· Città del Vaticano ·

Il racconto

Un’Ave Maria
per la pace in Ucraina

 Un’Ave Maria per la pace in Ucraina  QUO-067
23 marzo 2022

Una Ave Maria per chi sta soffrendo in Ucraina. Per chi sta morendo. Perché tutti comprendano che «la soluzione è lavorare insieme per la pace». Nell’Aula Paolo vi stamani c’è un popolo che “lotta” per la pace con le “armi” della preghiera. Ciascuno con la propria storia.

E così Eliana Carmina — che l’11 dicembre scorso ha «perso tutto» nell’esplosione di diverse abitazioni per una fuga di gas a Ravanusa in Sicilia — ha parole «di speranza, di vita anche di fronte al dolore più grande». Lo ha detto al Papa con accanto la figlia Sara (l’altra figlia Miriam è rimasta con i nonni per il Covid-19) e i rappresentanti di Ravanusa, sindaco in testa. «Voglio parlare della mia speranza, non del mio dolore» dice ricordando il marito Giuseppe, morto nel crollo ad appena 33 anni.

«Non guardiamo solo a ciò che è materiale e che svanisce, perché basta una scintilla, un attimo, per distruggere tutto...» rilancia Eliana. «Gesù, con la sua grazia, mi chiede oggi di essere testimone, missionaria della vita. Ho una forza, una serenità che solo Dio può dare. Sì, la casa è vuota, la croce è pesante. Non maledico Dio, continuo a benedirlo e ringrazialo perché so che i miei familiari, morti nel crollo, sono in Cristo».

Il sindaco di Ravanusa ha presentato al Papa una originale e significativa scultura realizzata con i detriti causati dall’esplosione. Ci sono infissi 10 chiodi, a ricordare ciascuna delle vittime. Le cronache parlano in realtà di nove morti. Ma c’è anche Samuele che era in grembo di sua mamma e stava ormai per nascere. Alla base della scultura il libro del professor Pietro Carmina, suocero di Eliana, la cui “lettera agli studenti” sul valore della scuola è stata riproposta anche dal presidente della Repubblica italiana. Insomma, una storia di vita nonostante la morte, che rende ancor più incomprensibile la guerra.

«Dite al Papa che sono ucraino pure io, così mi sento più vicino a chi è sotto le bombe e anche al Papa». Lorenzo ha 15 anni e sta vivendo un altro genere di “battaglia” nel reparto di rianimazione dell’ospedale Bambino Gesù. Stamani i suoi genitori hanno raccontato a Francesco i sentimenti del ragazzo. Vengono da Capri e stanno “combattendo” insieme, come famiglia. Con speranza. «La visita che sabato il Papa ha compiuto al Bambino Gesù per incoraggiare i piccoli ucraini ricoverati — dicono — è stata una benedizione, una iniezione di fiducia per tutte le famiglie che hanno l’ospedale come “casa”».

E di «speranza» parla anche, con la saggezza dei suoi 6 anni, Niccolò Zullo che finalmente incontra il Papa. Avrebbe dovuto farlo a Firenze il 27 febbraio e poi il 5 marzo in occasione dell’udienza di Francesco al progetto Agata Smeralda. Però il Covid-19 si è messo di mezzo. Ma stamani Niccolò ha potuto abbracciare Francesco.

Fiorentino di Certaldo — «il paese di Boccaccio ma anche dell’allenatore di calcio Luciano Spalletti, però io tifo Juve» — Niccolò non manca di chiarezza: «Trascorro le mie giornate su una carrozzina, ma questo non m’impedisce di amare la vita, visto che sono circondato dall’affetto della mia famiglia e delle persone che mi vogliono bene». Stamani è in Aula Paolo vi con tutta la famiglia: in particolare il fratello Emanuele, 5 anni, e la sorella Gaia, 8 anni.

Mamma Simona e papà Lorenzo raccontano della «“battaglia” in corso dopo la scoperta della malattia di Niccolò, una forma di distrofia muscolare diagnosticata quando aveva poco più di un anno».

Francesco ha incoraggiato l’azione svolta dal “Comitato San Giuseppe” animato da 13 congregazioni religiose femminili e maschili. Dopo aver condiviso riflessioni e iniziative per l’Anno giuseppino, al Papa hanno consegnato la somma raccolta perché possa destinarla a chi è in difficoltà.

Significativo, poi, l’incontro del Pontefice con cinque giovani attivisti per il clima che collaborano anche con il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Era presente Vanessa Nakate, del Fridays for Future in Uganda, che nel gennaio 2019 ha avviato uno sciopero solitario di protesta contro gli effetti del cambiamento climatico nel suo Paese. Vanessa ha fondato il Rise up Climate Movement e promosso la campagna per la salvaguardia della foresta pluviale della Repubblica Democratica del Congo, dove a luglio si recherà Papa Francesco.

Con lei, in Aula Paolo vi , anche Maxwell Atuhura (Tasha Africa Limited Research Institute), Diana Naburuma (Africa Institute for Energy Governance), Francisco Vera (Guardianes por la vida) oltre al Movimento Laudato si’.

«Premiare per incoraggiare chi fa il proprio dover guardando al bene dell’altro»: così i promotori hanno presentato al Pontefice il significato del Premio internazionale “Padre Puglisi”, coordinato dall’arcidiocesi di Palermo in collaborazione con l’associazione “Giovani 2017 3 p ”.

A parlare di dialogo interreligioso sono venuti dalla Danimarca i rappresentanti del forum “Religion & Society” che vede insieme cristiani, musulmani ed ebrei: il Papa li ha ricevuti nell’auletta dell’Aula Paolo vi .

E per i 30 anni di servizio in Italia del sistema di emergenza preospedaliera “118”, i responsabili hanno donato a Francesco un libro con i disegni realizzati dai bambini «sull’urgenza di aiutare gli altri». Domenica scorsa una delegazione del “118” aveva partecipato alla preghiera dell’Angelus in piazza San Pietro. 

di Giampaolo Mattei