· Città del Vaticano ·

La Buona Notizia Il Vangelo della iii domenica di Pasqua (Gv 21, 1-19)

Reciproca amorevolezza

26 aprile 2022

Frequentemente, nella nostra quotidianità, sembra che il “fare” pesi di più dello “stare”. L’evangelista Giovanni racconta di un Gesù che desidera “stare” conducendo la sua creatura a fare esperienza della sua natura divina con un semplice ritorno ad un atto di reciproca amorevolezza. Gesù stravolge la modalità di lettura del reale da parte degli apostoli e propone non una azione ma una meravigliosa dichiarazione di affetto.

Pietro, uomo del fare, si attiva e propone, si adopera e opera, ma il punto di inizio per Gesù è comunque da un’altra parte; Gesù non appare interessato a ciò che la sua creatura sta facendo secondo il Suo insegnamento, ma va diretto, con tre domande, al punto per lui centrale: “Pietro, mi ami?”. Appare buffo e peculiare che proprio Gesù richieda l’amore a Pietro, proprio a colui che lo ha rinnegato e che sembra non capire molto di ciò che sta vivendo. Ma Gesù sceglie Pietro e lo raggiunge proprio nella sua ripetuta debolezza umana, e desidera condividere con lui una dimora nel suo cuore; tutto rotea e si gioca su una richiesta di amore. Ogni essere umano desidera amare ed essere amato, eppure è tanto difficile riconoscere e vivere questo desiderio di amore.

Abbiamo costantemente bisogno di spostarci sull’asse dell’operatività, dimostrando a noi e all’altro di essere meritevoli di amore grazie al nostro agire, smarrendo così l’originario motore propulsivo: vivere in sintonia con la nostra vera natura, in cui Dio e noi diventiamo una armonia d’amore. Le scienze psicologiche ci mostrano e dimostrano quanto il nostro essere nel mondo acquisisca un senso solo attraverso il volto amorevole dell’altro. Se manca lo sguardo di tenerezza da parte dell’altro, il cuore tende alla chiusura e si difende, pulsando secondo un ritmo semplicemente automatizzato. La nostra vita rischia spesso di procedere ad una andatura quasi meccanica, caratterizzata da una scansione priva di “intimità” e “amorevolezza”. Ma l’uomo riesce a vivere autenticamente solo se amato senza riserve, allora Gesù sente la necessità di fermare Pietro e riportarlo al suo desiderio originario: “mi ami tu?”, mostrandogli dove risiede il centro dell’uomo.

Per tre volte Gesù chiede a Pietro l’amore e questo ultimo alla fine cede e “si sente addolorato”; finalmente, sollecitato ben tre volte, torna al punto di inizio, finalmente Pietro si permette di rientrare in se stesso facendo contatto con la propria fragilità umana. A volte non basta una intera esistenza per accogliere e dare forma all’amore. Quante volte scegliamo “il fare” allo “stare”, quante volte riempiamo la nostra giornata di attività e facciamo fatica a fermarci e a dire l’amore. Dare parole all’amore, è ciò che ci umanizza e ci rende più vicini alla logica di Dio. Saper identificare ed esprimere l’amore, è il primo passo verso la compiutezza dell’umano, saper tornare e rimanere in questo stato di tenerezza, comporta una grazia particolare e Gesù ha scelto Pietro, forse in lui ha riconosciuto tutta la nostra fragilità creaturale. (rossella barzotti)

di Rossella Barzotti