· Città del Vaticano ·

La buona Notizia Il Vangelo della ii domenica del tempo ordinario (Giovanni 2, 1-11)

Il tempo del vino nuovo

11 gennaio 2022

Abbracciare il principio di realtà, è ciò che è necessario all’uomo per poter entrare sulla scena dell’esistenza. Il bambino impara a vivere quando incontra e si scontra con la realtà fuori da sé, un po’ quello che viene proposto dall’evangelista Giovanni che ci porta dentro un cambiamento necessario all’uomo per vivere l’evento reale dell’incontro con Gesù.

Il cambiamento è parte dell’umano, appartiene alla trama di cui siamo fatti, ma ogni cambiamento per compiersi necessita di un tempo. Non è più il tempo dell’acqua, è giunto il tempo del vino. Maria intuisce che è giunto il momento di un cambiamento sia per l’umanità e sia per il figlio e si preoccupa che ciò si concretizzi. Gesù, Maria e i discepoli partecipano tutti alla festa della vita, gustando a pieno la gioiosità del vivere umano ma la madre di Gesù osserva che qualcosa è accaduto, si può festeggiare l’amore senza un buon vino?

Come si può mantenere un cuore desiderante di amore in una intera vita? Maria, interviene a gamba tesa nella realtà, segnala la concreta difficoltà che qualcosa è successo! Maria sembra accorgersi di una incertezza nella lettura del reale da parte del figlio e lo richiama ad entrare nella concretezza dell’accaduto. Maria sospinge il figlio ad affrontare le sue apparenti esitazioni e a farsi carico del reale che sta vivendo.

Ma perché Gesù sembra non voler capire e prende distanza da sua madre? Quale resistenza umana sta vivendo l’uomo Gesù?

In un processo psichico di individuazione, ogni uomo ha bisogno del proprio tempo per giungere alla sua completa personalità individuale; individuarsi è un processo dinamico, che necessita di farsi carico delle proprie finitudini per trovare il percorso verso la propria pienezza; non c’è nulla di statico o di irreversibile nella logica umana. Gesù ha avuto bisogno del suo tempo per svelare a se stesso la sua vera missione, e abitare la sua nuova famiglia come figlio di Dio, come vino vivace. La consapevolezza della sua natura divina gli ha permesso di acquisire la certezza di offrirsi come vino buono per tutti noi.

Ma come può l’uomo godere di questo vino amabile nel suo camminamento terreno? Come può passare dalla propria acqua ad un vino che sorprende ed entusiasma? Solo un cambiamento di prospettiva può introdurci nel tempo di un vino nuovo, nel tempo del cammino verso una propria compiutezza. L’uomo che sceglie in libertà di ritrovare quel “segno” può assaporare l’ebbrezza di questo vino nuovo e sentire su di sé la bellezza della gloria di Dio.

La gloria di Dio, di cui parla Giovanni, si rivela nella nostra libertà di sentirci figli vivi e desideranti verso un Cristo che ci viene incontro per ri-donarci letizia e gioia di vivere. Assopiti troppo spesso dalle nostre abitudinarietà, Gesù nel segno della maternità, manifesta la sua cura e generatività. Quando un figlio si sente incondizionatamente amato e desiderato acquista sicurezza e serenità nel suo agire.

Giovanni ci mostra il primo dei segni che è il più importante, il segno rivelatore dell’autentica identità di Gesù. Ma il segno per sua distinzione ci conduce altrove, ci mette in movimento verso altro e Maria sembra leggere per prima questo dinamismo del segno.

Maria accoglie con docilità di madre la puntualizzazione di Gesù: «Che c’è tra me e te, o donna?» perché conosce il tessuto umano e sa, da madre, che ora il figlio è pronto per agire.

Maria, di nuovo, abbraccia il reale e diventa nuovamente madre di tutti noi, rivive la pienezza della sua maternità allargando la sua fecondità all’umanità dicendo «Fate tutto ciò che vi dirà»; desidera condurci alla festosità di una relazione amorosa con Dio e comprende, che è necessario per tutti noi, abbracciare il principio di realtà.

Solo grazie ad un’anima eccezionale di madre possiamo scegliere la bellezza del Reale.

di Rossella Barzotti