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La relazione introduttiva alla Riunione Interdicasteriale del 9 maggio 2022

La Curia Romana alla luce della Costituzione apostolica «Praedicate Evangelium»

 La Curia Romana  alla luce della Costituzione apostolica «Praedicate Evangelium»  QUO-105
09 maggio 2022

1. La scelta di una prospettiva: la missionarietà


Nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium Papa Francesco scrive: «Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale»1. Assecondando tale spirito e con questo preciso intento, anche in forza del mandato e delle indicazioni che le Congregazioni generali tenutesi nei giorni prima del Conclave avevano puntualizzato per il nuovo Pontefice che sarebbe stato eletto, il Santo Padre, in questi anni, coadiuvato dal Consiglio di cardinali2, ha discusso e riflettuto a lungo su tale aspetto, mettendosi in ascolto delle osservazioni, dei pareri, dei suggerimenti e delle istanze dei capi dicastero della Curia Romana, incontrandoli personalmente nelle sessioni del Consiglio di cardinali, ma anche tenendo riunioni interdicasteriali e un Concistoro di cardinali (12 e 13 febbraio 2015). Ha, inoltre, accolto pareri e indicazioni giunti da episcopati locali e altri3. In tal modo è andata maturando una visione d’insieme, che si è progressivamente delineata in un progetto di riforma della Curia Romana di cui il testo promulgato della Costituzione apostolica Praedicate Evangelium è il risultato. Esso è frutto di un’elaborazione che ha visto compiersi diversi passaggi coerenti col principio che «una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto»4.

Durante gli anni dell’elaborazione della Costituzione apostolica in parola, Papa Francesco ha posto in essere diversi provvedimenti di riforma5, pertanto il testo promulgato si colloca fra questi provvedimenti attuati finora. Si aggiunge a essi, a dimostrazione che l’opera della riforma è più ampia del solo testo della Costituzione in parola e che la stessa è parte di essa. Per un verso, quindi, è un tassello che si inserisce in un mosaico più ampio e articolato. D’altra parte è pur vero, però, che con questo testo la riforma della Curia Romana trova la sua forma compiuta.

Il titolo del testo — Praedicate Evangelium (tratto dall’espressione di Marco 16, 15: il mandato affidato dal Risorto ai suoi discepoli) — è indicativo della prospettiva nella quale è stato operato il riordino dell’assetto della Curia Romana, volto a promuoverne il servizio a favore dell’evangelizzazione e operarne la conversione missionaria6. Al n. 3 del Preambolo è detto chiaramente che la riforma della Curia Romana deve essere intesa nel contesto della missionarietà della Chiesa e, dopo avere accennato alle diverse riforme succedutesi dal xvi secolo a oggi, conclude affermando che «questa nuova Costituzione apostolica si propone di meglio armonizzare l’esercizio odierno del servizio della Curia col cammino di evangelizzazione, che la Chiesa, soprattutto in questa stagione, sta vivendo».

San Paolo vi ha affermato che «evangelizzare è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare»7. Da ciò ne segue che la dimensione missionaria deve essere capace di trasformare ogni struttura ecclesiale. Lo stesso Papa Francesco ha affermato: «La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie»8; diversamente la riforma sarebbe solamente una riorganizzazione dell’impianto funzionale ecclesiastico9.

Atteso, dunque, che la missionarietà è l’asse portante che struttura il testo della Costituzione apostolica in parola, ciò rende ragione della creazione del Dicastero per l’Evangelizzazione e l’ordine di posizione assegnatogli nel Titolo v riguardante i dicasteri. A scanso di equivoci, è bene precisare che tutti i dicasteri godono di pari dignità giuridica10 e che tutti esercitano potestà di giurisdizione, pertanto l’ordine del loro posto nell’elenco non ha di per sé alcun valore giuridico, ma — almeno per i primi tre — è quanto meno significativo. Pertanto, la scelta di assegnare al Dicastero per l’Evangelizzazione l’ordine di precedenza esplicita la prospettiva della missionarietà nella quale è stata compiuta la visione generale della riforma curiale. Questa priorità e centralità dell’evangelizzazione è evidenziata altresì dalla voluta scelta che a presiedere il Dicastero per l’Evangelizzazione sia il Papa stesso11.

Ciò non intende affatto preporre l’attività dell’evangelizzare alla stessa fede in Cristo (posponendo il Dicastero per la Dottrina della Fede a quella per l’Evangelizzazione). Questa scelta la si comprende bene alla luce del cambiamento di epoca che storicamente si sta compiendo12 e che richiede inevitabilmente alla Chiesa di affrontare sfide inedite, proiettandosi verso nuove frontiere sia nella prima missione ad gentes, sia nella nuova evangelizzazione di popoli che hanno già ricevuto l’annuncio di Cristo13.

Infine, è significativo il fatto che, nell’ordine stabilito, al Dicastero per l’Evangelizzazione seguono il Dicastero per la Dottrina della Fede e il Dicastero per il servizio della Carità, che non solo si affiancano, ma formano, ciascuno per la sua competenza, un tutt’uno nell’azione missionaria alla quale la Curia Romana è chiamata e costituiscono una triade che “dà il timbro” a tutto il testo della Costituzione apostolica. Alla luce di questa visione d’insieme, nella quale è stato ripensato lo spirito del servizio curiale, appare evidente la ragione per cui si sia voluto elevare l’Elemosineria Apostolica a Dicastero14.

Pertanto, attesa la scelta della missionarietà, la Curia Romana contribuisce all’opera di evangelizzazione della Chiesa nel modo che le è proprio, come indicato nei principi-guida a seguire.

2. La Curia Romana è a servizio


La Curia Romana è per sua natura un organismo di servizio15. È l’istituzione della quale il Papa si avvale ordinariamente nell’esercizio del suo supremo Ufficio pastorale e della sua missione universale nel mondo16. In ragione di questo servizio al ministero petrino, la Curia Romana si pone altresì al servizio dei vescovi17. Pertanto essa «è al servizio del Papa, successore di Pietro, e dei Vescovi, successori degli Apostoli, secondo le modalità che sono proprie della natura di ciascuno»18.

