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Divina liturgia presieduta dal cardinale Sandri nel Pontificio Collegio armeno

Il dolore per le bombe lanciate anche nel giorno di Pasqua

 Il dolore per le bombe lanciate anche nel giorno di Pasqua  QUO-093
25 aprile 2022

Giunga in modo particolare il grido pasquale ai fratelli e alle sorelle, anche armeni, in Ucraina, «annunciando la vittoria di Cristo sul peccato e sulla morte mentre sembra continuare in quei luoghi un Venerdì santo di Passione, crocifissione e morte, e sulle vite di migliaia di persone come sui cuori di noi tutti grava pesante la pietra non rotolata via del sepolcro». È questo l’accorato appello per la pace lanciato dal cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, durante la celebrazione della Divina liturgia, domenica mattina, 24 aprile, nell’ottava di Pasqua, e in occasione del 107° anniversario del “grande Male”.

Il rito, presieduto dal cardinale Sandri e officiato dal rettore del collegio, padre Naamo Nareg Luis, è stato celebrato nella chiesa romana di san Nicola da Tolentino, presso il Pontificio collegio armeno. È stato sottolineato che la liturgia si svolgeva in comunione con Papa Francesco che stava presiedendo la santa messa nella festa della Divina misericordia, e sentendosi vicini a «tutti coloro che proprio oggi fanno risuonare l’augurio pasquale, celebrando secondo il calendario giuliano la solennità che è al cuore della nostra fede».

«Abbi pietà di noi Signore — è stata la preghiera del cardinale — fa’ risuonare il tuo annuncio ai discepoli, apparendo loro con i segni della Croce, ma risorto e vivo: “Pace a voi!”». Poi ha invocato il Signore perché fermi «le mani che offendono il giorno pasquale lanciando missili e bombe, rifiutando l’appello di molti a una tregua che consenta tra l’altro i corridoi umanitari». Ha anche chiesto perdono per «i silenzi incomprensibili che mettono a tacere la coscienza e la profezia di una una società di fronte al trionfo della violenza».

La sapienza dei santi armeni lungo i secoli, ha detto il porporato, e soprattutto «la lettura sapienziale della storia proposta da san Gregorio di Narek», invita 107 anni dopo “il grande Male” «come credenti in Cristo certamente a non dimenticare e far dimenticare quello che ancora a volte non si vuole constatare o si nega esplicitamente». Ma, soprattutto, invita a riconoscere «il modo eroico, vissuto nella fede, con cui i figli e le figlie del vostro popolo hanno vissuto “il grande male”».

Come i ventuno cristiani copti che, pochi anni fa, «hanno tenuto il nome di Gesù sulle labbra mentre un coltello recideva la loro gola, così i vostri antenati hanno patito l’esilio, la fame, le violenze sulle donne e sui bambini, le uccisioni e quanto altro di male è stato loro fatto, non smettendo di ripetere il nome di Gesù, quel nome legato alla storia dell’Armenia sin dal battesimo del 301».

Dal cielo, ha sottolineato il cardinale, «essi non si accontentano di sapere che noi li ricordiamo, che erigiamo monumenti o mausolei, che scriviamo poemi o eseguiamo concerti». Ma domandano: «che ne è della tua fede in Cristo, come lo stai testimoniando oggi con la tua vita?». Il porporato ha quindi invitato a riflettere se si appartiene a Dio «per tradizione tramandata di popolo, o perché il tuo cuore batte e palpita per lui». E se le scelte di vita, nel lavoro, nella giustizia sociale, negli affetti, nel modo di pensare la società e il Paese, «sono legate a Lui, oppure Lui sta soltanto accanto come qualcuno del passato». I martiri «chiedono di interrogare il nostro presente e di costruire insieme il futuro».

Proprio quest’anno, ha ricordato il cardinale Sandri, ricorre il ventesimo anniversario dell’affidamento, avvenuto il 17 agosto 2002, del mondo alla Divina misericordia, compiuto da san Giovanni Paolo ii . Nel suo libro Memoria ed identità egli ha «molto riflettuto sul mistero del male che ha attraversato il secolo ventesimo, con i sistemi iniqui quali il nazionalsocialismo e il comunismo sovietico che hanno calpestato in nome di una fatua ideologia la dignità inviolabile dell’essere umano». Il “grande male” è stato «una triste anticipazione, passata sotto silenzio, dei drammi che si sarebbero consumanti qualche decennio dopo».

Il cardinale, al termine del rito, ha presieduto il momento commemorativo presso il Khachkar, la croce scolpita nella roccia nel cortile del Collegio. Dopo la celebrazione hanno preso la parola gli ambasciatori di Armenia presso la Santa Sede e in Italia, alla presenza di altri diplomatici, tra i quali l’ambasciatore del Libano presso la Santa Sede.