Frequentemente, nella nostra quotidianità, sembra che il “fare” pesi di più dello “stare”. L’evangelista Giovanni racconta di un Gesù che desidera “stare” conducendo la sua creatura a fare esperienza della sua natura divina con un semplice ritorno ad un atto di reciproca amorevolezza. Gesù stravolge la modalità di lettura del reale da parte degli apostoli e propone non una azione ma una meravigliosa dichiarazione di affetto.
Pietro, uomo del fare, si attiva e propone, si adopera e opera, ma il punto di inizio per Gesù è comunque da un’altra parte; Gesù non appare interessato a ciò che la sua creatura sta facendo secondo il Suo insegnamento, ma va diretto, con tre domande, al punto per lui centrale: “Pietro, mi ami?”. Appare buffo e peculiare che proprio Gesù richieda l’amore a Pietro, proprio a colui che lo ha rinnegato e che sembra non capire molto di ciò che sta vivendo. Ma Gesù sceglie Pietro e lo raggiunge proprio nella sua ripetuta debolezza umana, e desidera condividere con lui una dimora nel suo cuore; tutto rotea e si gioca su una richiesta di amore. Ogni essere umano desidera amare ed essere amato, eppure è tanto difficile riconoscere e vivere questo desiderio di amore.
Abbiamo costantemente bisogno di spostarci sull’asse dell’operatività, dimostrando a noi e all’altro di essere meritevoli di amore grazie al nostro agire, smarrendo così l’originario motore propulsivo: vivere in sintonia con la nostra vera natura, in cui Dio e noi diventiamo una armonia d’amore. Le scienze psicologiche ci mostrano e dimostrano quanto il nostro essere nel mondo acquisisca un senso solo attraverso il volto amorevole dell’altro. Se manca lo sguardo di tenerezza da parte dell’altro, il cuore tende alla chiusura e si difende, pulsando secondo un ritmo semplicemente automatizzato. La nostra vita rischia spesso di procedere ad una andatura quasi meccanica, caratterizzata da una scansione priva di “intimità” e “amorevolezza”. Ma l’uomo riesce a vivere autenticamente solo se amato senza riserve, allora Gesù sente la necessità di fermare Pietro e riportarlo al suo desiderio originario: “mi ami tu?”, mostrandogli dove risiede il centro dell’uomo.
Per tre volte Gesù chiede a Pietro l’amore e questo ultimo alla fine cede e “si sente addolorato”; finalmente, sollecitato ben tre volte, torna al punto di inizio, finalmente Pietro si permette di rientrare in se stesso facendo contatto con la propria fragilità umana. A volte non basta una intera esistenza per accogliere e dare forma all’amore. Quante volte scegliamo “il fare” allo “stare”, quante volte riempiamo la nostra giornata di attività e facciamo fatica a fermarci e a dire l’amore. Dare parole all’amore, è ciò che ci umanizza e ci rende più vicini alla logica di Dio. Saper identificare ed esprimere l’amore, è il primo passo verso la compiutezza dell’umano, saper tornare e rimanere in questo stato di tenerezza, comporta una grazia particolare e Gesù ha scelto Pietro, forse in lui ha riconosciuto tutta la nostra fragilità creaturale. (rossella barzotti)
di Rossella Barzotti