Questa concezione della Curia Romana, senza mutarne la natura giuridica19, evidenzia ed esplicita che il suo servizio si esprime nella dedizione al bene della Chiesa universale e allo stesso tempo delle Chiese particolari. Essa è al servizio del Papa: esiste e agisce solo in quanto serve il Santo Padre e serve al Santo Padre; in suo nome e con la sua autorità adempie la propria funzione (potestà ordinaria vicaria). Nello stesso tempo l’azione della Curia Romana non può prescindere dal riferimento al ministero dei vescovi, sia in quanto membri del Collegio episcopale, sia in quanto pastori della Chiesa particolare. Essa, infatti, è strumento di comunione e di partecipazione alle sollecitudini ecclesiali nella misura e in cui lo è il Romano Pontefice ed entro i limiti della Sua pur suprema potestà e missione20. Proprio in forza di questa sua diaconia collegata con il ministero petrino, la Curia Romana è, perciò, da una parte strettissimamente congiunta con i vescovi di tutto il mondo, e, dall’altra, gli stessi vescovi e le loro Chiese sono i primi e principali beneficiari della sua opera21. Essa esercita questo servizio nel rispetto di quella comunione gerarchica e sinodale cui partecipano tutti i successori degli Apostoli22.

Da ciò si evince che il sostantivo che qualifica la Curia Romana — servizio — oltre a delinearne la natura esprime altresì lo spirito con cui è chiamata a operare23, sia verso il Santo Padre che i vescovi, nei riguardi dei quali, per tale ragione, nel suo agire, non deve mai condizionare, né tanto meno ostacolare i loro rapporti e contatti, bensì favorire tra gli stessi la comunione reciproca, affettiva ed effettiva24. La Curia Romana, dunque, non si colloca tra il Papa e i vescovi, ma appunto si pone al servizio, ossia espleta il compito che le è proprio nei riguardi di entrambi «secondo le modalità che sono proprie della natura di ciascuno»25, senza lasciare adito a equivoci e incomprensioni da chi essa dipenda ultimamente e quali siano le sue competenze nell’ambito delle quali è chiamata a fare il suo servizio per il bene della Chiesa tutta.

3. La sinodalità


La sinodalità è un tratto proprio e distintivo della Chiesa; è una dimensione costitutiva della stessa e la qualifica da sempre. Non si tratta, pertanto, di un atteggiamento da avere o qualcosa da fare, bensì riguarda propriamente ciò che la Chiesa è. Tocca la sua la natura e la sua identità26. È semplicemente ciò a cui è chiamata. Pertanto la sinodalità anima anche le strutture in cui la natura sinodale della Chiesa si esprime in modo istituzionale27.

Per la Curia Romana ciò significa che l’esercizio del suo servizio dev’essere sinodale28. Gli aspetti di questa sinodalità sono i seguenti: intradicasteriale, interdicasteriale, con i vari livelli della Chiesa, con la Segreteria generale del Sinodo (dei vescovi). Di ciascuno richiamiamo alcune norme:

Sinodalità intradicasteriale:

— i membri di un dicastero sono rappresentanti della totale realtà dei fedeli del popolo di Dio: chierici (di tutti i vari gradi), membri di Istituti di vita consacrata e Società di vita apostolica e laici (art. 15);

— all’interno di ciascun dicastero, organismo o ufficio ciascuno è chiamato ad adempiere il proprio ruolo in modo che la sua operosità favorisca un funzionamento disciplinato ed efficace, al di là delle diversità culturali, linguistiche e nazionali (art. 9 § 2);

— si prescrive l’uso in modo regolare e fedele degli organi previsti: il Congresso e la Sessione ordinaria (Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 9; artt. 10, 25, 26 § 2);

— la convocazione della Sessione plenaria deve adempiersi ogni due anni, tranne che l’Ordo servandus di un dicastero disponga un periodo di tempo maggiore (art. 26 § 3);

Sinodalità interdicasteriale:

— abituali riunioni dei capi dicastero, presiedute dal Romano Pontefice e coordinate dal segretario di Stato (Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 8, art. 34);

— consuete riunioni interdicasteriali (Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 9; art. 10);

— Commissioni interdicasteriali per trattare, quando è necessario, affari di competenza mista che richiedono una consultazione reciproca e frequente (art. 28 § 5);

— convergenza fra i vari dicasteri, organismi o uffici in una dinamica di mutua collaborazione, ciascuno secondo la propria competenza (art. 9 § 1);

— nella preparazione di un documento generale da parte di un’istituzione curiale è prevista la richiesta di osservazioni, emendamenti e suggerimenti alle altre istituzioni curiali coinvolte (art. 29 § 1);

— per favorire un migliore coordinamento dei vari settori dei dicasteri, degli organismi e degli uffici della Curia, è compito della Segreteria di Stato, in qualità di segreteria papale (art. 44), espletare la sua funzione volta alla realizzazione dell’unità e dell’interdipendenza fra gli stessi, favorire il coordinamento, senza pregiudizio circa l’autonomia di ciascuno (art. 46)29.

Sinodalità con i vari livelli dell’esistenza della Chiesa: Chiesa particolare, conferenze episcopali, le loro unioni regionali e continentali e le strutture gerarchiche orientali30. Molteplici sono gli articoli del testo costituzionale che mettono in atto questo aspetto. Ci limitiamo a rilevare i seguenti:

— corsi di formazione iniziale e permanente per i vescovi, avvalendosi dell’aiuto di vescovi di comprovata saggezza, prudenza ed esperienza, oltre che di esperti provenienti dalle diverse zone della Chiesa universale (artt. 64 § 3, 109 § 1);

— collaborazione con i vescovi per ciò che riguarda il retto e fruttuoso esercizio del loro ufficio pastorale (art. 107 § 1);

— collaborazione nelle questioni più importanti (art. 36 § 1);

— preparazione dei documenti di carattere generale aventi rilevante importanza o quelli che riguardano in modo speciale alcune Chiese particolari: saranno preparati tenendo conto del parere delle conferenze episcopali, delle loro unioni regionali e continentali e delle strutture gerarchiche orientali coinvolte (art. 36 § 2);

— istituto della Visita ad limina Apostolorum, durante la quale, mediante un dialogo franco e cordiale, i prefetti consigliano, incoraggiano, danno suggerimenti e opportune indicazioni ai vescovi al fine di contribuire al bene e allo sviluppo della Chiesa intera, all’osservanza della disciplina comune e nello stesso tempo raccolgono dagli stessi suggerimenti e indicazioni per offrire un servizio sempre più efficace (artt. 38-42);

— Visita fraterna (art. 107 § 2): è un istituto che il Santo Padre ha voluto inserire e affiancare alla Visita apostolica. Scopo della visita fraterna (la cui dicitura indica che è principalmente espressione di interessamento e premura) è quello di offrire, mediante un incontro di comunione, un aiuto per una verifica in merito alla circostanza oggetto della visita stessa, rilevando le cause di possibili criticità, conflitti e difficoltà venutesi a creare e individuando, mediante un dialogo franco e fraterno, i possibili suggerimenti, consigli e indicazioni da offrirsi per le soluzioni31.

