tale per l’ammirazione delle sue qualità professionali. Un maestro d’arte, un direttore d’orchestra. Qualche volta ci inchiniamo ai maestri senza particolare affetto, anzi con una riverenza colma di soggezione, riserbo e sopportazione. Quanti maestri venerandi abbiamo conosciuto sugli scranni universitari, così asfittici al di là del contenuto delle loro lezioni e dispense. Passano, non lasciano traccia. O ne lasciano di deleterie, i cattivi maestri, incantatori in dialettica, molto meno in esempio.

E infine ci sono i maestri incontrati per caso, o cercati con passione, cui domandare il significato del vivere, a cui guardare, di cui segnarsi le parole. I maestri che hai accanto sempre, e sono da scudo e da lume nei momenti oscuri, e che scegli liberamente di seguire.

L’obbedienza  non è più una virtù, si gridava con un fortunato slogan sessantottino, e invece lo è eccome, se obbedire (ob—audio) è ascoltare con attenzione, per un buon motivo, ovvero la mia felicità, la mia salvezza. Obbedisco a chi amo. Obbedisco a chi so volermi del bene, anche se immediatamente posso non comprenderlo. Obbedisco a  un maestro con libertà e volontà, perché sui suoi passi voglio camminare. Non è di moda, ragionare di maestri e obbedienza, di autorità. Eppure seguivano Gesù per questo, perché «parlava come uno che ha autorità». Quanto ne abbiamo bisogno. Quanto i riferimenti martellanti che esaltano idoli passeggeri mancano al compito necessario di essere segno al nostro vivere. Mentre abbiamo bisogno di scolte, che guardano in alto per grazia, o per la sapienza e l’esperienza acquistata negli anni.

Un buon prete può esserlo, quell’amico più grande (magis, appunto) che sa accoglierci e prenderci per mano, indicando la strada. La Chiesa  resta un luogo dove i maestri abbondano, nonostante ogni sguardo cinico o avaro di carità. Nella Chiesa ci si può continuamente stupire per il dono di maestri, se li vogliamo. Perché, torna a mente un monito di un sacerdote e uomo di pensiero e studio, Mariano Herranz, che tanto ha fatto per affermare la storicità dei Vangeli: «un cattivo maestro può essere compensato da un buon alunno, ma un cattivo alunno non può essere compensato neppure da un magnifico maestro». (monica mondo)

di Monica Mondo