Due puzzle per ricomporre

Proveranno a mettere insieme dei pezzi dei due puzzle donati da Papa Francesco — insieme ai pezzi della loro vita — Mattia e Andrea Piccoli, insieme al loro papà Paolo. Non sarà quell’infausta diagnosi — Alzheimer precoce — a togliere a Paolo la missione della paternità e a Mattia e Andrea la bellezza di essere figli, con l’aiuto di mamma Michela.
E Papa Francesco — toccato dalla loro schietta testimonianza di famiglia condivisa in piazza San Pietro — glielo ha detto incoraggiandoli con un gesto di padre: il dono di due puzzle. Ma anche i due fratelli avevano un regalo per Francesco.
Un gesto semplice, quello del Papa. Ma che ha suggerito anche la chiave di lettura dello straordinario incontro di festa e di preghiera — sorprendente per chi non conosce la profondità della vita ecclesiale in Italia — in piazza San Pietro, con il tanto atteso nuovo abbraccio tra Francesco e centomila ragazzi, tra i 12 e i 19 anni, nel lunedì dell’Angelo. Tra semplicità e fraternità. E sì, gioia.
È il volto bello dell’Italia che ha “il fiuto della verità” — parola di Francesco — e guarda al futuro con speranza, nonostante stia vivendo l’adolescenza tra pandemia e guerra. Ecco la “fotografia” di questo popolo di giovani — così diversi tra loro eppure capaci di ritrovarsi insieme — che hanno riempito e colorato la piazza. Rispondendo all’invito di Gesù — #Seguimi — filo conduttore per questo appuntamento promosso dalla Conferenza episcopale italiana.
Prima dell’incontro con il Papa, i giovani hanno vissuto un momento di festa, fin dalle prime ore del pomeriggio. A far da “filo conduttore” sono stati la presentatrice Andrea Delogu e il “TikToker” Gabriele Vagnato, con la partecipazione degli attori Giovanni Scifoni e Michele La Ginestra, e dei cantanti Matteo Romano e Blanco, vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo, che ha eseguito Blu celeste, una canzone scritta per la perdita di una persona cara. Particolarmente forti, inoltre, i racconti dell’esperienza della comunità di Nembro, in provincia di Bergamo, fortemente segnata dal Covid-19 nella prima fase della pandemia.
Dopo la festa, la veglia di preghiera. Francesco ha voluto essere vicino fisicamente anche ai giovani che avevano trovato posto in fondo alla piazza e in via della Conciliazione — hanno seguito la veglia attraverso i maxischermi — e, per questo, ha compiuto un lungo giro sulla vettura scoperta.
È stato, quindi, il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, a salutare il Papa e a presentargli il senso dell’incontro, ricordando le difficoltà vissute durante il periodo della pandemia ma con un orizzonte di speranza.
Durante il canto iniziale Popoli tutti, un gruppo di ragazzi, accompagnato da un diacono, ha portato in processione il cero pasquale, l’Evangeliario e un pane cotto dalla comunità di adolescenti di Villa San Francesco di Facen di Pedavena (Belluno).
È stato poi proclamato il brano evangelico, tratto dal ventunesimo capitolo di Giovanni (1-19), che termina proprio con il dialogo tra Cristo e Pietro e l’invito di Gesù: “Seguimi”.
Ha fatto seguito l’esperienza della “lectio”, affidata alla testimonianza personale di quattro ragazzi: Alice, Samuele, Sofia e un altro Samuele. Le testimonianze dei ragazzi sono state introdotte da Michele La Ginestra: «Abbiamo parlato insieme su questo brano del Vangelo e ora saranno loro a raccontarci cosa dice loro questo racconto dell’incontro con il Risorto sul lago di Tiberiade». I quattro ragazzi avevano un testo preparato, ma hanno preferito parlare a braccio.
«Io ho avuto il più grande momento buio, quattro anni fa — ha raccontato Samuele, venuto da Muggiò, provincia di Monza e Brianza — mi sono dovuto operare per una malattia molto grave al cuore. Ho passato molto tempo in ospedale: ero arrabbiato, scontroso e la mia fede proprio non esisteva. Ma mia madre, ogni sera e ogni mattina mi costringeva a pregare. Lo facevo controvoglia, non ne capivo il significato. Ma era una fiammella nel buio. Dopo il trapianto di cuore, la mia vita è un dono, il mio desiderio è stato quello di tornare in oratorio e lì ho capito che c’era Gesù ad aspettarmi Lui sapeva già che sarei tornato. Siamo qua tutti per Dio, per Gesù, la risposta a quello che cerchiamo».