Sinodalità con la Segreteria generale del Sinodo (dei vescovi)

— La Curia Romana collabora, secondo le rispettive specifiche competenze, all’attività della Segreteria generale del Sinodo (dei vescovi) secondo quanto stabilito nella normativa propria del Sinodo stesso (art. 33).

— È significativo sottolineare che Curia Romana e Sinodo (dei vescovi), entrambi costituiti mediante propria Costituzione apostolica32, sono le istituzioni delle quali ordinariamente il Santo Padre si avvale nell’esercizio del suo supremo ufficio pastorale e della sua missione universale nel mondo33.

4. La corresponsabilità nella communio


Fra i Principi e criteri per il servizio della Curia Romana al numero 2 viene indicata la corresponsabilità nella communio. Ciò indica che il servizio della Curia Romana, sempre nel pieno rispetto della collegialità, si attua anche nello spirito di un «sano decentramento»34, ossia nel saper valorizzare le capacità locali nell’affrontare e risolvere questioni che non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa35, al fine di garantire una più rapida efficacia dell’azione pastorale di governo dei pastori agevolata dalla loro prossimità alle persone e alle fattispecie in loco che lo richiedono.

Questo criterio risponde al principio di sussidiarietà, il quale, in modo analogico, può essere applicato all’interno della vita della Chiesa, che è insieme mysterium e societas (Lumen gentium, 8), senza pregiudicarne la sua struttura gerarchica36. Nella Chiesa, infatti, alla sussidiarietà è preminente il principio di “comunione”, che regola i rapporti fra enti che non sono estrinseci e concorrenziali, bensì inscindibilmente immanenti l’uno all’altro37, sebbene con quella strutturazione gerarchica che è propria di ogni comunione ecclesiale. La Chiesa, infatti, è una comunione il cui livello gerarchico è insuperabile. Ciò significa, pertanto, che si può certamente invocare e applicare, quando è lecito e possibile, una «sana decentralizzazione» nella vita della Chiesa, ma non meramente in nome di un rapporto sussidiario fra due entità estrinseche, bensì in nome di quell’immanenza comunionale in cui fra i soggetti vige la norma del reciproco servizio e donazione, in cui la vitalità e il crescere dell’uno ricade a beneficio dell’altro38. Questo è il significato dell’espressione “corresponsabilità nella communio”, nella quale davvero qualificante è il principio di “comunione” e dove il principio di “sussidiarietà” è recepito, inteso e applicato secondo la realtà del mysterium communionis proprio della Chiesa.

Diversi sono gli articoli della Costituzione in parola che si muovono in questa direzione con il preciso intento di favorire innanzitutto il senso della collegialità e della responsabilità pastorale, oltre che assecondare i principi di razionalità, efficacia ed efficienza.

Inoltre, proprio perché è strumento a servizio della comunione, la Curia Romana, che in forza delle conoscenze che le vengono dal suo servizio alla Chiesa universale è in grado di raccogliere ed elaborare la ricchezza delle migliori iniziative e delle proposte creative riguardanti l’evangelizzazione messe in atto dalle singole Chiese particolari, dalle conferenze episcopali e dalle strutture gerarchiche orientali, come anche il modo di agire di fronte a problemi e sfide, favorisce e promuove lo scambio di esperienze fra le diverse Chiese particolari e realtà ecclesiali39, compiendo in tal modo non un mero servizio amministrativo e burocratico, bensì servendo e incrementando la comunione40.

5. Il ruolo delle conferenze episcopali, delle loro unioni
e delle strutture gerarchiche orientali


Un aspetto innovativo della Costituzione in parola è quello della valorizzazione delle conferenze episcopali, le quali, sulla base del decreto Christus Dominus41, entrano nell’ordinamento della Chiesa latina come forma concreta di applicazione e sviluppo dello spirito collegiale per aiutare i vescovi ad affrontare compiti pastorali e risolvere impegni e questioni ecclesiali di comune interesse e non per sostituirsi al loro specifico munus pastorale42. Pertanto, le conferenze episcopali non sono considerate strutture gerarchiche intermedie, bensì organismi di sussidiarietà, che non interferiscono con l’ufficio petrino o il governo delle Chiese particolari43.

Il Preambolo, affermando che «sono attualmente uno dei modi più significativi di esprimere e servire la comunione ecclesiale nelle diverse regioni insieme al Romano Pontefice, garante dell’unità di fede e di comunione»44, conferma che esse esprimono e favoriscono l’esercizio della «corresponsabilità nella communio» per l’utilità pastorale e il bene comune delle Chiese particolari attraverso l’esercizio congiunto di alcune funzioni loro proprie45. L’aggettivo “congiunto” si rifà all’avverbio “congiuntamente” usato nel can. 447 cic46 al fine di evitare che si pensi che nelle conferenze episcopali venga messa in atto la potestà collegiale dei vescovi, che da essi può essere esercitata solo quando è convocato tutto il Collegio. Tuttavia, dato che il ministero episcopale ha una dimensione collegiale, le conferenze l’esprimono nell’esercizio congiunto della potestà particolare che i vescovi hanno sulle Chiese loro affidate. Inoltre, facendo il canone riferimento all’esercizio congiunto solo di «alcune funzioni pastorali» e non di tutte, vuole tutelare la responsabilità che per diritto divino hanno i vescovi sulla Chiesa affidata alla loro cura e non intaccare la potestà propria che essi hanno nell’esercizio del loro ministero pastorale47.

L’intento della Costituzione in parola — nelle diverse disposizioni date in numerosi articoli48 — è, dunque, quello di valorizzare le conferenze episcopali, le loro unioni regionali e continentali, nonché in maniera corrispondente e adeguata le strutture gerarchiche orientali, nelle loro potenzialità di attuazione della comunione dei vescovi tra loro e col Romano Pontefice49, in quanto ciascuno dei suddetti organismi, ognuno secondo la propria natura, risulta essere un valido strumento che contribuisce, in forma molteplice e feconda, all’attuazione dell’affetto collegiale tra i membri del medesimo episcopato e provvede al bene comune delle Chiese particolari mediante un lavoro concorde e ben collegato dei rispettivi pastori, espressione di una cooperazione stretta e indice della necessità della concordia di forze, quale frutto dello scambio di prudenza e di esperienza per il bene della Chiesa tutta50.

