· Città del Vaticano ·

La testimonianza di monsignor Mokrzycki, arcivescovo di Lviv dei latini

Accogliamo i profughi e preghiamo anche per la Russia

Volunteers sort through supplies donated by members of the public that are destined for internally ...
01 marzo 2022

«Qui a Lviv stiamo facendo, strategicamente, due cose: accogliamo fraternamente i tantissimi profughi, impauriti e bisognosi di tutto, e preghiamo per la pace, sì preghiamo anche per la Russia, per la conversione dei cuori di chi fa la guerra». Risponde al cellulare l’arcivescovo di Lviv dei latini, monsignor Mieczysław Mokrzycki, mentre coordina l’azione sul campo per dare assistenza al «fiume di persone che si sta riversando qui da noi, nella parte occidentale dell’Ucraina, per sfuggire alla follia della guerra».

Al momento, racconta, «la guerra non è arrivata a Lviv con la violenza delle armi, ma ne stiamo sperimentando la durezza spietata attraverso i volti, le storie dei profughi». Giungono soprattutto da Kharkiv, Kyiv, Mariupol — dice — «ma anche da città e villaggi che ancora non sono stati attaccati: la paura di rimanere intrappolati nella morsa militare è grande e così la gente si mette in viaggio, tra mille difficoltà, affidandosi alla speranza».

Lviv — Leopoli — è «la porta verso la Polonia» fa presente l’arcivescovo «e molti ucraini hanno trovato o stanno cercando di trovare salvezza oltre confine»: si parla già di 350 mila persone accolte in territorio polacco. Purtroppo, però, «ci sono almeno 3 giorni di fila per varcare la frontiera». E «qui ora fa freddo, c’è la neve».

Oltretutto questo «fiume in piena in cerca di salvezza rischia di paralizzare le strade verso la Polonia e ciò potrebbe essere un serio problema nel momento dell’arrivo di aiuti umanitari di prima necessità».

Ecco le questioni pratiche alle quali l’arcidiocesi latina a Lviv prova a rispondere. «Panini e thé caldo, ora come ora, sono fondamentali» racconta l’arcivescovo Mokrzycki, mentre va a visitare chi sta preparando cantine e rifugi per timore di un attacco improvviso: «Abbiamo organizzato anche corsi di primo soccorso per sacerdoti, religiose, religiosi e laici impegnati nelle nostre realtà ecclesiali, in modo che, in caso di emergenza, possano prendersi adeguatamente cura dei feriti».

Un’azione sul campo con una particolare attenzione per i bambini, le famiglie, gli anziani. «Tutte le nostre strutture sono già aperte ai profughi, tutte! I centri pastorali e le case religiose, le parrocchie e i punti di assistenza alle persone con disabilità, ai più poveri».

Ma non basta: «Ci prepariamo a nuovi arrivi, facciamo tutto quello che possiamo: tutta la nostra gente è mobilitata, anche le nostre case sono aperte». In città, aggiunge, «non ci sono più appartamenti liberi, compresi quelli rimasti sfitti dopo che gli studenti, a causa del covid, sono andati via. Adesso tutti i locali in affitto sono occupati. Anche nei villaggi intorno a Lviv le case libere sono state occupate da persone scappate dalla linea del fronte».

«Cibo e acqua a Lviv non mancano» assicura l’arcivescovo, facendo il quadro della situazione a oggi. «Sì, per ora siamo ben forniti, ma ci è chiaro che se la situazione precipitasse, come a Kyiv, sarebbe drammatico. Viviamo in uno scenario che nessuno di noi aveva previsto».

È vero, l’Ucraina — spiega l’arcivescovo — conosce tristemente queste situazioni. Ma non pensava di riviverle. «I nostri anziani sanno cosa è stata, qui, la seconda guerra mondiale. E i meno anziani hanno avuto a che fare anche con il comunismo. La nostra gente sa cosa succede quando un popolo viene aggredito».

Eppure monsignor Mokrzycki ha parole di speranza, di fiducia, che non cedono alla tentazione dell’odio: «Confido nel Signore, invito incessantemente a pregare Maria come regina della pace».

Di più: «Siamo tutti profondamente grati al Santo Padre per le sue parole, per l’invito a digiunare e pregare per la pace». E rilancia: «Proprio ora, davanti a una situazione veramente difficile, spero ancora di più, con tutto il cuore, che Papa Francesco — un giorno non lontano — potrà venire in visita in Ucraina per un pellegrinaggio di pace e di unità, come è stato il viaggio compiuto da san Giovanni Paolo ii nel 2001». Sarebbe importante, una svolta «per tutti gli ucraini, non solo per i cattolici».

E così, per un attimo, l’arcivescovo Mokrzyki rimette i panni di “don Mietek”, il giovane segretario personale di Papa Wojtyła: «Ricordo come fosse ora quel viaggio, che sembrava impossibile, avvenuto ormai quasi ventuno anni fa a Kyiv e qui a Lviv... Il Papa per la nostra gente è sempre stato “la roccia” a cui aggrapparsi, soprattutto nei momenti più difficili. Anche ora è così. Siamo uniti con il Papa nella preghiera e con lui chiediamo a Dio, a Maria, il dono della pace».

Pregando anche per la Russia, perché chi fa la guerra si converta alla pace.

di Giampaolo Mattei