· Città del Vaticano ·

Il racconto

Quando l’auletta
diventa parrocchia

 Quando l’auletta diventa parrocchia  QUO-050
02 marzo 2022

«Sono Inês ma preferisco essere chiamata “Nini”. Ho 16 anni e vivo a Porto. Sono nata con una malattia che si chiama neurofibromatosi, una malattia rara che mi ha causato un tumore alle vie ottiche e ho completamente perso la vista a un occhio».

Con queste parole “Nini” — Inês Abranches B. Pinto — si è presentata stamani di buon ora al Papa che, a braccia aperte, l’ha accolta nell’auletta dell’Aula Paolo vi prima dell’udienza generale.

Francesco le ha amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi, facendo diventare ancora una volta, l’auletta una “parrocchia” aperta a tutti.

Con i genitori — Mariana, anch’essa colpita da un tumore, e Filipe — e il fratello Francisco, 13 anni, la ragazza fa parte della comunità gesuita di Porto. E lei, in particolare, vive l’esperienza dell’associazione Comunità di vita cristiana ( cvx ).

«Ho fatto chemioterapia per due anni — racconta — poi sono uscita dall’ospedale e ho iniziato una vita normale, frequentando la scuola, divertendomi».

«Il 1° giugno 2020 mi è stata diagnosticata la leucemia. I tre cicli di chemio non hanno avuto buon esito e ho sopportato tanto dolore. Sono stata ricoverata a lungo e isolata da tutto». Intanto, «i medici hanno capito che avevo bisogno di un donatore di midollo osseo ma, mentre attendevo, sono stata sottoposta a un altro ciclo di chemio». E nel dicembre 2020, ricorda, «ho subito una delle peggiori chemio, sono stata molto male».

Il trapianto, invece, «sembrava fosse andato bene». Dimessa a fine gennaio 2021, Nini ha ripreso «la quotidianità della normalità» tanto che a settembre è tornata, finalmente, a scuola.

«L’8 novembre scorso ho avuto una ricaduta e sono stata ricoverata di nuovo» prosegue. «Ho dovuto ricominciare daccapo. La chemio non ha funzionato e ci siamo affidati alle cure palliative. Ho sofferto tanto e dall’11 dicembre, quando sono stata dimessa dall’ospedale, vivo tutti i giorni intensamente».

Con consapevole serenità, stamani, Inês ha abbracciato Papa Francesco. «Durante questo percorso di fine della vita terrena è stato molto bello stare con la famiglia, con gli amici e intraprendere avventure»: dice proprio così, «intraprendere avventure». Come il viaggio a Roma, tra il 28 febbraio e oggi, tra il carnevale — tiene a rimarcare — e l’inizio della Quaresima.

In modo del tutto particolare stamani, durante l’udienza generale in Aula, il Pontefice ha abbracciato e incoraggiato gli ammalati. In particolare i bambini accompagnati dai loro genitori. A rilanciare l’impegno per «l’inclusione delle persone con una malattia rara e la loro partecipazione piena, equa e significativa alla società», come affermato lo scorso 28 febbraio per la 15a edizione della Giornata mondiale delle malattie rare, erano presenti i rappresentanti della federazione italiana Uniamo. «Le malattie rare, nel loro complesso, riguardano 30 milioni di persone in Europa e 300 milioni nel mondo» affermano i responsabili, ricordando anche il ruolo che sta svolgendo il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale. Come a dire: tanto rare queste malattie non sono...

La Giornata annuale, in sostanza, ha «l’obiettivo di rafforzare la comunità globale delle persone che vivono con una malattia rara e di incoraggiare le strategie nazionali e la collaborazione internazionale». E a quest’opera di sensibilizzazione sul campo ha fatto eco, in Aula Paolo vi , la testimonianza di Rosely Maria, responsabile dell’Instituto Vidas Raras do Brasil che, «dal 2001, accoglie e cura le persone con malattie rare e le loro famiglie». Con forza, spiega, «lottiamo per migliorare la qualità della vita e le politiche pubbliche, sensibilizzando la società civile e formando operatori sanitari». Rosely fa presente che oggi «in Brasile l’8% della popolazione, cioè quasi 15 milioni di persone, hanno a che fare con malattie rare e il 30% muore prima di aver compiuto 5 anni».

E con un abbraccio Francesco ha accolto Riccardo, 6 anni, originario di Concorezzo, in Lombardia, al quale è stato diagnosticato il raro morbo di Legg-Calvé-Perthes, una sindrome di tipo necrotico-degenerativo che porta allo sgretolamento della testa del femore. Non essendoci cure specifiche, il percorso clinico è incerto. E con coraggio Riccardo sta affrontando la realtà, coi giovani genitori Caterina e Marco.

Particolarmente significativo, inoltre, l’incontro del Papa con Latifa Ibn Ziaten, presidentessa dell’associazione Imad per la gioventù e la pace, che in Francia lavora per la riconciliazione e il dialogo, in particolare nelle scuole. Lo scorso anno assieme al segretario generale dell’Onu, António Guterres, la donna ha ricevuto il premio Zayed per la Fratellanza umana.

Nata a Tetouan, in Marocco, nel 1960, a 17 anni si trasferisce in Francia. La sua vita cambia l’11 marzo 2012: suo figlio Imad, paracadutista militare, viene assassinato dal terrorista Mohamed Merah davanti alla sua caserma a Tolosa. Latifa trova la forza di superare il ciclo infernale della vendetta. Il 24 aprile 2012 crea l’associazione che porta il nome del figlio ucciso e, da allora, non smette di dialogare, per la pace e contro ogni violenza, con i giovani che vivono nei quartieri difficili. Ad accompagnare la donna c’era María Fernanda Silva, ambasciatore di Argentina presso la Santa Sede.

E a parlare di «cultura dell’incontro» con i musulmani era presente all’udienza Gérard Testard, presidente dell’associazione francese Efesia, con un rappresentante della comunità islamica.

Un ricordo del cardinale africano Bernardin Gantin, morto nel 2008, è stato condiviso con Francesco dal comitato che si è costituito, a Roma e in Benin, per raccogliere documentazione per la causa di canonizzazione e anche per sostenere l’orfanotrofio intitolato al porporato.

E di Africa è venuta a parlare, in udienza, anche madre Lilato Sang’andu, priora del monastero delle clarisse di Lusaka e presidente della “Bikira Maria association of english speaking poor clares in Africa”. La religiosa è in Italia per un intervento chirurgico reso necessario dalle conseguenze dell’infezione da covid 19.

Anche i rappresentanti del sindacato Cisl tra i medici e nella scuola sono venuti in udienza per presentare al Papa il loro impegno in prima linea, nel tempo della pandemia.

di Giampaolo Mattei