6. Il ruolo dei laici


Un altro aspetto innovativo della Costituzione in parola è quello del ruolo dei laici all’interno della Curia Romana. Il n. 5 dei Principi e criteri per il servizio della Curia Romana51 si basa su un dato fondante: il carattere vicario della Curia. Ciò significa che è in virtù della potestà ricevuta dal Romano Pontefice (potestà ordinaria vicaria) che le istituzioni curiali sono abilitate a intervenire in modo autoritativo per competenza di materia, o su richiesta dei vescovi oppure per propria iniziativa nei casi in cui è necessario.

Da ciò consegue l’altra affermazione, effettivamente innovativa: «Per tale ragione qualunque fedele può presiedere un dicastero o un organismo, attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi». Questa affermazione rende chiaro che chi è preposto a un dicastero o altro organismo della Curia Romana non ha autorità per il grado gerarchico di cui è investito, ma per la potestà che riceve dal Romano Pontefice ed esercita a suo nome52.

Ugualmente l’art. 15 dispone che fra i membri delle istituzioni curiali sono nominati anche i laici, i quali, quindi, possono svolgere tali affari, esercitando la potestà ordinaria vicaria di governo ricevuta dal Romano Pontefice con il conferimento dell’ufficio.

Quanto affermato in Principi e criteri 5 e disposto nell’art. 15 trova il suo fondamento innanzitutto nei cann. 208 e 204 § 1 cic e 11 e 7 § 1 cceo , che assumono la dottrina conciliare (Lumen gentium, 31a; 32b): uguaglianza tra tutti i battezzati nella dignità e nell’agire, unitamente a differenti condizioni giuridiche. Questa uguaglianza fondamentale, anche se nella differenziazione e complementarietà, fonda la sinodalità53 e inoltre indica che la potestà di giurisdizione (o di governo) nella Chiesa non viene dal sacramento dell’ordine, ma dalla missione canonica. Le due potestà, quindi, hanno una fonte diversa: la potestà d’ordine è conferita con il sacramento, mentre la potestà di giurisdizione è annessa all’ufficio conferito mediante la missione o provvisione canonica (can. 146)54. In questo senso il Concilio Vaticano ii afferma che il sacramento dell’ordine concede i tre munera di insegnare, santificare e governare, ma non la potestà corrispondente. Coscientemente la Nota esplicativa previa utilizza la parola munus (incarico, funzione) e non la parola potestas, perché non sono sinonimi55.

Ne consegue quanto previsto nei cann. 129 § 1 e 274 § 1 cic , secondo i quali la potestà di governo non è data con l’ordine sacro, bensì mediante la provvisione canonica di un ufficio.

Il can. 129 § 1 dichiara che «sono abili alla potestà di governo […] coloro che sono insigniti dell’ordine sacro», e al § 2 aggiunge che i fedeli laici «possono cooperare» (cooperari possunt) nell’esercizio della medesima potestà56. Cooperare significa propriamente operare insieme con un altro. In questa cooperazione ciascuno contribuisce con la propria parte a realizzare la stessa opera. Cooperare nell’esercizio della potestà di governo significa, quindi, esercitare la stessa potestà che ha colui con il quale si coopera. Ciò presuppone che chi coopera nell’esercizio della potestà di governo ha quella stessa potestà. Dunque, l’espressione latina cooperari possunt ha lo stesso significato di partem habere possunt57.

Il can. 274 § 1 stabilisce che «solo i chierici possono ottenere uffici il cui esercizio richieda la potestà d’ordine o la potestà di governo ecclesiastico». La norma, quindi, non nega l’abilità dei laici ad avere la potestà di governo, ma la limita agli uffici che non richiedano né la potestà d’ordine, né quella di governo ecclesiastico. Risulta così precisato il criterio con il quale si determinano quali sono i dicasteri e/o gli organismi della Curia Romana che possono essere presieduti da un fedele laico.

7. La spiritualità e la professionalità


Nel Discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2016 Papa Francesco ha ribadito: «La riforma sarà efficace solo e unicamente se si attua con uomini “rinnovati” e non semplicemente con “nuovi” uomini. Non basta accontentarsi di cambiare il personale, ma occorre portare i membri della Curia a rinnovarsi spiritualmente, umanamente e professionalmente […] Come per tutta la Chiesa, anche nella Curia il semper reformanda deve trasformarsi in una personale e strutturale conversione permanente»58. Innanzitutto, quindi, la riforma è un processo di crescita e soprattutto di conversione, segno della vivacità della Chiesa in cammino, della Chiesa vivente e per questo — perché vivente — semper reformanda, e reformanda proprio perché viva.

All’interno di questo orizzonte si collocano le precise disposizioni della Costituzione apostolica in parola circa la spiritualità, l’integrità personale e la professionalità di chi vi opera:

— «In tutte le istituzioni curiali il servizio alla Chiesa-mistero permanga unito a una esperienza dell’alleanza con Dio, manifestata dalla preghiera in comune, dal rinnovamento spirituale e dalla periodica celebrazione comune dell’Eucaristia. Allo stesso modo, partendo dall’incontro con Gesù Cristo, i membri della Curia adempiano il loro compito con la gioiosa consapevolezza di essere discepoli-missionari al servizio di tutto il popolo di Dio»59.

— « […] Quanti prestano servizio nella Curia sono scelti tra vescovi, presbiteri, diaconi, membri degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica e laici che si distinguono per vita spirituale, buona esperienza pastorale, sobrietà di vita e amore ai poveri, spirito di comunione e di servizio, competenza nelle materie loro affidate, capacità di discernimento dei segni dei tempi»60.

— Il personale dev’essere qualificato e quindi applicarsi con dedizione, rettitudine e professionalità, avendo competenza negli affari che deve trattare, acquisita mediante lo studio e l’esperienza, alimentati da una formazione permanente. Tutto questo è da inquadrare in un’esemplarità di vita, che comporta dedizione, spirito di pietà e di accoglienza nello svolgimento delle proprie incombenze e anche un’esperienza di servizio pastorale61.

