· Città del Vaticano ·

La testimonianza del cardinale Gantin a cento anni dalla nascita

Identità africana e valori evangelici

 Identità africana e valori evangelici  QUO-105
09 maggio 2022

Ricorre in questo mese di maggio il centenario della nascita del cardinale Bernardin Gantin, avvenuta l’8 maggio 1922 a Toffo, nell’allora Dahomey.

Il cardinale Gantin è il primo vescovo africano che è stato chiamato a ricoprire ruoli di alta responsabilità nella Curia romana e fa parte della prima generazione di sacerdoti africani elevati all’episcopato nei nostri tempi, a lunga distanza dagli indimenticabili vescovi nati in Africa nei primi secoli del cristianesimo, fra i quali emergono sant’Agostino e San Cipriano.

Formato nel seminario di Saint-Gall di Ouidah (Benin), fu ordinato sacerdote nel 1951 qui a Roma, mentre frequentava la Pontificia università Lateranense. Nel 1956, a soli 34 anni di età, fu nominato vescovo, otto mesi prima che il Dahomey diventasse Stato indipendente col nome di Benin.

Il 5 febbraio 1960 fu nominato arcivescovo metropolitano di Cotonou e subito dopo divenne presidente della Conferenza episcopale dell’Africa occidentale francofona (Cerao).

Fu uno dei vescovi più giovani, insieme con monsignor Karol Wojtyła, che parteciparono a tutte le quattro sessioni del concilio Vaticano ii.

Nel 1971 Papa Paolo vi lo chiamò a Roma come segretario aggiunto della Congregazione di Propaganda Fide e, dopo due anni, come segretario. Fu poi per breve tempo presidente della Pontificia Commissione della giustizia e della pace e del Pontificio Consilio Cor Unum. Nel concistoro del 1977, Papa Montini lo creò cardinale. La sua mamma, che venne a Roma per la circostanza, gli disse nel salutarlo prima di ritornare in Benin: «Anche se ora sei cardinale, non dimenticarti mai del lontano villaggio dal quale proveniamo».

Papa Giovanni Paolo ii nel 1984 lo nominò prefetto della Congregazione per i vescovi e contemporaneamente presidente della Pontifica Commissione per l’America latina, incarico che egli svolse per 14 anni.

Fu decano del Collegio cardinalizio per un decennio e al compimento degli 80 anni di età rassegnò le dimissioni per fare ritorno tra la sua gente, nel Benin, dove riprese l’attività evangelizzatrice che aveva avviato il giorno della sua ordinazione sacerdotale e che, sia pure sotto forme differenti, non aveva mai interrotto.

La partenza da Roma del cardinale Gantin fu per tanti suoi amici italiani e per me, che avevo collaborato con lui e che ero diventato poi prefetto del dicastero da lui retto per 14 anni, un sofferto distacco, ma abbiamo tutti apprezzato l’alta ispirazione che lo muoveva: volle tornare dove aveva iniziato il suo ministero sacerdotale ed episcopale per dedicare l’ultimo tratto della sua vita alla sua nazione di origine. Lo fece per un desiderio del suo cuore, ma soprattutto per essere utile alla crescita in Cristo della popolazione dell’amato Benin, dove agli inizi del suo ministero era stato arcivescovo. È stata una decisione coerente con tutto l’orientamento della sua vita e con la sollecitudine del suo cuore di pastore.

Nato nel mese di maggio, terminò i suoi giorni sulla terra nello stesso mese, il 13 maggio 2008, all’età di 86 anni, dei quali 31 passati nella Curia romana.

Insieme con il cardinale Francis Arinze ho presieduto a Cotonou i suoi funerali a nome e per incarico del Papa Benedetto xvi. Attesa la grande folla che desiderava partecipare, in considerazione delle dimensioni non ampie della cattedrale, la messa esequiale ebbe luogo nello stadio di Cotonou, presenti una sessantina di vescovi, provenienti da varie nazioni soprattutto africane, il presidente della Repubblica con tutti i ministri del governo del Benin, molti sacerdoti, religiosi e religiose e una folla straordinariamente numerosa di fedeli.

Al termine della messa esequiale, il presidente della Repubblica prese la parola per ricordare la figura del cardinale Gantin e terminò annunciando che, da quel giorno, l’aeroporto della capitale avrebbe portato il nome “Cardinale Bernardin Gantin”.

Alle doti di leader calmo e sereno, il cardinale Gantin univa grande signorilità nel tratto e una naturale amabilità, che creava fraternità e comunione; soprattutto lo distingueva una profonda spiritualità e uno spiccato spirito paterno.

Parlando di lui, Papa Benedetto xvi ebbe a dire che la personalità umana e sacerdotale del cardinale Gantin costituiva una sintesi meravigliosa delle caratteristiche dell’animo africano con quelle proprie dello spirito cristiano, unendo identità africana e valori evangelici.

Un aspetto che mi ha sempre colpito del cardinale Gantin è il senso missionario che lo animava: molte volte l’ho sentito parlare dell’urgenza e dell’importanza dell’opera missionaria. Spesso l’ho udito manifestare la sua gratitudine per il lavoro compiuto dai missionari europei in Africa. Considerava anche se stesso come un frutto dell’opera dei missionari. Direi, un frutto maturo, perché insieme alla semplicità dei modi, il cardinale Gantin aveva una fede robusta e un intenso amore a Dio, alla Chiesa e al Papa.

Edificante era la sua devozione alla Madonna. Tra l’altro gli dispiaceva che in Benin non ci fosse un vero santuario mariano, nonostante la devozione alla Madonna fosse stata portata in quella terra dai missionari portoghesi fin dalla seconda metà del 1600, seguiti dal 1861 dai missionari francesi. Studiò a fondo come rimediarvi e trovò generose collaborazioni in Africa e in Europa. Le due somme più consistenti le ricevette dal Papa Giovanni Paolo ii e dalla Conferenza episcopale italiana. Il 4 ottobre 1998 pose la prima pietra dell’erigendo santuario Notre Dame di Arigbo ai piedi della collina di Dassa-Zoumé, sulla strada che da Cotonou porta al nord del Paese. Alla solenne celebrazione parteciparono oltre tremila fedeli, accompagnati da tutti i vescovi delle dieci diocesi del Benin. Dopo quattro anni il santuario era completato anche nella decorazione. Il cardinale Gantin più volte vi si recò a pregare e celebrare la messa.

di Giovanni Battista Re