«L’anno scorso, dopo il lockdown, ho avuto un momento di vero sconforto, di apatia, non avevo voglia di vivere — ha confidato Sofia —. Ogni tanto mi ritrovavo a frequentare gli amici della parrocchia, ma non mi interessava, mi annoiavo, non riuscivo a smuovermi; poi un giorno ho incontrato un ragazzo, che non frequentava l’ambiente, ma aveva una gran voglia di vivere, e mi ha donato speranza con poche semplici parole. Mi ha aiutato a veder le cose da una prospettiva diversa, a vedere il bicchiere mezzo pieno, invece che mezzo vuoto. Forse come gli apostoli avevo solo bisogno di qualcuno che mi facesse guardare il mondo con occhi diversi per rivedere la luce in fondo a tutto quel buio».
«Io ho avuto un momento veramente buio quando, lo scorso anno a maggio, è morta mia nonna Mariangela — ha raccontato Alice tra le lacrime —. Lei è sempre stata presente nella mia vita, è stata un punto di riferimento importante e all’improvviso è scomparsa, lasciando un vuoto enorme dentro di me. Ero arrabbiata. Io avevo degli impegni come educatrice, ma ho trovato difficile svolgere il mio ruolo con i ragazzi del catechismo, non riuscivo ad essere più allegra, comunicativa, gioiosa. Poi, pian piano, anche grazie al confronto con una persona, Rebecca, con la quale ci eravamo antipatiche ma poi è nata un’intesa, ho compreso quanto sia stato importante per me ricevere da nonna il suo conforto, il suo sorriso, la sua dolcezza ed ho deciso di mettercela tutta per donare agli altri quello che avevo ricevuto da lei. Ho capito che Dio in ogni momento della vita vuole che stiamo bene, fa il tifo per noi».
«Sono sempre stato timido e chiuso — ha detto Samuele, venuto da Reggio Emilia —, non ho grande interesse a manifestarmi con gli altri. Per colpa della pandemia ero ancor più chiuso nella mia stanza senza sentire il bisogno di rapporti sociali. Ed ero a posto così nella mia solitudine. Il rapporto con la fede è altalenante, mi distraggo facilmente, e tante volte non capisco come mettere in pratica, nella vita di tutti i giorni, i precetti cristiani. Ultimamente, però, sono riuscito ad uscire dal guscio grazie all’incontro con una persona speciale, ed a frequentare altri ragazzi, e questa cosa mi ha permesso di respirare una nuova aria, ho capito che non posso trovare la soluzione dei miei problemi cercando solo dentro di me, ma aprendomi nel rapporto con gli altri... ecco, forse nell’altro, negli amici, trovo ora un qualcosa di più che riesce a farmi stare bene».
Dopo la lettura di un testo del cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), il dodicenne Mattia Piccoli ha raccontato la propria storia, vincendo la timidezza: il 14 dicembre scorso ha ricevuto l’attestato di Alfiere della Repubblica italiana dal presidente Mattarella per aver aiutato il padre colpito a 40 anni da Alzheimer precoce.
Ha quindi preso la parola Papa Francesco che aveva accanto a sé un gruppo di ragazzi e anche la Croce e l’Icona della Salus populi romani (davanti alla quale i giovani avevano posto fiaccole e un omaggio floreale), segni eloquenti delle esperienze delle Giornate mondiali della gioventù. Che ha subito intrecciato un dialogo diretto, franco, familiare, con i giovani. Concluso con la preghiera a Maria, Regina della Pace.
Prima di lasciare la piazza, il Pontefice ha salutato personalmente i cardinali — oltre a Bassetti c’erano Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, Angelo De Donatis, Mauro Gambetti, Giuseppe Betori e Paolo Lojudice — i numerosi vescovi italiani presenti e una rappresentanza dei ragazzi e degli organizzatori.