Quanto richiamato è sinteticamente indicato nel Preambolo: «La riforma della Curia Romana sarà reale e possibile se germoglierà da una riforma interiore, con la quale facciamo nostro “il paradigma della spiritualità del Concilio”, espressa dall’“antica storia del Buon Samaritano”»62.

di Marco Mellino 
Vescovo segretario del Consiglio di cardinali

Note

1Francesco , Esortazione apostolica Evangelii gaudium , 32, in aas  105 (2013), pp. 1033-1034.

2 Annunciato il 13 aprile 2013 e istituito con Chirografo il 28 settembre 2013 per consigliare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale (in aas  105 [2013], pp. 875-876).

3 Cfr. Francesco , Discorso alla Curia romana , 22 dicembre 2016, in aas  109 (2017), p. 43, nota 30.

4Francesco , Discorso per il 50° di istituzione del Sinodo dei Vescovi , 17 ottobre 2015, in aas  107 (2015), pp. 1138-1144. A quasi cinque anni dall’inizio dei lavori (28 settembre 2013), le diverse considerazioni maturate nelle riflessioni e discussioni affrontate nelle sessioni del Consiglio di cardinali hanno portato alla stesura di una prima bozza (datata settembre-dicembre 2018), che nella redazione delle sue varie parti, oltre alla scelta di ideale continuità con la Costituzione apostolica Pastor Bonus , conteneva i criteri e i principi guida del nuovo impianto costituzionale. Questo testo è stato oggetto di attenta revisione e discussione nelle sessioni di febbraio e aprile del 2019 del Consiglio di cardinali, per venire poi sottoposto alla consultazione di tutti i superiori dei dicasteri e degli istituti della Curia romana e delle istituzioni collegate con la Santa Sede. È stato altresì inviato a tutte le conferenze episcopali, i patriarcati e le Chiese arcivescovili maggiori; alle rappresentanze pontificie; a tutte le pontificie università presenti in Urbe e ad alcune fra quelle presenti nei diversi continenti indicate personalmente dal Santo Padre; ad alcune agenzie di informazione scelte per aree continentali e linguistiche. Raccolte tutte le osservazioni e le proposte pervenute da suddetta consultazione, il Santo Padre e il Consiglio di cardinali, nelle sessioni di giugno e settembre 2019, hanno esaminato, discusso e votato ogni emendamento, arrivando così alla stesura di un testo che, nel mese di ottobre 2019, è stato nuovamente sottoposto alla consultazione di alcuni dei capi dicastero della Curia romana e nel mese di gennaio 2020 è stato inviato ai cardinali residenti in Urbe per un loro parere insieme a eventuali suggerimenti. Tutti gli emendamenti pervenuti da questa seconda consultazione sono stati nuovamente oggetto di esame, discussione e votazione, in parte nella sessione del Consiglio di cardinali tenutosi nel mese di febbraio 2020 e quelli restanti, non avendo potuto tenersi le programmate sessioni a motivo della pandemia, sono stati esaminati per via telematica. Il risultato del loro lavoro è stata la bozza del testo, datato 8 giugno 2020, consegnato dai cardinali del Consiglio al Santo Padre. Da quel momento tutto è stato rimesso alla considerazione del Papa, il quale, fin dal mese di luglio 2020, ha esaminato personalmente gli emendamenti tenendo presente le osservazioni, le indicazioni e le proposte pervenute e compiendo proprie scelte, quale supremo legislatore. Il risultato di questa elaborazione è stato il testo che, in data 16 settembre 2020, è stato sottoposto alla considerazione della Congregazione per la Dottrina della Fede e al Pontificio Consiglio per i Testi legislativi, chiedendo di far pervenire in merito un parere complessivo sullo stesso, insieme alle eventuali puntuali e circoscritte osservazioni che sarebbero state ritenute opportune, sia in merito all’aspetto dottrinale che a quello giuridico. Le suddette istituzioni curiali hanno provveduto a far pervenire quanto richiesto e il Santo Padre, avvalendosi del loro competente contributo, è pervenuto alla formulazione definitiva del testo promulgato.

5 Cfr. Francesco , Discorso alla Curia romana , 22 dicembre 2016, in aas  109 (2017), pp. 44-48. Elenco dei provvedimenti posti negli anni: istituzione della Sezione della Segreteria di Stato per il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede: comunicato della Segreteria di Stato del 21 novembre 2017; costituzione in due Sessioni del Dicastero per la Dottrina della Fede: motu proprio Fidem servare , del 11 febbraio 2022; Pontificia Commissione per la Tutela dei minori: chirografo del 22 marzo 2014; Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita: motu proprio Sedula Mater , del 15 agosto 2016; Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale: motu proprio Humanam progressionem , del 17 agosto 2016; Dicastero per la Comunicazione: motu proprio L’attuale contesto comunicativo , del 27 giugno 2015 (eretto con la denominazione di Segreteria per la Comunicazione in seguito è stata denominata Dicastero); Consiglio per l’economia e Segreteria per l’economia: con il motu proprio Fidelis dispensator et prudens , del 24 febbraio 2014 (con il motu proprio dell’8 luglio 2014 è stata trasferita la Sezione Ordinaria dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica alla Segreteria per l’economia. Con il motu proprio I beni temporali , del 4 luglio 2016, seguendo come regola di massima importanza che gli organismi di vigilanza siano separati da quelli vigilati, sono stati meglio delineati i rispettivi ambiti di competenza della Segreteria per l’economia e dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica. Il 28 dicembre 2020 con il motu proprio Una migliore organizzazione  è stato convertito in legge ciò che era già stato indicato nella lettera del 25 agosto 2020 indirizzata al segretario di Stato circa il passaggio delle funzioni economiche e finanziarie dalla Segreteria di Stato all’Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede, per la gestione, e alla Segreteria per l’economia, per il controllo; Ufficio del Revisore generale: motu proprio Fidelis dispensator et prudens , del 24 febbraio 2014; Commissione di Materie riservate istituita il 29 settembre 2020; Comitato per gli Investimenti: comunicato della Santa Sede del 15 dicembre 2021; inserimento della Cappella musicale pontificia nell’Ufficio delle celebrazioni liturgiche del Sommo Pontefice (art. 233 § 2): motu proprio Circa la Cappella Musicale Pontificia , del 17 gennaio 2019; uso della Liturgia romana anteriore alla riforma del 1970: motu proprio Traditionis Custodes , del 16 luglio 2021.

