· Città del Vaticano ·

Lettere dal Direttore

Teodoro insegna ancora

07 febbraio 2022

Il 7 febbraio è san Teodoro, o meglio, lo era una volta, adesso sembra che la festa sia slittata al 17 febbraio. Comunque sia, sono legato a questa festa perché per una quindicina d’anni, dal 1986 al 2001, ogni 7 febbraio io alzavo il telefono e chiamavo frère Teodoro per fargli gli auguri. L’idea di telefonare non era una mia iniziativa ma una risposta: era stato lui a cominciare telefonandomi ogni 30 novembre per salutarmi nel giorno del mio onomastico. Rispondere era il minimo. Ma avrei voluto fare molto di più per saldare il debito di gratitudine nei confronti del mio vecchio professore di greco.

Teodoro ha insegnato le lettere classiche per diversi decenni sempre nello stesso luogo, al liceo classico del Collegio San Giuseppe Istituto De Merode in piazza di Spagna, a Roma. Era un Fratello delle Scuole Cristiane, l’ordine religioso fondato da San Giovanni Battista de la Salle, da qui l’appellativo in francese: frère Teodoro. La mia è stata l’ultima classe a cui ha insegnato, poi si ritirò, aveva già superato i settant’anni, essendo nato in Baviera l’11 novembre del 1913. Durante la seconda guerra mondiale era stato a lungo prigioniero e non doveva essersela passata bene. Ma nessuno di noi suoi studenti sapeva qualcosa della vita e della persona del frere, lui era Teodoro e solo pronunciare il nome incuteva rispetto e timore (e a volte terrore). Era un uomo retto e giusto e, cosa rarissima, riusciva a non fare differenze tra le migliaia di alunni alle quali ha insegnato.

Eppure, nonostante la grande severità, il modo apparentemente algido con cui ci trattava, qualcosa è passata tra me e lui, la scintilla della relazione è scattata e così siamo rimasti in contatto per altri quindici anni fino a quando telefonai esattamente venti anni fa, il 7 febbraio del 2002 e scoprii che il 16 ottobre precedente Teodoro era morto (in effetti mi ero meravigliato che il 30 novembre 2001 non mi avesse chiamato). “Scintilla” non solo tra me e lui, ma anche tra me, lui e il greco, la materia che insegnava con maestria. Anni dopo intrapresi i miei studi teologici, scelta che ha cambiato la mia vita, per un solo motivo: ristudiare la lingua greca. Avuta la notizia della sua morte andai a scuola e lì mi donarono un ricordo, con tanto di foto, di Teodoro. Leggendolo trovai questa frase che era stata ripresa dal suo diario personale: “Insegnare significa amare”. Avevo cominciato a insegnare religione da un anno e mezzo e queste parole mi colpirono intensamente, ricordo che arrossii a leggerle, chiedendomi: ma io amo i miei studenti? Teodoro non smetteva di insegnarmi qualcosa, forse la più importante. E ancora non smette, neppure oggi, anche se non potrò sentirne la voce al telefono.

A.M.