«Esplosioni, spari e caos
«Esplosioni, spari, sirene, ma soprattutto tanta confusione. La gente, oltre che spaventata, è molto confusa. Non sa che fare. Non sa nemmeno se scappare e dove scappare. C’è stupore, incredulità. D’altronde la guerra non si impara. Si vive. Quando si sopravvive». Esordisce così, con amarezza, il racconto di padre Daniel Botvina, ministro provinciale dei frati minori di Ucraina. Sono circa 60 i francescani di Ucraina, divisi in 17 case sparse un po’ in tutto il paese, tranne che in Donbas. Quella dei francescani è la presenza cattolica maggiore e più diffusa nel paese. «Sento in continuazione tutti i miei frati, dai quali ho notizie diverse a seconda della zona in cui si trovano. In alcuni casi mi riferiscono di combattimenti in corso, di violenza e distruzioni, ma in genere più ci si sposta verso ovest e la situazione appare meno drammatica. Ma l’avanzata degli occupanti procede inesorabilmente. Ero molto preoccupato per i nostri frati che si trovano nella città di Konotop, che è già interamente occupata dalle truppe russe. Ma mi hanno assicurato che stanno tutti bene. Hanno lasciato aperta la chiesa, e molti civili hanno trovato nei nostri conventi assistenza, supporto e conforto. Fra Romuald della comunità di Konotop racconta: «È stato come un ciclone, meno di 24 ore di combattimenti anche duri. Ma dopo aver conquistato la città, è tornata la calma. I russi hanno lasciato la città, proseguendo l’avanzata verso ovest. E Konotop è tornata già alla vita quasi ordinaria, ma la gente ha ancora gli occhi pieni di paura. La nostra chiesa, continua il francescano, continua ad essere piena di gente. Non si tratta solo di richieste di aiuti: vengono soprattutto a pregare e a confessarsi».
Lo stesso raccontano i frati di Zytomyr, la città dove si trovano anche le monache benedettine di cui abbiamo scritto ieri. Situazione anche più tranquilla ci viene segnalata da Odessa, riprende il provinciale fra Daniel: «Alcune famiglie con bambini, dormono da noi, semplicemente perché hanno paura di rimanere nelle loro case sentendo il rumore dei caccia e dei missili sopra le loro teste». E raccontando ci mostra le foto di una famigliola accampata sui materassi accanto ai frati. «Ci stiamo preparando ad accogliere molte più persone: non manderemo indietro nessuno. Il ministro generale dei francescani Massimo Fusarelli mi ha telefonato poco fa per sapere delle condizioni nostre e dei rifugiati e per assicurarci ogni possibile aiuto».
Come si evolverà la situazione? «È difficile dirlo ora. Così come è difficile dire di cosa abbiamo bisogno, indicarvi come potete aiutarci; tutto è successo così rapidamente: mercoledì sera la gente andava ancora al ristorante e la mattina dopo ci siamo svegliati con i razzi e i carri armati in strada. Probabilmente già nei prossimi giorni avremo bisogno di generi alimentari e medicinali. Di due cose però abbiamo sicuramente bisogno già ora. Intanto di preghiera. Di tanta preghiera. In comunione con la nostra, di noi frati e della nostra gente. E poi abbiamo bisogno di sentire la vicinanza dell’Europa. Noi siamo europei. Nei valori, nella cultura, nel vivere. Ci sentiamo profondamente europei. Negli ultimi 30 anni questo è stato il nostro profondo sentire, e la nostra aspirazione. Noi siamo europei, e non ci sarà occupazione che ci farà smettere di esserlo».
di Roberto Cetera