6 Il titolo era già stato implicitamente reso noto nel comunicato della Sala stampa della Santa Sede del 25 aprile 2018 nel quale si precisava che tra i vari temi che sarebbero andati a formare il nuovo documento occorreva tenere presente che l’annuncio del Vangelo e lo spirito missionario sarebbero stati la prospettiva che caratterizza l’attività di tutta la Curia romana. In seguito il titolo è stato comunicato per la prima volta nel briefing del 12 settembre 2018. Infine, Papa Francesco nel Discorso alla Curia romana  (21 dicembre 2019), ha detto: «Proprio ispirandosi a questo magistero dei Successori di Pietro dal Concilio Vaticano ii  fino a oggi, si è pensato di proporre per l’instruenda nuova Costituzione apostolica sulla riforma della Curia romana il titolo di Praedicate evangelium . Cioè l’atteggiamento missionario». Il testo in parola, al momento presente non ancora pubblicato in aas , è reperibile sul sito internet della Santa Sede.

7Paolo vi , Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi  (8 dicembre 1975), 14, in aas  68 (1976), p. 13.

8Francesco , Esortazione apostolica Evangelii gaudium , 27, in aas  105 (2013), p. 1031.

9 Cfr. Francesco , Discorso ai Vescovi responsabili del Consiglio episcopale latinoamericano  (Celam) in occasione della riunione generale di coordinamento, 28 luglio 2013, in aas  105 (2013), p. 698, n. 3. Cfr. pe , Preambolo, nn. 2 e 3.

10pe , art. 12 § 1.

11 Cfr. pe , art. 54.

12 «Quando [la Congregazione per la Dottrina della Fede e la Congregazione per l’Evangelizzazione dei popoli] furono istituite, si era in un’epoca nella quale era più semplice distinguere tra due versanti abbastanza definiti: un mondo cristiano da una parte e un mondo ancora da evangelizzare dall’altra. Adesso questa situazione non esiste più […] Abbiamo pertanto bisogno di un cambiamento di mentalità pastorale, che non vuol dire passare a una pastorale relativistica […] Tutto questo comporta necessariamente dei cambiamenti e delle mutate attenzioni anche nei suindicati Dicasteri, come pure nell’intera Curia» (Francesco , Discorso alla Curia romana , 21 dicembre 2019).

13 Cfr. Giovanni Paolo ii , Lettera enciclica Redemptoris missio , 30, in aas  83 (1991), p. 276.

14 Nella Costituzione apostolica Pastor Bonus  era un’istituzione collegata con la Santa Sede (cfr. PB , art. 193).

15 «Nell’esercizio della sua suprema, piena ed immediata potestà sopra tutta la Chiesa, il romano Pontefice si avvale (utitur ) dei dicasteri della curia romana» (cd , 9). L’«atteggiamento diaconale deve caratterizzare anche quanti, a vario titolo, operano nell’ambito della Curia romana la quale, come ricorda anche il Codice di diritto canonico, agendo nel nome e con l’autorità del Sommo Pontefice, «adempie alla propria funzione per il bene e al servizio delle Chiese» (can. 360; cfr cceo  can. 46). Primato diaconale «relativo al Papa»; e altrettanto diaconale, di conseguenza, è il lavoro che si svolge all’interno della Curia romana ad intra e all’esterno ad extra (Francesco , Discorso alla Curia romana , 21 dicembre 2017, in aas  110 [2018], pp. 65-66).

16 Cfr. pe , artt. 1, 24.

17 Cfr. pe , Preambolo, 8; Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 1, 5. «Il rapporto che lega la Curia alle Diocesi e alle Eparchie è di primaria importanza. Esse trovano nella Curia romana il sostegno e il supporto necessario di cui possono avere bisogno. È un rapporto che si basa sulla collaborazione, sulla fiducia e mai sulla superiorità o sull’avversità. La fonte di questo rapporto è nel Decreto conciliare sul ministero pastorale dei Vescovi, dove più ampiamente si spiega che quello della Curia è un lavoro svolto “a vantaggio delle Chiese e al servizio dei sacri pastori” (cd  9). La Curia romana, dunque, ha come suo punto di riferimento non soltanto il Vescovo di Roma, da cui attinge autorità, ma pure le Chiese particolari e i loro Pastori nel mondo intero, per il cui bene opera e agisce» (Francesco , Discorso alla Curia romana , 21 dicembre 2017, in aas  110 [2018], p. 70).

18pe , art. 1.

19 Cfr. can. 360 cic .

20 Il Romano Pontefice è «perpetuo e visibile principio e fondamento dell’unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli» (Lumen gentium , 23), presiede «alla comunione universale di carità» (ibidem , 13) e conferma «nella fede i suoi fratelli» [cfr. Luca , 22, 32] (ibidem , 25).

21 Cfr. pb , Introduzione, 9. «È opportuno, allora, tornando all’immagine del corpo, evidenziare che questi “sensi istituzionali”, cui potremmo in qualche modo paragonare i Dicasteri della Curia romana, devono operare in maniera conforme alla loro natura e alla loro finalità: nel nome e con l’autorità del Sommo Pontefice e sempre per il bene e al servizio delle Chiese. Essi sono chiamati ad essere nella Chiesa come delle fedeli antenne sensibili: emittenti e riceventi. Antenne emittenti in quanto abilitate a trasmettere fedelmente la volontà del Papa e dei Superiori […] L’immagine dell’antenna rimanda altresì all’altro movimento, quello inverso, ossia del ricevente. Si tratta di cogliere le istanze, le domande, le richieste, le grida, le gioie e le lacrime delle Chiese e del mondo in modo da trasmetterle al Vescovo di Roma al fine di permettergli di svolgere più efficacemente il suo compito e la sua missione di “principio e fondamento”» (Francesco , Discorso alla Curia romana , 21 dicembre 2017, in aas  110 [2018], pp. 67-68).

22 Cfr. pe , Principi e criteri per il servizio della Curia romana, Introduzione.

23 Cfr. pe , artt. 2-5: indole pastorale delle attività curiali; artt. 7-8: principi operativi della Curia romana.

24 Cfr. pb , Introduzione, 8.

25pe , Preambolo, 8.

