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La Zoologia teologica che si studia a Münster

Gli animali
correggono la teologia

 Gli animali correggono  la teologia   DCM-004
02 aprile 2022

La Zoologia teologica che si studia a  Münster


Agnelli che scodinzolano, maiali che vivono nel giardino di casa, galline che cercano la carezza dei bambini e persino polpi che tendono affettuosamente i tentacoli verso la mano del subacqueo sudafricano Craig Foster che grazie alle immagini straordinarie ha vinto il premio Oscar nel 2021 con il documentario Octopus teacher. Titolo profondo: gli animali, anche i più improbabili come un cefalopode, stanno insegnando agli umani che esiste una comunanza emotiva e partecipe che sta spingendo non soltanto alla riflessione filosofica e giuridica ma che addirittura ha gettato le basi per la creazione nel 2009 in Germania, e precisamente a Münster, dell’Institut für Theologische Zoologie. Nell’istituto si confrontano teologi cristiani e appartenenti a religioni orientali, induisti e buddisti, figli questi ultimi di una cultura religiosa dove il confine tra l’umano e l’animale è meno netto e meno utilitaristico. All’ Institut für Theologische Zoologie si anima il pensiero teologico e contemporaneamente vengono organizzati seminari di incontro tra umani e animali, pet therapy e laboratori di esperienza diretta per ritrovare un terreno di riconoscimento reciproco.

Lo scopo principale, indicano i fondatori, è «cambiare il paradigma teologico» e correggere «un errore» della teologia moderna sul destino degli animali, per secoli considerati strumenti senza anima e dunque inferiori, immeritevoli di luce e considerazione. L’errore, scrivono gli studiosi di Münster, non è dannoso soltanto per gli animali ma porta a una falsa concezione sulla Creazione e su Dio e questo, metteva in guardia Tommaso d’Acquino, «allontana gli uomini dal Creatore».

Per la teologia degli animali, dunque, le creature non umane possiedono un soffio divino che le rende meritevoli di essere parte della storia di salvezza e questa non è una novità assoluta del pensiero cristiano ma affonda la propria visione nella lettura della Bibbia. I versi dell’Ecclesiaste, tra i molti, sono chiarissimi: «Infatti la sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa; come muoiono queste muoiono quelli; c’è un solo soffio vitale per tutti. Non esiste superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità».

È la visione di papa Francesco nella enciclica Laudato sì: «Il fine ultimo delle altre creature non siamo noi» poiché «volute nel loro proprio essere, riflettono, ognuna a suo modo, un raggio dell’infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo l’uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura».

Semplice immaginare che questa visione morale sia anche il frutto dei tempi che viviamo e della catastrofe ambientale che speriamo di scongiurare ma ciò che davvero è nuovo, anche agli occhi delle persone comuni, sono le scoperte scientifiche sulle straordinarie capacità emotive e cognitive degli animali. Nel 2012 un documento siglato a Cambridge dai maggiori neuroscienziati del pianeta ha stabilito che tutti gli animali vertebrati e i cefalopodi hanno coscienza di sé e nel 2013 una ricerca ha confermato ciò che i possessori di un cane sanno da sempre, e cioè che provano emozioni analoghe alle emozioni umane, considerazione del resto estesa anche agli animali che normalmente destiniamo alle crudeltà degli allevamenti intensivi. «Questo ci costringe a una nuova sensibilità e dunque a una nuova relazione con loro», dice a Donne Chiesa Mondo padre Martin M. Lintner, servita, docente di etica teologica a Bressanone, già presidente dell’Associazione internazionale di teologia morale ed etica sociale: «Una relazione che deve tenere conto non soltanto del rispetto della specie ma proprio di ogni singolo animale». Teologi e filosofi animalisti si incontrano dunque nella meraviglia dell’animale che non ha utilità per l’essere umano, sia una mucca al pascolo o il gatto che ci attende affettuoso alla fine di una giornata, bensì è meraviglia di per se stesso, frammento di quella Creazione che per molto tempo sembrava aver messo al centro del mondo unicamente l’essere umano e i suoi interessi.

«Questo è accaduto per l’influsso nella teologia cristiana di filosofi come Platone e Aristotele, per i quali gli animali erano di rango nettamente inferiori, , perché erano visti come esseri a-logoi, cioè non dotati di ragione ed intelligenza e quindi neanche di un’anima immortale», riflette padre Lintner. La stessa resurrezione di Cristo, invece, se considerata nella dimensione cosmologica, comprende la salvezza degli animali: «Giovanni scrisse che il verbo si è fatto carne e il termine carne comprende il concetto di fragilità e vulnerabilità dell’essere umano che è creatura, plasmato dalla polvere della terra. Quindi il termine carne esprime la vulnerabilità della creatura, che include gli animali», aggiunge il teologo alto-atesino, spiegando come è possibile superare uno dei grandi quesiti della teologia scolastica medievale secondo la quale la salvezza doveva escludere gli animali in quanto non dotati di anima intellettiva.

Questa consapevolezza culturale, e cioè l’esclusione degli esseri non umani dal piano di salvezza, ha guidato spesso la mano di uomini e donne, anche non credenti, a maltrattare gli animali e il pianeta. Eppure questa dicotomia è in fase di superamento. Papa Francesco in una delle sue catechesi ha rimarcato: «Un giorno rivedremo i nostri animali nell’eternità di Cristo». Paolo De Benedetti, teologo degli animali recentemente scomparso, andava oltre: negli occhi di un cane morente, scriveva, è possibile incontrare Gesù. «Se crediamo che Dio ha creato ogni essere vivente per amore e che ha anche fatto un'alleanza con gli animali dopo il diluvio, allora è ovvio credere che Dio non si rassegna semplicemente alla sofferenza e alla morte di un animale. Ci sono approcci per estendere l'opzione per i poveri anche agli animali». Lintner ricorda ancora la Laudato si’, dove Papa Francesco dice: «Fra i poveri più abbandonati e maltrattati c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22)». «In questo senso, incontriamo Cristo in ogni creatura sofferente e negli occhi di un cane morente», spiega ancora Lintner, convinto che la Chiesa debba ancora riflettere più a fondo sul concetto dell’uso e in modo particolare dell’uccisione degli animali, oggi possibile per il Catechismo se esiste una giustificazione come il reperimento del cibo o la sperimentazione farmaceutica che, sempre tenendo aperta la Bibbia, sembra poco conforme alle parole del profeta Osea: «In quel tempo farò per loro un’alleanza con le bestie della terra e gli uccelli del cielo e con i rettili del suolo; arco e spada e guerra eliminerò dal paese; e li farò riposare tranquilli» (Os 2, 20).

di Laura Eduati