26 Cfr. pe , Preambolo, 4. La sinodalità è «dimensione costitutiva della Chiesa, che attraverso di essa si manifesta e configura come Popolo di Dio in cammino e assemblea convocata dal Signore risorto» (Commissione teologica internazionale , La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa , 2018, n. 42). «La sinodalità esprime la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione» (Francesco , Discorso ai fedeli di Roma , 18 settembre 2021. Il testo in parola, al momento non ancora pubblicato in aas , è reperibile sul sito internet della Santa Sede).

27 Cfr. Commissione teologica internazionale , La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa , al n. 70.

28 Cfr. Francesco , Discorso alla Curia romana , 22 dicembre 2016, n. 9, in aas  109 (2017), pp. 43-44.

29 Cfr. Francesco , Discorso alla Curia romana , 22 dicembre 2016, n. 8, in aas  109 (2017), pp. 43.

30 Cfr. Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 4. Strutture gerarchiche orientali: Sinodi dei vescovi delle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, Consigli dei gerarchi delle Chiese metropolitane sui iuris, Assemblee dei gerarchi di diverse Chiese sui iuris che esercitano la loro potestà nella stessa nazione o regione.

31 La visita apostolica ha un carattere piuttosto amministrativo, motivato da circostanze o bisogni speciali. Essa è la modalità con cui il Romano Pontefice, attraverso un visitatore, mette in atto la giurisdizione suprema e immediata che gli appartiene per ogni e qualsiasi parte della Chiesa. I poteri del visitatore sono determinati nel Breve di nomina (il documento di incarico può essere di semplice inquisitore e relatore, ma può anche avere una vera giurisdizione). Il suo ufficio cessa non appena egli ha presentato il suo rapporto alla Santa Sede. Si richiama la seguente definizione: «La visita ufficiale o canonica viene descritta dal canonista del secolo xvii  Agustín Barbosa nel modo seguente: “Visitare non è niente altro che investigare su eccessi e negligenze, disapprovare ciò che di essi si scopre, correggere mediante rimedi appropriati e preservare o, quando è necessario, riportare al suo stato originale l’osservanza delle obbligazioni verso la persona relativa e come lo richiedono le circostanze”» (r. j. kaslyn , Visitador Apostólico , in Diccionario General de Derecho Canónico  vii . Obra dirigida y coordinada por j. otaduy - a. viana - j. sedano , Universidad de Navarra - Thomson Reuters Aranzadi, Cizur Menor (Navarra) 2012, p. 939).

32 Paolo vi  istituì il Sinodo dei Vescovi con motu proprio Apostolica sollicitudo , 15 settembre 1965. Papa Francesco, con la Costituzione apostolica Episcopalis communio  (15 settembre 2018), lo ha profondamente rinnovato, inserendolo nella cornice della sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, a tutti i livelli della sua esistenza.

33 «Il Sinodo… presta un’efficace collaborazione al Romano Pontefice, secondo i modi da lui stesso stabiliti, nelle questioni di maggiore importanza, quelle cioè che richiedono speciale scienza e prudenza per il bene di tutta la Chiesa» (Costituzione apostolica Episcopalis communio , 1).

34 Cfr. francesco , Esortazione apostolica Evangelii gaudium , 32, in aas  105 (2013), pp. 1033–1034.

35 Cfr. pe , Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 2.

36 «Un principio di generale valore, vale a dire: ciò che gli uomini singoli possono fare da sé e con le proprie forze, non deve essere loro tolto e rimesso alla comunità; principio che vale egualmente per le comunità minori e di ordine inferiore di fronte alle maggiori e più alte. Poiché — così proseguiva il sapiente Pontefice — ogni attività sociale è per natura sua sussidiaria; essa deve servire di sostegno per i membri del corpo sociale, e non mai distruggerli e assorbirli. Parole veramente luminose; che valgono per la vita sociale in tutti i suoi gradi, ed anche per la vita della Chiesa, senza pregiudizio della sua struttura gerarchica» (Pio xii , Discorso ai nuovi cardinali , Concistoro 20 febbraio 1946, in aas  38 [1946], pp. 144-145). «Que l’autorité ecclésiastique applique ici aussi le principe général de l’aide subsidiaire et complémentaire; que l’on confie au laïc les taches, qu’il peut accomplir, aussi bien ou même mieux que le prêtre, et que, dans les limites de sa fonction ou celles que trace le bien commun de l’Eglise, il puisse agir librement et exercer sa responsabilité» (Pio xii , Discorso circa l’apostolato dei laici , 5 ottobre 1957, in aas  49 [1957], p. 927).

37 Chiesa universale e Chiese particolari, Papa e Collegio dei Vescovi, sacerdozio ordinato e sacerdozio comune dei fedeli. «Il potere del Sommo Pontefice non pregiudica in alcun modo quello episcopale di giurisdizione, ordinario e immediato, con il quale i Vescovi… guidano e reggono, da veri pastori, il gregge assegnato a ciascuno di loro, [potere che] anzi viene confermato, rafforzato e difeso dal Pastore supremo ed universale, come afferma solennemente San Gregorio Magno: “Il mio onore è quello della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Io mi sento veramente onorato, quando a ciascuno di loro non viene negato il dovuto onore” [cf. Epistola ad Eulog. Alexandrin. , i, viii , Ep. xxx ]» (Costituzione dogmatica Pastor aeternus , iii , in ass  6 [1870-71], pp. 43-44).

38 Questa è la legge nell’unica Chiesa di Cristo, che altrimenti verrebbe di fatto frammentata in tanti soggetti estrinseci gli uni agli altri, e che chiede di essere assunta nella prassi ecclesiale per manifestare fattivamente ed esemplarmente la qualità di quell’unità di cui Cristo ha dotato la sua Chiesa come dono e compito nello stesso tempo.

39 Cfr. pe , Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 4.

40 Cfr. pe , art. 1.

41concilio ecumenico vaticano ii , Decreto Christus Dominus , 37-38.

42 È bene precisare che le conferenze episcopali non sono gli unici Ecclesiarum particularium coetus  (cann. 431-459 cic ). Vi sono, infatti, le province ecclesiastiche, che sono istituzioni previste vincolativamente ex lege  (can 431 cic : componantur ); questi particolari “raggruppamenti di Chiese” sono espressione di “istituzioni di comunione tra Chiese”. Vi sono, poi, il Concilio plenario, per tutte le Chiese di una Conferenza episcopale (can 439 § 1 cic ) ed il Concilio Provinciale, per tutte le Chiese di una Provincia, (can 440 cic ) quali istituti di espressione sinodale. Infine il simbolismo del conferimento del pallio (cann. 437 § 1 cic  e, mutatis mudandis , 156 cceo ). Al riguardo, la Costituzione in parola non escludendo, né tanto meno negando tutte queste realtà ecclesiali e garantite comunque dal cic , intende “valorizzare e potenziare pastoralmente” quella delle Conferenze episcopali.

43 Cfr. pe , Preambolo, 7 e 8.

44pe , Preambolo, 7.

45 Cfr. cann. 447, 449 cic ; pe , Principi e Criteri per il servizio della Curia romana, 4; giovanni paolo ii , motu proprio Apostolos suos , 3-5. 12, 14, 20 in aas  90 (1988), 641-658; Direttorio Apostolorum successores , 28-32, 24; Esortazione apostolica Pastores gregis , 63.

46 Il can. 447 cic , richiamato nel suo contenuto dal n. 9 del Preambolo, dispone appositamente che i vescovi nella Conferenza episcopale esercitano «congiuntamente» (coniunctim  e non collegialiter ) solo «alcune funzioni pastorali» (munera quaedam pastoralia ), quindi non tutte.

47 Cfr. pe , Preambolo, 7.

48 Artt. 21, 4; 36 §§ 1-2; 42 § 1; 55 § 1; 56 § 2; 57, 2°-3°; 62; 63; 72; 78 § 2; 89 §§ 2-3; 97; 104; 105 §§ 1-2; 106; 107; 108; 110; 114 § 4; 115 §§ 1 e 3; 128 § 2; 130; 133; 137 §§ 1 e 3; 138 § 2; 150 § 2; 152 § 1; 155; 156 § 2; 159 §§ 1-2; 160 § 1; 161 §§ 1 e 6; 163 § 3; 164; 165, 1; 167; 169; 170; 175 § 2; 180.

49 Cfr. pe , Preambolo, 9

50 Cfr. pe , Preambolo, 8.

51 «Ogni Istituzione curiale compie la propria missione in virtù della potestà ricevuta dal Romano Pontefice in nome del quale opera con potestà vicaria nell’esercizio del suo munus  primaziale. Per tale ragione qualunque fedele può presiedere un Dicastero o un Organismo, attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi».

52 «Se il Prefetto e il Segretario di un Dicastero sono Vescovi, ciò non deve far cadere nell’equivoco che la loro autorità venga dal grado gerarchico ricevuto, come se agissero con una potestà propria, e non con la potestà vicaria conferita loro dal Romano Pontefice. La potestà vicaria per svolgere un ufficio è la stessa se ricevuta da un Vescovo, da un presbitero, da un consacrato o una consacrata oppure da un laico o una laica» (g. ghirlanda , Conferenza stampa presentazione Costituzione apostolica  Praedicate Evangelium, 21 marzo 2022).

53 Il can. 208 riconosce che in forza del battesimo fra tutti i fedeli «vige una vera uguaglianza nella dignità e nell’agire» per cui tutti sono chiamati a cooperare all’edificazione del corpo di Cristo. In modo simile il can. 204 § 1 afferma la responsabilità di tutti i battezzati riguardo all’attuazione della missione che Cristo ha affidato alla Chiesa da compiere nel mondo. Tuttavia, dato che la comunità cristiana è costituita dai diversi doni gerarchici e carismatici, opera dello Spirito Santo, quindi dai diversi ministeri e attività, secondo i due canoni citati si hanno differenti condizioni giuridiche tra i suoi membri e pluralità di relazioni giuridiche, per cui i modi di edificazione del corpo di Cristo e di attuazione della missione della Chiesa nel mondo differiscono, ma sono complementari tra di loro. La Congregazione per la Dottrina della Fede nella Lettera Iuvenescit Ecclesia , del 15 maggio 2016, nn. 11; 13-15, ha affermato la coessenzialità dei doni carismatici e dei doni gerarchici in relazione alla costituzione divina della Chiesa fondata da Gesù (cfr. Enchiridion Vaticanum , 32/700-743).

54a. m. stickler , La «potestas regiminis»: visione teologica , in aavv , Il nuovo Codice di Diritto canonico: novità, motivazione e significato , P. U. Lateranense, Roma, 1983, p. 67; j. garcia martin , Le norme generali del Codex Iuris Canonici , Ediurcla 1996, p. 468.

55 «2) Nella consacrazione è data una “ontologica” partecipazione ai “sacri uffici”, come indubbiamente consta dalla tradizione, anche liturgica. Volutamente è usata la parola “uffici"” (munerum ), e non “potestà” (potestatum ), perché quest’ultima voce potrebbe essere intesa di potestà esercitabile di fatto (ad actum expedita ). Ma perché si abbia tale potestà esercitabile di fatto, deve intervenire la “determinazione” canonica o “giuridica” (iuridica determinatio ) da parte dell’autorità gerarchica. E questa determinazione della potestà può consistere nella concessione di un particolare ufficio o nell’assegnazione dei sudditi, ed è concessa secondo le norme approvate dalla suprema autorità» (concilio ecumenico vaticano ii , Costituzione dogmatica Lumen gentium , Nota esplicativa previa). Cfr. gianfranco ghirlanda, L’origine e l’esercizio della potestà di governo dei Vescovi. Una questione di 2000 anni , in Periodica 106 (2017), pp. 537-631.

56 Nel can. 979 cceo  al posto di «fedeli laici» si trova «tutti gli altri fedeli cristiani». Riguardo a quello che ora interessa mettere in luce il senso non cambia.

57j. garcia martin , Le norme generali del Codex Iuris Canonici , Ediurcla 1996, p. 475.

58francesco , Discorso alla Curia romana , 22 dicembre 2016, in aas  109 (2017), pp. 37-38.

59pe , Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 6; cfr. art. 4.

60pe , Principi e criteri per il servizio della Curia romana, 7; cfr. art. 3.

61pe , artt. 5-9. Dell’esemplarità di vita Papa Francesco ha particolarmente trattato nel motu proprio La fedeltà nelle cose  del 26 aprile 2021 recante disposizioni sulla trasparenza nella gestione della finanza pubblica, in Communicationes  103, 2021, pp. 75-78.

62pe , Preambolo, 11, cfr. paolo vi , Allocuzione per l’ultima Sessione pubblica del Concilio Ecumenico Vaticano  ii  (7 dicembre 1965).